Il nostro ministro dell'Economia ha annunciato - inalberando quel sorriso della Gioconda che gli è caro quando vuole mostrare la sua superiorità intellettuale - riferendosi agli accordi comunitari in materia di stabilità, che "habemus pactum novum", aggiungendo che l'accettazione del principio della valutazione del debito privato insieme a quello pubblico e la presunta flessibilità nell'applicazione di sanzioni ai paesi che non riequilibrano tempestivamente i conti ed hanno un elevato rapporto debito/Pil, renderebbero l'accordo perfettamente gestibile da parte italiana. Se ciò fosse vero, potremmo affermare che la Ue, che sta zigzagando sul piano politico, avrebbe preso la retta via su quello economico e che su questo cammino l'Italia può procedere con relativa tranquillità. Tranquillità da estendere implicitamente, per l'on. Tremonti, anche al governo del quale appare il dominus effettivo. Ed ecco forse perché parla latino.....
Questo fiducioso ottimismo non mi sembra pienamente giustificato. Ritorniamo brevemente sul piano politico, perché nell'ipotesi per ora adottata per il meccanismo sanzionatorio, dal peso politico dei singoli Stati possono derivare conseguenze, non solo nella stesura dettagliata degli accordi (il delegato tedesco ha osservato che nei dettagli spunta la coda del diavolo) ma anche, come vedremo, nelle decisioni del Consiglio dei capi di Stato e di governo. Come tutti sanno i passi verso la governance europea sono stati molto incerti e, in sostanza, si sono limitati ad un certo rafforzamento dei ruoli del presidente e del Parlamento e alla creazione di un corpo diplomatico guidato da una nobildonna inglese. Ebbene, nella ripartizione degli affidamenti diplomatici ai singoli paesi, all'Italia spettano nazioni non proprio al vertice nella scala mondiale, come Albania e Ghana. Ne consegue una chiara manifestazione della debolezza del nostro ruolo in Europa, frutto quasi sicuramente del fallimento della diplomazia del "cucù" e delle pacche sulle spalle.
Ritornando al nostro tema principale, esaminiamo le ragioni per cui gli entusiasmi del ministro dell'Economia ci sembrano quanto meno poco fondati. In primo luogo, ad una lettura meno velata da ottimismi più o meno artefatti, per quanto concerne il peso del debito privato, il testo recita: "Si terrà conto (non si dice né quanto né come) di fattori rilevanti, quali struttura del debito pubblico, incidenza pensioni, ..... e debito privato". Il criterio dell'inclusione del peso dell'indebitamento privato nei calcoli di sostenibilità - frutto di sofismi da Magna Grecia, perché la crisi non è nata da un indistinto indebitamento privato, ma da quello legato alla bolla immobiliare - produrrebbe, se applicato puntualmente, risultati aberranti, se non risibili. Nell'ottimo saggio di Ruggero Paladini appare una tabella in cui figurano le somme dei debiti pubblici e privati dei singoli paesi europei. In base al criterio tremontiano, il paese più virtuoso risulterebbe la Grecia (debito totale in % del Pil: 246), mentre Danimarca (547), Svezia (403) e Olanda (677) sarebbero più fragili della Spagna (371). Non vi è dubbio alcuno che queste interpretazioni assurde verranno corrette proprio nella formulazione dettagliata dei provvedimenti.
