Il peggio alle spalle e quello di fronte

Berlusconi e i suoi ministri ripetono che “il peggio è passato”, ma intanto le cronache sono piene ogni giorno di manifestazioni e occupazioni contro licenziamenti e chiusure. E’ necessario rilanciare e approfondire il dibattito su welfare e spesa sociale

Sta per finire l’anno che, secondo le organizzazioni internazionali e i centri studi, dovrebbe portar via con sé la fase più brutta di una delle più brutte crisi mai viste. “Il peggio è alle nostre spalle”, ripetono il presidente Silvio Berlusconi e i suoi ministri, e l’Italia se la sta cavando meglio di tutti. Sarà anche vero, ma i mass media sono pieni di nutizie di operai che salgono sulle gru, di operai e impiegati che salgono sui cornicioni, di operai e impegati che occupano gli stabilimenti dopo aver ricevuto lettere che annunciano l’inizio di tristi percorsi che porteranno alla chiusura e ai licenziamenti. Questo “peggio” non è affatto alle nostre spalle, è purtroppo di fronte a tutti noi.

 

Tra i provvedimenti varati dal governo allo scopo di sostenere gli strati sociali più in difficoltà (“Nessuno sarà lasciato solo”, quante volte l’abbiamo sentito?) solo quelli relativi alla cassa integrazione sembrano aver avuto qualche efficacia. La “social card” si è rivelata un flop clamoroso, il sostegno agli atipici rimasti senza lavoro ancor peggio: riuscire a centrare i criteri per aver diritto all’assegno ha le stesse probabilità che ottenere una somma analoga con il “Gratta e vinci”.

 

Continuare a parlare di welfare e spesa sociale è dunque oggi ancora più necessario e urgente di ieri. Anche perché continuano a circolare analisi e proposte che, se prima della crisi potevano apparire ai più basate su premesse tanto ovvie da non dover essere nemmeno giustificate, oggi dovrebbero essere fuori corso, in quanto ispirate a quel “pensiero unico” a cui in buona parte la crisi è attribuibile.

 

E&L cerca di alimentare questo dibattito. A cui però sarebbe auspicabile che dedicassero maggiori energie tanto il più grosso partito della sinistra che le altre formazioni politiche di quest’area. Al primo bisogna riconoscere qualche sforzo per uscire dall’indeterminatezza di un “riformismo” senza aggettivi e senza obiettivi politici comprensibili. Gli altri sembrano ancora irrimediabilmente avvitato in lotte di fazione che assorbono tutte le loro energie. Di un soggetto politico di qualche consistenza a sinistra del Pd, per ora non ci sono neanche le avvisaglie.

Domenica, 29. Novembre 2009
 

SOCIAL

 

CONTATTI