L’oro del Sud che il governo ignora

Nel vuoto pneumatico della politica economica il Piano energetico orfano del nucleare continua a dare scarsissimo peso alle rinnovabili, peraltro insistentemente definite costose per i consumatori mentre poche cifre bastano a smentirlo. In particolare la geotermia, i cui campi sono diffusi in tutto il Mezzogiorno, promette notevoli sviluppi che alcuni centri di ricerca e imprenditori coraggiosi stanno esplorando

Gli orfani del nucleare ed i supporters dei petrolieri hanno ricominciato a sparare bordate contro le energie rinnovabili. L'argomentazione è sempre la stessa: l'enorme peso degli incentivi si scarica sulle bollette delle famiglie. Insistendo monotonamente su un motivetto (che alla luce degli ultimi dati sulla pressione fiscale, sembra la battuta "vieni avanti, cretino" del varietà degli Anni 30) questi incentivi "metterebbero le mani nelle tasche degli italiani". Prima di richiamare l'attenzione su una particolare categoria di rinnovabili - di grandi prospettive e di localizzazione geografica molto significativa - vorremmo eliminare dalla polemica spicciola queste "scorie radioattive".

    

I 3 miliardi di incentivi per fotovoltaico ed altre energie rinnovabili gravano, mediamente, per 30 centesimi al giorno a famiglia (un caffè ogni tre giorni). Essi hanno creato però 200.000 posti di lavoro, più altri previsti; generando un monte salari di almeno 6 miliardi, senza calcolare l'indotto a monte e a valle, e cioè nella ricerca/sviluppo, nella componentistica e nei servizi. Nel frattempo - quasi all'insaputa di una pubblica opinione volutamente mantenuta nel consueto clima di informazione rarefatta e pilotata - il vecchio nucleare (quello di parecchi decenni fa) presenta ancora i suoi conti: 3 miliardi per la "messa in sicurezza" delle centrali da tempo dismesse (!?) e 2,5 miliardi per un fantomatico deposito scorie, la cui localizzazione è scrupolosamente occultata, gestito dalla Sogin. Per ora non figura la percentuale di corruzione: ce la dirà, fra qualche anno, la Corte dei Conti.

 

Si vanno profilando nel frattempo spettacolari potenzialità di sviluppo in un particolare settore delle energie rinnovabili. Qualche mese fa avevo segnalato lo scarsissimo peso attribuito alla geotermia nel fantomatico Piano energetico pronucleare di quello che appare sempre più un governo ombra. Osservammo che ciò appariva tanto più strano in quanto l'Italia vanta un primato storico mondiale per lo sfruttamento a fini energetici della geotermia con la più che secolare centrale di Larderello. In effetti, pur in assenza di un dibattito serio a livello di governo, Parlamento e pubblica opinione - distratti da battaglie giuridiche su balletti rosa, prescrizioni brevi, processi lunghi e via dicendo - si sta muovendo l'iniziativa di privati e di enti di ricerca proprio in questo campo, soprattutto nel Mezzogiorno.

    

Per consentire al lettore una perfetta padronanza delle argomentazioni che andremo svolgendo, saranno utili alcune precisazioni, di tipo definizionale. La loro importanza discende dal fatto che delimitano la sfera di intervento potenziale della politica economica, quando ce ne sarà una. L'energia geotermica è la fonte di energia dovuta al calore immagazzinato nella crosta terrestre. Ai fini della sua utilizzazione si chiama "entalpia" la quantità di energia termica di una certa massa di fluido, chiamato "vettore" perchè trasporta energia termica dal giacimento terrestre all'utilizzatore. L'area oggetto della ricerca e sfruttamento si chiama "campo" e si distingue in campo ad alta entalpia (temperature maggiori di100 C° e pressioni elevate) e bassa entalpia (temperature inferiori, anche di molto, ai 100 gradi e pressioni basse). L'alta entalpia si presta all'impiego indiretto (produzione di energia elettrica); quella bassa può essere usata solo in modo diretto (per riscaldare ambienti).

    

Sotto la coltre della totale disinformazione assicurata dai minzolinidi e dalla stampa prezzolata o distratta, centri di ricerca e imprenditori coraggiosi e lungimiranti stanno combattendo una splendida battaglia di sviluppo tecnologico avanzato nel settore della geotermia. L'ultimo Rapporto Svimez e i dati più recenti forniscono un quadro estremamente interessante del peso delle rinnovabili nel Mezzogiorno, con particolare riguardo a questo settore,  che può trasformare le "terre ballerine" nell'oro del Klondike.