In secondo luogo, se è vero che l'automatismo delle sanzioni è stato per ora evitato, è vero altresì che i paesi con un debito pubblico superiore al 60% del Pil entrano in procedura di infrazione, anche se il deficit di bilancio è sotto la soglia del 3%. Inoltre avrà il suo peso la contrarietà messa a verbale dal Presidente della Bce Jean-Claude Trichet. E' esatto quel che afferma Carlo Clericetti, che sarebbe un errore affidare ad un organismo esclusivamente tecnico, come la Commissione, una valutazione che dovrebbe tenere conto della complessità dei fenomeni che hanno provocato lo sforamento. Ed è altrettanto realistico ritenere che gli automatismi chirurgici potrebbero uccidere l'ammalato anziché curarlo. Di fatto, però, la posizione della Bce offrirà munizioni a quei paesi che intendessero sparare sugli inadempienti. Sta di fatto che se entro sei mesi dall'accertato sforamento il paese colpevole non avrà iniziato un verificato cammino di rientro, le sanzioni verranno comminate dalla Commissione e il Consiglio potrà respingerle solo a maggioranza qualificata. Tenendo conto della debole considerazione attribuita al nostro paese nell'Unione, considerazione che le recenti esternazioni del presidente del Consiglio ha ulteriormente indebolito, nonché del ruolo motore del rafforzato asse franco-tedesco, quali saranno, secondo voi, le ragionevoli probabilità che in queste votazioni gli interessi italiani siano tutelati?
Pur accoppiando al pessimismo della ragione l'ottimismo della speranza, suggeriremmo all'on. Tremonti una maggiore compostezza, anche somatica ed un impegno più equilibrato e meno superficiale. Occorre un ripensamento critico ed un recupero di serietà istituzionale, se non all'interno del paese - che sembra ancora gradire le comiche, come dimostrano i successi dei Grillo di turno - almeno nei rapporti intracomunitari.
In questo quadro piuttosto sconfortante sul piano europeo, con impietosi raffronti con il recuperato dinamismo delle economie dell'Europa centrale e della stessa Francia, la mossa puramente propagandistica della riforma fiscale appare un miraggio nella nebbia delle chiacchiere e nel deserto dei fatti. In assenza di una radicale manovra redistributiva è quasi certo che per i prossimi 3 o 4 anni non vi saranno, nel nostro paese, disponibilità aggiuntive di risorse, ma rischi di sanzioni pesanti. Non è forse casuale il fatto che nell'accennata recente intervista il nostro premier si sia mostrato amorevole verso i dirigenti russi, conciliante con l'Iran e diffidente verso l'Europa.
Il quadro da noi presentato mostra qualche pennellata più forte se esaminato in prospettiva. L'accordo franco-tedesco, al quale potrebbero aggregarsi paesi economicamente subalterni al colosso germanico, consente di prevedere l'avvio di quella Europa a due velocità, di cui tanto si discusse negli anni '90, con rischio di periferizzazione per Portogallo, Spagna e Italia. Anche lo scontro fra Trichet e la Commissione contro il Consiglio, non è altro che la prosecuzione del braccio di ferro fra tecnici e politici che ha segnato la vita della Comunità e dell'Unione. Tace, per ora, un altro protagonista che sta acquisendo importanza come il Parlamento. Rispetto a queste problematiche, la Gran Bretagna, sotto la scure della manovra di Cameron, avrà per qualche tempo una posizione marginale. Paradossalmente, accanto alla sospensione dell'ingresso turco, ciò renderà il clima meno turbolento, contrariamente a quanto si pensava quando l'Europa si gonfiava come la rana di Esopo.
Mi sia consentito una nota a margine. Rileva Il Sole 24 Ore che in sole 4 circostanze l'Italia ha ridotto il rapporto debito/Pil: per 3 volte con governi di centro-sinistra ed una sola volta ed unicamente per un anno, con un governo di centro-destra. Citando ancora una volta l'on. Tremonti, i numeri contano più delle parole, anche per quanto riguarda le capacità di governo.
Post Scriptum
- L'ultima riunione del Consiglio dei Capi di Stato e di governo, tenutasi a fine ottobre, si è chiusa con un'importante decisione: quella di non decidere, affidando a Van Rompuy il compito di predisporre le misure di controllo e di sanzione nei confronti degli sforamenti dei conti pubblici nazionali. La sua posizione è notoriamente allineata a quelle - più rigide - della Commissione e dell'asse franco-tedesco. La Merkel sorride, non per vezzo, ma per solide ragioni.