L’oro a noi, il nero a voi

Il gravissimo incidente della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico mostra non solo che i gruppi privati mirano al profitto anche a scapito della sicurezza, ma anche l’assenza di controlli adeguati da parte dello Stato, figlia dell’ideologia che ha dominato gli ultimi 30 anni

Il gravissimo incidente accaduto nel Golfo del Messico, l’esplosione di un pozzo petrolifero esplorativo che ancora scarica una quantità rilevante di greggio nel mare, si presta a delle considerazioni interessanti. In primo luogo, l’incidente è avvenuto in un’area fortemente popolata, e con una serie di fiorenti attività marine. Le esplosioni di oleodotti in Nigeria, ad esempio, non compaiono proprio nei grandi quotidiani, fors’anche perché le loro dimensioni unitarie non sono così grandi. In secondo luogo, la grande compagnia petrolifera agiva su di un proprio titolo minerario, ma con una piattaforma di proprietà di un terzo, e avendo a bordo di essa un suo consulente.

 

L’incertezza sul livello di comando è probabilmente la causa di una reazione tardiva alla segnalazione in tempo reale dell’aumento della pressione nel pozzo (che si è sicuramente verificata), che ha quindi determinato l’esplosione; e forse aveva già contributo ad una serie di incertezze sulla gestione del pozzo. Il livello ormai altissimo di affidamento a contrattisti terzi da parte delle grandi imprese petrolifere anche delle attività più complesse e rischiose, come la perforazione in mare, produce delle conseguenze negative sul piano della tempestività delle decisioni. Inoltre, la compagnia non aveva pronta una soluzione da adottare immediatamente in caso di pericolo di eruzione del pozzo, il che avrebbe forse evitato l’esplosione della piattaforma e la morte di piìù di dieci lavoratori. L’incidente ha certamente ridotto in modo grave la credibilità delle imprese petrolifere, proprio perché la compagnia ed i suoi contrattisti non hanno mostrato di avere pronto un efficiente programma di emergenza da adottare nel caso peggiore.

 

Vi è inoltre una considerazione ancor piìù importante, almeno sul piano politico. Chi fa rispettare l’interesse collettivo di non avere il mare inquinato dal petrolio? Chi fa rispettare quest’interesse, che è diverso da quello della compagnia che fa la perforazione, anche se la compagnia stessa non lo può ignorare? Il difensore dell’interesse pubblico è per sua natura lo Stato, e, negli Stati Uniti, lo è di certo quando si tratta di aree sottomarine, che non hanno un proprietario privato. Ma lo Stato, e la stampa americana ha  pubblicato delle vignette feroci su questo punto, non è in grado d’intervenire seriamente perchè la sua struttura di controllo è molto debole, ed ha sempre operato a supporto delle compagnie e non come controllore di come e quanto esse operano. Uffici burocratici con personale insufficiente vengono facilmente intimiditi o corrotti, e sono sempre in difficoltà ad intervenire a ragion veduta su tecnologie in rapido svolgimento, e gelosamente difese dai loro proprietari.

 

In pratica, nel caso nostro, l’interesse comune era forse stato difeso all’inizio, nei programmi di attività, ma non ha avuto un difensore capace o di prevenire l’incidente o di ridurne rapidamente le conseguenze. La cultura americana di “meno Stato e più privato” mostra qui tutti i suoi difetti, la sua natura ideologica, e contraria al buon senso: la compagnia petrolifera, lasciata a se stessa, avrebbe tacitato i pescatori piìù attivi con qualche soldo, per poi rimettere alle strutture pubbliche la funzione di rimettere le cose a posto. Ciò non si è verificato per l’importanza dell’area e per l’attenzione che la Casa Bianca ha dato all’incidente; ma le dichiarazioni e le richieste della Casa Bianca stessa non hanno avuto l’incisività che avrebbero dovuto avere, proprio perché non appoggiate da una struttura amministrativa indipendente ed efficiente. Da ultimo, si può sempre dire, come dicevano i vecchi operai, che un incidente può essere dovuto al caso, ma il secondo no ed il terzo meno che mai. La compagnia petrolifera che stava perforando il pozzo andato in eruzione aveva avuto negli anni recenti altri due incidenti gravi, di cui il secondo anch’esso con perdita di vite umane, ed avrebbe dovuto, se non altro per salvaguardare la sua reputazione, dispiegare un’attenzione ben maggiore, sia nelle operazioni, sia nel predisporre soluzioni di emergenza. Si ha l’impressione di una forte attenzione al profitto delle operazioni, di una relativamente debole attenzione alla loro sicurezza.

Giovedì, 17. Giugno 2010
 

SOCIAL

 

CONTATTI