Non è la prima volta che, a fronte di una fase critica dei rapporti tra Cisl e Cgil, emergono appelli allunità. Quelli di noi più avanti negli anni ricordano le iniziative svolte in particolare dai socialisti della Cgil.
Anche nella fase attuale non mancano esortazioni: alcune per tornare a vincere; altre per tornare a svolgere il ruolo della confederalità nel Paese. Tra tutti si distingue anche per le sincere preoccupazioni sullo stato delle relazioni sindacali lappello di Gino Giugni, Piero Boni e altri: Per riprendere il cammino dellunità sindacale (per unità sindacale sintende, nella presente fase, il ripristino dellunità dazione, Ndr).
Il documento si guarda bene dal giudicare questa o quella posizione: Non sta a noi indicare le soluzioni. Tuttavia entra nel merito, premettendo subito che il sindacalismo deve tendere ad essere unitario, senza essere trascinato sul terreno improprio delle appartenenze politiche e delle loro contrapposizioni.
La questione che pongono è quella della rappresentanza sociale nella sua autonomia il cui compito non è quello di fiancheggiare questa o quella ipotesi politica. Al più propongono tre questioni che definiscono di metodo piuttosto che di merito. La prima riguarda le forme della rappresentanza dei nuovi soggetti sociali, da quelle organizzative a quelle di tutela. Che: se fatto unitariamente sarà più efficace. Non cè dubbio.
La seconda concerne la concertazione che: dopo il grande risultato del 1993, è stata rimessa in discussione su iniziativa del governo e di alcuni settori imprenditoriali. Invero le tesi precongressuali della Cgil, prima ad iniziativa delle aree critiche e poi a maggioranza in congresso, hanno dato alla concertazione più di qualche colpo di piccone.
La terza, cruciale, suggerisce un accordo sulle regole, procedure e meccanismi decisionali al fine di dirimere, senza rotture e atti unilaterali, i dissensi tra le organizzazioni sindacali. Qui mette conto interloquire.
Nellappello si parla di codice di autoregolamentazione su cui basare in futuro una legislazione di sostegno. E si riconosce che dopo laccordo sulle Rsu esiste una vasta rete rappresentativa e unitaria che supera la democrazia sindacale solo associativa o solo referendaria.
Ma laggettivo sindacale affiancato al sostantivo democrazia è singolare. Ciò che deve essere democratico è il sindacato in quanto associazione (o, se si vuole, organizzazione). Altro è la partecipazione dei lavoratori disorganizzati e le forme di consultazione. Che, di tutto hanno bisogno, meno che di norme di legge allitaliana. Anche perché, se si va per legge, allora sì che bisogna tenere in conto che non siamo soli. Sintomatica la reazione della Ugl che anche a nome del sindacalismo autonomo reclama: ci siamo anche noi.
Molti degli amici coautori dellappello sanno che quando la Cisl ribadisce come ha fatto al consiglio generale del 18 febbraio scorso la contrarietà ad ogni ipotesi di regolamentazione per legge della rappresentanza non fa i capricci ma afferma un principio basilare della democrazia pluralista e del pluralismo democratico. Ma tantè, lanelito per il ripristino dellunità dazione percorre anche la Cgil.
Mentre la Confederazione di Corso Italia appare tutta schierata con la Fiom, altre categorie fanno piattaforme e lotte unitarie. Il referendum come unica forma di approvazione dei contratti non è unanime; alcuni considerano buona soluzione quella proposta dalla Fim-Cisl. Peraltro, nelle piattaforme comuni non mancano rivendicazioni sulla mutualità integrativa, strumenti concertativi, sedi bilaterali. In particolare Aldo Amoretti, presidente dellInca, raccomanda di trovare intese unitarie sul lavoro sommerso e precario, sulla struttura della contrattazione e sulle politiche di concertazione.
Ma tantè, il rapporto unitario ha vissuto fasi di alterna dialettica su modelli di sindacato contrapposti. Persino sulle formule di unità fu dialettica: a pezzi, con chi ci sta, tra diversi, organica, federativa. Ma rischiò il peggio solo quando cadde in contrapposizioni manichee (tra unitari ed antiunitari).
Oggi, però, è prioritario, anzi preliminare, porre fine alla delegittimazione della leadership e alla strumentalizzazione della base. In passato il peggio venne scongiurato grazie anche alla stima reciproca.