Il miglior presidente che stupisce il mondo

Il mondo, dai vicini europei alla Nuova Zelanda, ci guarda attonito. Le cronache e i commenti dei giornali di tutto il pianeta oscillano tra lo scherno, la preoccupazione per i rischi per la democrazia che appaiono sempre più concreti e lo stupore

Il mondo, dai vicini europei alla Nuova Zelanda, ci guarda attonito. Le cronache e i commenti dei giornali di tutto il pianeta oscillano tra lo scherno, la preoccupazione per i rischi per la democrazia che appaiono sempre più concreti e lo stupore per il fatto che rimanga ancora senza conseguenze una serie di vicende che avrebbero portato, in qualsiasi altro paese che non fosse sotto il tallone di una dittatura, alle dimissioni – e da tempo – di colui che si è appena definito “il miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni”.

 

Nel frattempo i capi della Lega, difensori della Civiltà Cattolica contro gli assalti del barbari che premono alle frontiere e ormai dilagano all’interno, officiano il rito dell’ampolla d’acqua del Dio Po versata nella laguna di Venezia, benedicono con le sue ultime stille il capo di fanciulli casualmente lì presso e rilanciano il programma di secessione della Padania – che “sarà uno Stato libero, indipendente e sovrano” –  da perseguire “con le buone o con le meno buone”. Ed è un ministro della Repubblica, uno di quelli che hanno giurato fedeltà alla Costituzione, a pronunciare queste parole.

 

In questo generale impazzimento, incredibilmente ignorato o sottovalutato da una parte cospicua dei cittadini, l’Italia si trova immersa nella crisi mondiale di cui oggi si dice che il peggio sia passato – nel senso del collasso dell’economia globale – ma si concorda anche sul fatto che il futuro è imprevedibile. Il nostro paese era in seria difficoltà già prima della crisi: il dibattito sul “declino” ha fatto consumare fiumi di inchiostro. Ora, invece di questo teatro dell’assurdo, servirebbe una politica economica, di cui, al di là di qualche modestissimo intervento-tampone, non si vede traccia. Mentre l’America – ma anche altri paesi – lancia la green economy, da noi ci si disinteressa persino del contenimento delle emissioni, a cui ci siamo impegnati firmando il Protocollo di Kyoto e che ci costerà denaro sonante non rispettare. Il cuore della nostra politica è lo “scudo fiscale”, ennesimo regalo senza contropartita agli evasori, e il controllo di qualche proprietario di yacht, tanto per avere i titoli sui giornali ed evitando con cura iniziative più serie.Ma non disperiamo. Siamo nelle mani del “miglior presidente” che ci potesse capitare.

Lunedì, 14. Settembre 2009
 

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