Quando si parla di economia sommersa vi è l'idea che una volta stimata correttamente ed in modo esaustivo l'economia molte nazioni risulterebbero più ricche e quindi meno bisognose di politiche di sostegno. Ossia l'economia irregolare è una specie di tranquillante, un prozac per gli economisti, i sociologi ed i politici che scaricano sull'economia non osservata le loro frustrazioni e le loro ansie per non essere riusciti a spiegare e quindi a rimuovere le cause dell'arretratezza economica e della perdurante deflazione che colpisce le economie industrializzate negli anni novanta, oppure non si spiegano perché non si assiste a violenti movimenti di piazza per rivendicare un posto di lavoro ed un posto dignitoso nella società.
L'economia non osservata è per definizione ignota e quindi si presta a stime più o meno corrette, possibilmente con metodi semplicistici e soprattutto non verificabili. Più elevata è la stima dell'ignoto e più questa rassicura il politico perché crea l'illusione che la situazione osservata non sia soddisfacente solo in apparenza; ma fornisce anche all'opposizione materiale per accusare il governo di incapacità. La discussione sull'economia sommersa consente di attribuire agli altri la responsabilità delle difficoltà presenti e poiché l'economia sommersa è l'espressione dell'evasione consente a qualcuno di dire che non è necessario ridurre la spesa pubblica perché l'imponibile potenziale consente di pareggiare il disavanzo registrato grazie alla lotta all'evasione. Per altri interlocutori il sommerso è l'espressione dell'eccesso delle aliquote, per cui, se si riducono le aliquote, si riduce il sommerso e il deficit pubblico.
Questi "consiglieri del principe" che suggeriscono politiche fantasiose di emersione sono gli stessi che di fronte alla constatazione che il problema del sommerso può essere risolto ricorrendo all'uso consapevole e sofisticato delle tecnologie per ridurre l'evasione delle piccole e medie imprese, si ritraggono preoccupati e dicono che non è politicamente accettabile eliminare il sommerso poiché si avrebbero delle ripercussioni preoccupanti per l'occupazione, le piccole imprese e al limite potrebbero scatenarsi ripercussioni elettorali. Quindi di fronte all'alternativa riduciamo il sommerso oppure accettiamolo e teniamone conto quando progettiamo delle politiche, preferiscono restare nel vago e di volta in volta minacciare l'emersione oppure abbozzare una accettazione implicita dell'evasione fiscale e del sommerso occupazionale. Di fatto si riducono le aliquote effettive per le fasce deboli dell'economia con la presunzione che se le condizioni oggettive consentissero a questi operatori di essere dei buoni cittadini, loro si comporterebbero correttamente mentre le condizioni ambientali (le norme, la situazione economica, i cataclismi naturali, le epidemie, ecc.) impediscono di essere corretti, per cui colpire l'economia sommersa sarebbe un atto di crudeltà economica.
La revisione dei sistemi di contabilità nazionale operata congiuntamente dalle Nazioni Unite e da Eurostat negli anni '90 ha posto fine all'inutile diatriba sulla rilevanza dell'economia sommersa che ha caratterizzato la revisione dei nostri conti nazionali nel 1987. I nuovi manuali impongono a tutti i Paesi di contabilizzare nel prodotto interno lordo anche l'economia non direttamente osservata ("NOE": economia sommersa, economia illegale e economia informale) e pertanto la discussione si sposta sull'esaustività ossia sulla capacità del sistema statistico ufficiale di stimare nella sua interezza e correttamente anche la parte della produzione, della domanda e dei redditi che non sono oggetto di indagini dirette.
Con questa precisazione viene meno quell'aria di mistero che aleggiava intorno all'economia sommersa ma, soprattutto, una volta contabilizzata esplicitamente l'economia non osservata (NOE), non hanno più base scientifica i metodi indiretti di calcolo dell'economia sommersa, ammesso che l'abbiano avuta; inoltre sarebbe un errore sommare alla stima ufficiale del Pil la stima dell'economia sommersa perché si tratterebbe di una doppia contabilizzazione.
Risulta irrilevante discutere degli aspetti definitori di questa economia (sommersa, nascosta, grigia, nera, irregolare, informale, ecc.). E' più interessante approfondire le metodologie utilizzate dagli istituti di statistica per assicurare l'esaustività e la correttezza delle rilevazioni e delle elaborazioni effettuate.
