Inchiesta/ Contrattazione, che cosa c'è da cambiare/ Cella

Un nuovo intervento sul tema: vale ancora il modello del 1993? E come, semmai, si deve aggiornare? Avevano già risposto Trentin, Santini, Lotito, Caprioli, Rusciano e Romagnoli
L’accordo stipulato nel 1993 sul sistema di contrattazione, tra sindacati e imprenditori, sotto l’egida dell’allora presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi, è ancora valido? E’ un modello da rivedere, da buttare, da dilatare? Possono sembrare interrogativi fuori tempo, tra vicenda Fiat e non dissipate polemiche tra sindacati, rese evidenti dalla presentazione di tre piattaforme contrattuali per i metalmeccanici. Eppure è proprio in questi momenti che è necessario non arrendersi e ipotizzare il futuro. Anche per questo EL ha deciso di aprire un confronto attraverso una serie d’interviste.
Riportiamo qui di seguito l'elenco delle interviste. Per leggerle basta cliccare sul nome dell'intervistato.
 
Gian Primo Cella: 'Servirebbe qalche modifica, per esempio uno statuto dei lavoratori flessibili. Ma l'accordo del '93 funziona, teniamocelo stretto'
 
Umberto Romagnoli: 'Il sindacato che firma un contratto da solo dovrebbe poi sottoporlo al referendum tra i lavoratori'
 
Mario Rusciano: 'Non si può rinunciare alla contrattazione nazionale. Ne deriverebbero diseguaglianze sociali intollerabili'
 
Bruno Trentin: 'Va difeso lo scheletro dell'accordo 1993, ma occorre un lavoro di precisazione in particolare per la contrattazione delle categorie nel territorio'
Giorgio Santini (Cisl): 'Sì al contratto nazionale, ma con più poteri decentrati sul territorio'
 
Franco Lotito (Uil): 'Va confermato il modello a due livelli, ma la struttura dei contratti è inadeguata e va rivista'
 
Giorgio Caprioli (Fim Cisl): 'Il modello italiano è il più avanzato, occorrono però forme di nuovo tipo in grado di interessare le piccole aziende'
 
Lunedì, 16. Dicembre 2002
 

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