 

Secondo i dati più recenti, che aggiornano quelli del Rapporto Svimez (fermi al 2009) il Mezzogiorno appare non solo come un robusto fornitore di energia elettrica al resto del Paese (contrariamente a quanto credono i giocatori di scopone nei bar della Lega), in quanto produce il 38% dell'energia elettrica nazionale e ne esporta la maggior parte, ma è anche un potenziale serbatoio di sviluppo di energie pulite. Già attualmente il Sud produce il 64% dell'energia elettrica ricavata dalle tre principali categorie di rinnovabili, e cioè eolico, solare, biomasse.

    

Ma il vero "tesoro", che non possiamo nemmeno definire nascosto perché conosciuto da molti secoli, è quello della geotermia. I campi geotermici coprono a chiazze tutto il Mezzogiorno, dai Campi Flegrei alle isole Eolie, alle pendici dell'Etna. E' forse meno nota, invece, la presenza di una catena di vulcani sottomarini al largo delle coste del Tirreno, dalle cui sommità affiora periodicamente per poi scomparire un'isoletta che nell'800 venne battezzata come "Ferdinandea".

 

Secodo studi effettuati anche a livello internazionale la geotermia è il settore delle rinnovabili a più alto potenziale di sviluppo, molte volte più del solare e dell'eolico. Nell'alta entalpia i costi sono molto vicini a quelli di mercato, come dimostrano le centrali già esistenti. Gli incentivi - comunque decisamente inferiori a quelli del fotovoltaico - saranno necessari solo per qualche tempo, per agevolare lo start-up di nuove imprese. Rimarrà necessario altresì il controllo dei fenomeni di subsidenza. Infatti il fluido vettore immesso nei campi di sfruttamento deve essere continuamente riciclato, per evitare che si creino nel sottosuolo dei vuoti atti ad abbassare gradualmente la falda.

    

In stretta collaborazione con il Cnr (esempio di ottima sinergia fra ricerca avanzata e industria) operano già nel Mezzogiorno una trentina di imprese di perforazione e sfruttamento, nazionali ed estere. La principale è Enel Green Power. Si stanno sperimentando anche soluzioni particolarmente innovative per lo sfruttamento di campi geotermici ad alta criticità (altissima entalpia): per spiegarci, il calore dei vulcani.

    

Un'altra linea di grande potenzialità è quella delle pompe di calore a bassa entalpia per il riscaldamento di edifici, sia quelli nuovi che, con costi un po' maggiori, quelli già esistenti. Le soluzioni più economiche si ottengono accoppiando le pompe di calore al fotovoltaico o ai pannelli solari, con tempi di ritorno (pay back), e cioè gli anni necessari per recuperare il capitale investito più gli interessi maturati, addirittura di 4/8 anni. Può darsi che in queste combinazioni risulti forse eccessivo il ruolo degli attuali incentivi. Se e quando il governo cesserà di avere come pilastro della politica economica l'avv. Ghedini e uscirà dall'intreccio di lobbing, consulenze fasulle e incarichi di direttore generale a compagni di scuola, potrà forse occuparsi seriamente di politica energetica. Questi sviluppi tumultuosi della ricerca  e dello sfruttamento dei campi vanno coordinati nel quadro di una strategia globale; indispensabile non solo per evitare un Far West imprenditoriale, ma anche per adeguare le potenzialità delle reti e per graduare la scaletta di discesa degli incentivi.

 

Dopo la grande abbuffata del neoliberismo - che in Italia ha assunto la veste di una rimasticatura di modelli teorici astratti (la libera concorrenza perfetta è lontana dalla realtà terrena come il coro degli Angeli) - è forse giunto il momento di ritornare ad una politica industriale globale, entro la quale la politica energetica meridionale e quella geotermica in particolare appaiono fondamentali. Per una corretta applicazione dell'analisi costi-benefici questa strategia non può che far capo all'operatore pubblico.

    

Esistono problemi, già oggi evidenti, che implicano la presenza di un arbitro-coordinatore. Ne citiamo qualcuno: a) occorre evitare duplicazioni di ricerca, sia fra enti istituzionali che fra imprese; b) è indispensabile garantire condizioni di equa concorrenza per non trasformare lo sfruttamento dei campi energetici in una corsa all'oro; c) è necessario un attento controllo della protezione ambientale in quanto la geotermia, soprattutto quella delle entalpie ad alta criticità, presenta rischi da monitorare attentamente; d) bisognerà infine armonizzare le reti infrastrutturali e cioè quelle che trasmettono l'energia prodotta agli utilizzatori finali (cfr. anche la lettera di Agostino Conte su Affari e Finanza). Già oggi si constatano notevoli carenze: nelle ore di picco parte dell'energia fotovoltaica ed eolica va dispersa per incapacità dei networks.

 

Questo operatore pubblico dovrà essere non distratto da vicende metagiuridiche e sorretto da una società civile informata e consapevole. Parafrasando Lenin, possiamo affermare che la Rivoluzione (tecnologica) non è un pranzo di gala, ma non può nemmeno essere una Cena delle Beffe.

Giovedì, 20. Ottobre 2011
 

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