Secondo i manuali internazionali l'"economia non (direttamente) osservata" (ENO) include le seguenti principali aree: sommerso, illegale e informale.
L'economia sommersa è costituita dalla produzione di beni e servizi che sfugge in tutto o in parte alla rilevazione della statistica ufficiale a causa di:
a) evasione fiscale e parafiscale (delle imposte sul reddito, sul valore aggiunto o di altre imposte indirette e tasse, dei contributi sociali);
b) mancato rispetto di leggi e di norme amministrative;
c) mancata o inaccurata compilazione dei questionari statistici o di altri moduli amministrativi.
Quindi esiste anche un sommerso statistico riconducibile soprattutto a due cause:
- la difficoltà di avere un registro completo ed aggiornato delle attività produttive in presenza di un numero elevatissimo di piccolissime imprese;
- la difficoltà di localizzare attività riferibili ad unità istituzionali, quali liberi professionisti, collaboratori, consulenti, alcune forme di commercio ambulante, ecc..
In un sistema economico e amministrativo avanzato sono scarse le possibilità per un'impresa, per quanto piccola, di non figurare in un archivio ufficiale per cui la completezza dei registri diventa un problema di gestione e di interconnessione fra gli archivi. Pertanto, se le amministrazioni non collaborano e non cooperano nell'aggiornamento degli archivi e nella loro accessibilità, ne soffre la completezza delle statistiche. Dunque quella che viene definita l'economia non osservata è la conseguenza della mancata tenuta dei registri pubblici aggiornati, del cattivo funzionamento delle amministrazioni pubbliche e del ritardo nell' azione di repressione dei comportamenti illegali.
La dimensione della economia sommersa è stata sempre associata all'evasione fiscale e parafiscale e quindi all'altezza delle aliquote, ma in effetti gli aspetti istituzionali debbono essere estesi al funzionamento delle amministrazioni pubbliche, alla normativa ambientale, alla tutela del lavoro, alla tutela dei consumatori, al funzionamento del mercato del lavoro, al ruolo delle corporazioni, alla diffusione delle libere professioni, alla sovrapposizione fra la normativa emessa dai vari livelli di governo (locali, nazionali, sopranazionali). Non meno rilevante è il pericolo di una possibile commistione fra l'economia criminale e l'economia irregolare, poiché quest'ultima rappresenta una naturale ed implicita protezione dell'economia criminale.
Misurata anche l'economia sommersa, ne discende che, specie in Italia, non si può sottovalutare la sua importanza relegandola nell'ambito del caratteristico, del proibito e in ogni caso dell'irrilevante. In generale si tratta di piccole imprese in prevalenza nel settore dei servizi e delle costruzioni ma non mancano le presenze anche nel settore manifatturiero tradizionale. A queste attività bisogna aggiungere i lavoratori autonomi, in prevalenza liberi professionisti che operano senza un'organizzazione imprenditoriale e il lavoro autonomo svolto come secondo lavoro da lavoratori dipendenti: nel complesso si tratta di circa il 15% della forza lavoro.
Le analisi teoriche ed empiriche mirano a stabilire il ruolo che svolge questo tipo di economia in un sistema economico avanzato formalmente governato dalle stesse regole, per capire se all'interno di un dualismo economico sempre presente in un'economia scarsamente competitiva e in prevalenza corporativa non si vengano a creare delle situazioni di sfruttamento e di inefficienza (pomposamente definite outsourcing) al fine di ridurre il costo del lavoro e le tutele sociali ed ambientali.
Tra gli aspetti positivi dell'economia sommersa possiamo ricordare che in un mercato concorrenziale imperfetto la presenza di questa economia marginale consente di dare un lavoro anche se precario alle fasce deboli del mercato del lavoro e integra a bassi costi quelle attività che non possono essere svolte da organizzazioni complesse.
La giustificazione del cuneo fiscale per spiegare l'economia sommersa non sarebbe esauriente se non considerassimo anche la tecnologia adottata dalle piccole e medie imprese e la loro produttività. Infatti ne discende che la produttività totale delle grandi imprese non riesce a colmare questo divario e quindi operando nel sommerso le piccole imprese sono concorrenziali nonostante la minore efficienza.
