Il Tesoretto e le incongruenze di Confindustria

Usarlo per risanare i conti pubblici potrebbe anche non essere insensato, ma gli ultimi a poterlo dire sono gli imprenditori, che quando si è trattato di prendere soldi non si sono certo posti problemi di bilancio statale

Che cosa fare del cosiddetto “tesoretto”? Mentre è ancora in nero un quarto della ricchezza nazionale (“Avvenire” del 16 maggio), sono entrati nelle casse dello Stato 10 miliardi di euro in più del previsto grazie alla maggiore severità nella lotta all’evasione.

Secondo la Commissione Europea, secondo la Confindustria e anche secondo il Presidente della Sinistra giovanile, Roberto Speranza, la riserva accumulata col sovrappiù di gettito fiscale va utilizzata “esclusivamente per ridurre il debito pubblico” (vedi Il Sole-24 Ore del 23 marzo). In effetti, “il macigno del debito pubblico” rischia di schiacciare ogni possibilità di sviluppo e condanna il nostro paese in faticosa ripresa a lavorare non per la crescita, ma per pagare gli interessi. Non possiamo certo passare disinvoltamente dalla descrizione di un’economia in catastrofico declino all’euforica libertà di spendere in tutte le direzioni. E sarebbe irresponsabile “introdurre sgravi ed obblighi di spesa permanenti di fronte a entrate temporanee”, non ancora del tutto stabilizzate, come ha opportunamente ammonito Mario Deaglio su La Stampa del 14 aprile.

Proprio perché bisogna rifuggire dagli estremismi, Confindustria per prima dovrebbe convenire che sarebbe misura saggia sostenere i redditi più bassi. Rinviare provvedimenti a favore di pensionati al minimo e famiglie con figli, in nome del risanamento dei conti pubblici, sarebbe come chiedere a chi ha acceso un mutuo per la prima casa di non mangiare e di non mandare i figli a scuola per spendere tutto il poco che guadagna nell’estinzione rapida del mutuo.

“Quando si è trattato di prendere soldi con le facilitazioni fiscali – fa notare Franco Giordano su Liberazione del 17 maggio - Confindustria non ha posto il problema dei conti pubblici”. Il denaro pubblico che affluisce nelle casse delle imprese è sempre ben speso. Se invece viene speso per le pensioni, per togliere lo scalone o per gli assegni familiari, allora è  denaro pubblico sprecato nell’assistenzialismo.

Naturalmente, bisogna scegliere se sostenere le famiglie abolendo l’ICI come vuole Francesco Rutelli, o aumentare le pensioni minime come preferisce il ministro Paolo Ferrero. La controversia merita la riflessione e la prudenza di tutti.

L’importante è che, dopo aver discusso, il governo decida e dia finalmente quel segnale di giustizia sociale e di redistribuzione del reddito che le classi subalterne attendono da un anno.

Mario Dellacqua
Venerdì, 8. Giugno 2007
 

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