L' 'anima bella' del sindacato

Fabrizio Loreto, ricercatore della Fondazione Di Vittorio, ripercorre la storia della sinistra sindacale dagli anni '60 agli anni '80, recuperando al dibattito un'esperienza che rischiava di essere dimenticata
C'era una volta la sinistra sindacale. Certo c'è anche adesso una componente che nella Cgil, ad esempio, si definisce di sinistra. Le differenze sono però notevoli. La storia di quella del passato - in un periodo che va dagli anni 60 agli anni 80 - è stata ricostruita con paziente rigore da Fabrizio Loreto, un ricercatore della Fondazione Giuseppe Di Vittorio.
Da dove nasce lo strano titolo del volume ("L'anima bella del sindacato", prefazione d'Adolfo Pepe, Ediesse editore)? Nasce da una dedica di Lotta Continua, quotidiano di quegli anni ruggenti (con giornalisti oggi sulla cresta dell'onda come Gad Lerner, per citare il più famoso). Era un'espressione ironica verso un gruppo di sindacalisti visti come una specie di fiore all'occhiello, un paravento per un movimento sindacale considerato (allora!) istituzionalizzato e magari anche "servo dei padroni", per usare un'espressione diffusa. 

C'era in quella sinistra (ed è una prima differenza con l'oggi) un pluralismo d'appartenenze. Lo testimonia, ad esempio, nel 1972, un numero della rivista di Lelio Basso, (Problemi del socialismo) dedicato a "Contributi per una sinistra sindacale". Gli scritti erano per la sinistra socialista di Gastone Sclavi, Elio Giovannini e Antonio Lettieri; per la sinistra cattolica di Pippo Morelli, Bruno Manghi, Sandro Antoniazzi, Pierre Carniti; per la sinistra comunista di Sergio Garavini e Bruno Trentin.

Quali erano finalità e obiettivi che li univano? E' uno degli interrogativi che hanno dominato un convegno organizzato a Firenze da Luigi Falossi per l'associazione Biondi - Bartolini.  Un confronto a più voci sul passato e sull'oggi, prendendo a pretesto proprio il libro di Fabrizio Loreto. Ed ecco così Elio Giovannini, all'epoca segretario nazionale della Fiom, ricordare come quell'"anima bella" avesse cercato un superamento delle tradizionali diverse concezioni tra Cisl e Cgil. Magari dimostrando come non basti la sola organizzazione o il solo movimento. E' necessario un rapporto tra i due momenti, per spostare in avanti il potere nella società, per fare del sindacato una forza anche politica, senza rigettare i partiti. Mentre Adriano Serafino, dirigente della Fim-Cisl di Torino, rievoca il sogno unitario di quegli anni in cui uno come lui era magari etichettato come un "comunista di sacrestia".
Un sogno basato su una linea innovativa, capace di interrogarsi sul "come, cosa e perché produrre" e su obiettivi di qualità quali l'inquadramento unico o le 150 ore del diritto allo studio. Non la linea del "più uno", sintetizza Tonino Lettieri anche lui allora segretario nazionale dei metalmeccanici. Affiora così la storia importante di un pezzo di sindacato che rischia di rimanere in ombra, perfino nelle iniziative, osserva Giovannini, dedicate al centenario della Cgil.  E' rimossa, messa a tacere, aggiunge Serafino, come se fosse un "non vissuto". E fra i "superstiti" di quei venti anni è politicamente sopravvissuto solo chi aveva il riferimento presso un'area politica. Mentre Carlo Lucchesi, sostiene: "Non siamo riusciti a trasformare né il sindacato né la politica". Così la sinistra oggi appare arretrata proprio sui temi della democrazia partecipativa di massa e gioca essenzialmente in difesa, senza un progetto.

Ragionamenti che portano inevitabilmente al confronto tra ieri e oggi. C'è ai nostri giorni un'evidente scarsità d'analisi. Siamo di fronte, come dice Giovannini, ad una frantumazione sociale che ha preso il posto della mitica classe operaia. E la via d'uscita per Silvano Miniati sta nello spostare la frontiera della fabbrica sul territorio. Operazione difficile, anche perché ci si muove in un sindacato diverso, meno ricettivo, meno disponibile al confronto, con apparati più solidi.

I ritardi sono grandi. Tonino Ferigo, già dirigente della Fim torinese, testimonia come oggi siano ancora in vita organizzazioni del lavoro, ad esempio in relazione alle qualifiche, che risalgono agli anni Settanta. E rievocando quell'epoca, lo stesso Ferigo racconta un aneddoto che ha come protagonista Emilio Pugno, mitico segretario della Camera del Lavoro torinese. Lo aveva avvicinato proponendogli l'ingresso nella segreteria della Cgil.  "Fai finta di iscriverti allo Psiup" aveva detto "Tu sei di tutti e di nessuno, la tua identità è quella di non averla....". 
Altri tempi, e sono tanti quelli rimasti senza identità. La nostra vicenda, sottolinea ancora Tonino Lettieri, è una vicenda di minoranze eretiche. E risponde a chi osserva come oggi fare il sindacato sia difficile perché il lavoro si è disperso in mille rivoli: "Anche negli anni '60- '70 non era certo facile. La fabbrica fordista era molto complicata: bisognava studiare il cottimo, la job evaluation... Se ce l'abbiamo fatto col fordismo perché non dovremmo farcela col post fordismo?".

Fabrizio Loreto
L'"anima bella" del sindacato
Ediesse edizioni - collana Storia e memoria
pp 186 - euro 15
Martedì, 16. Maggio 2006
 

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