L'osservazione che il peso relativo dell'economia sommersa sia rimasto immutato e semmai leggermente aumentato dimostrerebbe che il progresso tecnologico registrato in questi anni avrebbe avuto la stessa dinamica sia per le grandi e sia per le piccole imprese dell'economia sommersa. Orbene poiché per innovare sono necessari investimenti, ne discende che anche le piccole e medie imprese hanno seguito lo stesso ( modesto) ritmo di crescita del capitale oppure che le grandi imprese e le imprese regolari non hanno goduto di un vantaggio dinamico dall' innovazione in termini di riduzione dei costi e aumento della produttività. Ne discende quindi che lo sviluppo della piccola e media impresa irregolare trova una giustificazione nella modesta capacità di innovazione delle imprese regolari.
Come si è ricordato in precedenza, la presenza delle imprese irregolari trova un terreno fertile soprattutto nelle produzioni e nei settori che non registrano consistenti aumenti di produttività e soprattutto una modesta crescita dell'innovazione (costruzioni, servizi alle imprese e alle famiglie, commercio e pubblici esercizi). Inoltre, se un comportamento razionale spinge un imprenditore ad operare nel sommerso questi deve avere una ragionevole aspettativa che il mercato sarà pronto ad accettare l'offerta proveniente dall'economia sommersa.
Pertanto, dal lato della domanda, la spiegazione dello sviluppo dell'economia sommersa va cercata nella segmentazione del mercato per cui il consumatore può ottenere lo stesso prodotto ad un prezzo inferiore rispetto a quello che sarebbe stato disposto a spendere rivolgendosi all'economia regolare ed in questo modo può consumare di più e quindi può godere di un maggiore benessere. Così lo scambio fra produttore sommerso e consumatore avviene come reazione all'economia regolare che sfrutta il suo potere di mercato per impedire la soddisfazione del bisogno di chi ha meno risorse, ossia è la rivincita di un'economia povera che non ha fiducia nell'economia regolare.
La scelta del consumatore di rivolgersi al mercato regolare o irregolare per soddisfare la propria domanda di beni e di servizi, viene effettuata in prevalenza in base a valutazioni economiche (prezzo, qualità, informazione, distanza) ma vi sono anche altri elementi che condizionano il comportamento delle famiglie, ossia la simpatia, l'abitudine, la vicinanza culturale, ecc., variabili che sono ben note all'economia e al marketing.
Il ruolo del consumatore è fondamentale per capire l'economia sommersa e quindi per valutare le politiche per l'emersione. Finché il consumatore comprerà nell'economia sommersa, questa vivrà e prospererà nel suo habitat e per ridurre questo mercato bisognerà modificare la convenienza del consumatore; ma senza divieti che generano contrabbando e aiutano ancora di più l'economia criminale, che ha una naturale predisposizione a fornire prodotti legali al di fuori delle regole (ossia si espanderebbe l'economia legale-criminale). Diverso è il caso della vendita di merci contraffatte per la quale si deve parlare più correttamente di economia illegale, doppiamente illegale, perché è illegale il prodotto ed è illegale il produttore ed anche in questo caso le amministrazioni pubbliche non ritengono loro dovere reprimere questa illegalità.
In questo schema di analisi, la decisione di uscire dall'economia sommersa non può essere considerata una decisione individuale poiché un'impresa del sommerso interagisce con le altre imprese anch'esse del sommerso e con i consumatori. Si tratta di una filiera settoriale che opera nel sommerso e non basta l'iniziativa della singola impresa che decide di emergere perché uscire dall'area del sommerso implica operare in un nuovo mercato, certo più efficiente, ma anche più difficile. Se si vuole effettivamente ridurre l'area del sommerso occorre pensare ad una politica industriale che disincentivi queste tipologie di imprese e di organizzazioni inefficienti e submarginali, ma senza ridurre la produzione e l'occupazione. Poiché si tratta di imprese che utilizzano tecnologie e mano d'opera a costi più bassi, la loro convenienza ad emergere si può trovare solo se a fronte dei costi maggiori si adottano tecnologie innovative, facendo investimenti che debbono ricevere un contributo pubblico; ossia bisogna finanziare l'emersione e non basta garantire l'immunità o qualche incentivo fiscale. Se, invece, mediante un'adeguata politica industriale si riducono i costi per tutti gli operatori, la conseguenza sarebbe la chiusura delle imprese marginali perché le imprese regolari sarebbero più efficienti e quindi in grado di espellere, se non tutte, buona parte delle imprese submarginali, salvo i settori che la divisione del lavoro relega fra quelli da abbandonare perché incompatibili con le tecnologie e prezzi relativi dei fattori.
