L’occupazione è (anche) un problema d’orario

I disoccupati sono ormai un esercito e non se ne esce senza ridurre l’orario di lavoro, secondo in Europa solo alla Grecia. Si potrebbe anche pensare a un part-time (con mezza pensione) per ultrasessantenni, a cui far corrispondere un part-time per un giovane

Che si può fare per riprendere la strada di un minimo di crescita occupazionale che inverta la caduta nella quale siamo precipitati? E’questo il tema sul quale ogni persona di buona volontà si arrovella. Autorevoli commentatori si stanno adoperando con scritti che cercano di contribuire alla bisogna. Il Pd ha riunito la commissione lavoro dove si è svolto un approfondito dibattito e dove Stefano Fassina alla fine ha insistito perché si lavori sul problema.

 

Intanto cerchiamo di chiarire il contesto. In una fase di bassa congiuntura è ovvio che l’occupazione ristagni o cali. Il paese è precisamente in questa fase, come lo è l’Europa, e ne soffre. Il ministro Corrado Passera ha invitato le parti sociali ha trovare una soluzione ipotizzando un accordo sui salari di produttività e mettendo in ordine i livelli negoziali dando spazio al livello aziendale. Ha dato un termine perentorio: quindici giorni per trovare un accordo. Cosa che non sembra facile perché i punti di vista sono opposti. Confindustria vorrebbe allungare gli orari individuali mentre i sindacati sono in ordine sparso e comunque indisponibili su questa strada.

 

In sostanza si cerca di agire, nelle indicazioni del ministro, su una vecchia strada che  antepone la crescita, che si vorrebbe innestare con una produttività più alta, con la conseguenza di una ripresa della occupazione: ovviamente in tempi diversi e comunque successivamente. E’ questa una vecchi ricetta che non ha mai funzionato. O meglio nel passato gli aumenti di occupazione sono stati attivati da una crescita sostenuta ma non siamo più in fasi come quelle che abbiamo vissuto ormai cinquanta anni fa. Oggi occorre fare i conti con una realtà più complessa sia per le forze in campo che per i problemi nuovi che abbiamo davanti. Intanto la situazione territoriale si è aggravata. Il Sud è più povero di industrie e gli altri settori non sono stati in grado di subentrare con una crescita dell’occupazione significativa. Anche il Centro-Nord soffre ma con minore affanno. Ciò che preoccupa sono i giovani e gli over 50 e nei giovani sono le donne che sono particolarmente svantaggiate.

 

Ci sono in Europa paesi che hanno adottato misure di sostegno all’occupazione e misure di accompagnamento alle pensione e ci sono paesi nei quali ci sono entrambe queste misure. L’Italia non ha né l’una né l’altra. E’ ovvio che soffra più degli altri paesi il fenomeno della disoccupazione. La legge Fornero ha aggravato la situazione. L’allungamento dell’età lavorativa a 67 anni, non solo ha lasciato i lavoratori che erano in eccedenza ma che potevano aspirare ad una pensione con la vecchia normativa e che per questa ragione sono stati messi in cig a zero ore o licenziati e messi in mobilità a un destino tragico, ma lasciando al lavoro per sette anni in più i lavoratori attuali impedisce la assunzione dei giovani. E in un periodo di crisi come quello attuale aggrava la situazione.

 

Nei paesi dell’unione europea di vecchia industrializzazione c’è un numero di disoccupati notevole: superiore ai 10 milioni di persone in età da lavoro. In Italia la quota di disoccupati è superiore ai 2,5 milioni dei quali la parte maggiore è costituita da giovani. Ogni qualvolta si presenta una situazione come quella attuale di rallentamento economico c’è una crescita della disoccupazione specie giovanile. Inoltre questa situazione ha comportato il fatto che c’è una quota di forza lavoro che non si presenta più sul mercato del lavoro scoraggiata dagli insuccessi e che andrebbe recuperata. In più l’orario i lavoro effettivo a prestazioni subordinata in Italia è secondo solo alla Grecia e tra i più lunghi d’Europa.

 

Uscire da questa situazione è necessario per mettere in circolo i giovani che con la loro energia e capacità potrebbero essere molto utili alla situazione attuale. Una riduzione generale degli orari per legge dei lavoratori subordinati con una diversa e stringente regolazione delle prestazioni di lavoro straordinario sono le misure per dare risposte alla disoccupazione e facilitare uno spirito innovativo nelle imprese.

 

C’è, ed è vero, una contraddizione insanabile tra il livello di disoccupazione al Nord e quello che si registra al Sud  ma questo, vista la situazione, non può ostacolare una riduzione generale degli orari. Sarebbe un ostacolo troppo grave per gli effetti che si vogliono creare.

 

Inoltre è necessario mettere ordine nel regime di contratti “atipici” per l’inserimento al lavoro che hanno creato una patologia negativa di cui soffrono specialmente i giovani. Andrebbero selezionati solo due tipi di contratto per l’inserimento in azienda:il contratto d’apprendistato e il contratto di lavoro temporaneo rinnovabile per due volte.

 

Il contratto d’apprendistato con la nuova formulazione è usato poco. Gli fa da peso negativo e oneroso la necessaria fase formativa che è prevista ma soprattutto non risulta utile e conveniente alle imprese di fronte ai contratti “atipici” oggi esistenti. Togliendo questa pletora di contratti e lasciando solo quello a tempo determinato di sei mesi rinnovabili per altri due periodi si potrebbe rinvigorire il contratto di apprendistato e lasciare alle imprese la possibilità di assumere a tempo determinato in funzione di carichi di lavoro improvvisi e non ricorrenti. Questa dovrebbe essere la normativa che metterebbe un po’ d’ordine nel mercato del lavoro e non sacrificherebbe i giovani.

 

Si può, inoltre, in considerazione dell’allungamento dell’età lavorativa a 67 anni, ri-vitalizzare il part-time. In questo caso è stato suggerito di abbinare due part-time, uno di un lavoratore di 60 anni o oltre e, a compenso, uno di un giovane. In questi casi ci sarebbe il vantaggio che il lavoratore più anziano, ovviamente con metà pensione, potrebbe lavorare di meno e lasciare al più giovane il posto di lavoro. E’ da vedere poi tutta la possibilità di equivalenza professionale tra le due figure.

 

Queste sono soluzioni dalle quali non possiamo prescindere se vogliamo, almeno sul fronte del lavoro, trovare modi che ci facciano uscire dalla situazione nella quale ci troviamo. La discussione sui salari è un altro argomento che non aiuta quello sull’occupazione, anzi, può aggravarlo se non si opera sul fronte degli orari di lavoro.

Mercoledì, 17. Ottobre 2012
 

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