Risulta evidente che la riduzione dell'economia non osservata migliora le condizioni di sviluppo e di equità nell'intero sistema economico e sono appunto questi i due obiettivi finali di qualsiasi politica economica. In realtà non sono chiare le conseguenze della riduzione del peso dell'economia irregolare e l'incertezza riguarda anche le politiche che possono essere adottate per raggiungere l'obiettivo. Proprio il caso dei settori aperti alla concorrenza internazionale dimostra che puntare sulla riduzione delle imposte non porterebbe a risultati positivi perché si dovrebbe incidere sul salario netto in quei settori, mentre la concorrenza si vince aumentando la produttività, l'innovazione e la qualità ed è su questi fattori che bisogna spingere in quanto la convenienza ad emergere non deve derivare da una scelta negativa (meno imposte) ma da una scelta positiva (più profitti).
Questa strategia dell'emersione non deve essere vista come una manovra fiscale oppure come una politica di tutela dei lavoratori, ma come parte di una complessiva politica industriale. Si tratta di una strategia opposta a quella che cerca di favorire le cosiddette fasce deboli dell'economia perché, puntando sullo sviluppo, si deve evitare che le fasce deboli restino tali oppure rappresentino una protezione delle aree di rendita. Visto che l'obiettivo è lo sviluppo economico, si debbono favorire le iniziative che fanno crescere il prodotto e non quelle che fanno sopravvivere le imprese submarginali.
L'incentivo deve puntare sul miglioramento della produttività e sull'allargamento del mercato e in questo ambito il mercato unico europeo favorisce l'emersione mentre il decentramento della produzione nei paesi a basso costo del lavoro riduce il sommerso ma anche la creazione di valore aggiunto.
L'alternativa è una strategia basata sui divieti e sui controlli potenziando le ispezioni e aumentando le sanzioni oppure impedendo la fornitura dei servizi pubblici alle imprese irregolari, ossia rendendo più difficile e quindi più costosa e/o rischiosa la stipula di un contratto per un'impresa del sommerso. Gli esempi non mancano e vanno dalla mancata fornitura di servizi pubblici (energia elettrica, gas, acqua, telefono, ecc.) alla impossibilità di essere subfornitori di commesse pubbliche, alla impossibilità di acquistare e/o vendere senza una iscrizione in un registro anche se questa sarebbe una strategia malthusiana e non una strategia di sviluppo. Questa strategia implica che vengano rimosse quelle inefficienze delle amministrazioni pubbliche che sinora hanno consentito l'esistenza dell'economia sommersa.
La diffusa informatizzazione delle amministrazioni pubbliche e delle imprese di servizi pubblici di fatto rendono molto raro il caso di imprese che non figurino in un registro pubblico automatizzato. Ne discende che non può esistere il problema dell'emersione per le società di capitale ed in generale per l'impresa che sia organizzata come società di capitale o di lavoro anche perché la registrazione è la condizione per la loro esistenza. Esiste, invece, il problema dell'evasione parziale ma in questo caso il problema non è statistico ma finanziario ed i condoni che si attuano con una certa sistematicità non favoriscono l'emersione intesa come corretto comportamento dell'imprenditore. E' interessante notare che la mancanza di coordinamento fra le amministrazioni pubbliche moltiplica i controllori ma riduce la probabilità di essere scoperti perché il controllo non viene messo a disposizione di tutte le agenzie interessate e quindi è possibile essere identificati ma l'emerso per un'agenzia non corrisponde all'emerso di un'altra agenzia.
Diverso è il caso delle imprese personali o dei liberi professionisti che quindi concentrano nella stessa persona le diverse funzioni e responsabilità.. Sovente loro stessi operano nel sommerso e molte volte aiutano le imprese ad operare nel sommerso. L'estensione delle attività che coinvolgono i liberi professionisti rappresentano un indicatore dell'estensione dell'economia irregolare poiché ci troviamo sovente in situazioni nelle quali possiamo parlare di disarticolazione delle attività di impresa con il ricorso ad un outsourcing di funzioni amministrative e sovente anche di attività finanziarie e di marketing.
L'introduzione di vincoli, licenze, certificati, ecc. rappresenta un'apparente tutela del consumatore ma in effetti favorisce l'estendersi dell'economia sommersa qualora le amministrazioni non siano in grado di fare rispettare questi obblighi o peggio possono essere occasione per situazione di corruzione e/o di concussione.
La situazione peggiore si verifica quando la legge tutela l'economia regolare ma in effetti non ha alcuna fiducia nella sua capacità di garantire la piena occupazione e quindi chi dovrebbe fare rispettare la legge accetta che il lavoro autonomo e la piccola impresa trovino le occasioni di guadagno ed anzi ritiene che queste piccole imprese non debbano neanche essere obbligate a pagare le imposte affinché possano sopravvivere.
In altre parole la politica di emersione non deve essere una politica sociale ma al contrario deve essere una politica industriale accompagnato da una politica sociale e da una politica della domanda. Questa strategia non viene apprezzata dagli economisti liberisti e dai politici, i primi perché non considerano rilevante l'economia irregolare e si disinteressano dei comportamenti scorretti degli operatori economici che anzi vengono razionalizzati e giustificati, mentre i politici sembrano maggiormente attenti agli aspetti elettorali di breve periodo e quindi alla emersione statistica e alla presunta riduzione dell'evasione fiscale. Questa strategia di sviluppo non richiede, necessariamente, il ricorso alla spesa pubblica o alla riduzione delle imposte ma si può usare la domanda pubblica per favorire la crescita della dimensione media delle imprese, per esempio puntando su un salto qualitativo nelle forniture e una revisione delle regole per l'assegnazione delle gare senza rinunciare alla concorrenza e alla trasparenza.
Non mancano i problemi se si prendono in considerazione gli aspetti dinamici dell'economia irregolare. Una volta accertato che, per quanto il progresso abbia ridotto la scala di accesso alle nuove tecnologie, l'accumulazione, l'innovazione, la ricerca applicata hanno bisogno di capitali e di professionalità, si tratta di analizzare se le imprese dell'economia regolare hanno un differenziale di produttività totale che consenta loro di annullare il differenziale di costi diretti ed indiretti che sembra favorire l'economia irregolare. Se le imprese regolari non godono di questi vantaggi di produttività e puntano sulla rendita o sul potere delle lobby, la dinamica è modesta e favorisce le piccole e piccolissime imprese.
Ne risente lo sviluppo dell'intero sistema economico anche se questa riallocazione della produzione può avere apparentemente degli effetti positivi sull'occupazione, poiché il settore arretrato, in presenza di un eccesso di offerta di lavoro, occuperà lavoratori a costi sempre più bassi anche se con produttività più bassa mentre il settore più avanzato solo con un aumento della produttività potrà restare concorrenziale, altrimenti chiuderanno le imprese meno efficienti oppure andranno ad aumentare il settore irregolare.
In presenza di un aumento della disoccupazione la politica economica si troverebbe di fronte ad un bivio: ridurre i differenziali di costo riducendo il cuneo fiscale, quindi lo Stato sociale, oppure accettare l'economia irregolare e registrare una riduzione dell'economia regolare. In alternativa si chiederà maggiore flessibilità del costo del lavoro in modo da adeguarlo alla minore produttività necessaria per aumentare l'occupazione, creando gli "occupati poveri" caratteristici dell'economia statunitense.
L'idea che la mano invisibile possa ovviare a questo andamento è un'illusione in quanto sono proprio i comportamenti razionali di breve periodo che giustificano questa dinamica. Se invece l'intervento pubblico punta sullo sviluppo, l'emersione deve essere vista dagli imprenditori come un'occasione di sviluppo produttivo e tecnologico, ossia l'unica possibile strategia di crescita superando il nanismo delle imprese italiane che lungi dall'essere fisiologico è diventato patologico.