Il fisco e i fantastiliardi del manager

Grazie alle 'stock option' nei primi sei mesi 2006 trenta manager hanno guadagnato ciascuno come 380 lavoratori in un anno. L'amministratore uscente della Lottomatica ha avuto un bonus pari allo stipendio annuo di 1870 lavoratori. Tutti hanno pagato pochissime tasse, perché le nuove norme sono in vigore dal 4 luglio. Ma, incomprensibilmente, non si applicheranno a chi terrà le azioni per 5 anni
Nei primi sei mesi del 2006, trenta manager italiani di società quotate in borsa hanno guadagnato solo con le stock option oltre duecento milioni di euro. Che ovviamente per questi personaggi si sommano a retribuzioni già piuttosto generose.

Tenuto conto del salario medio percepito da operai ed impiegati, significa che ciascuno di essi ha mediamente guadagnato in un semestre l'equivalente di quanto trecentottanta lavoratori percepiscono in un anno. La cosa deve essere considerata normale, visto che non ha suscitato alcuna particolare reazione. Scandalizza solo chi non è abbastanza "moderno" (ed io purtroppo sono tra questi) per capire che il lavoro di una sola persona può anche "valere" quanto quello di ben trecentottanta uomini e donne. Quale sia il metro utilizzato per giustificare questa abnorme diseguaglianza non riesco francamente ad immaginarlo. Probabilmente la spiegazione è la stessa del finale dell'Opera da tre soldi,  di Brecht: "Rivoltatela come più vi pare, prima vengono i soldi, poi viene la morale". Il punto che però qui mi interessa non è l'aspetto morale di questa sontuosa elargizione di stock option, ma alcune questioni pratiche che considero meritevoli di qualche rapida considerazione.

La prima cosa che balza agli occhi dei 200 milioni di guadagni supplementari di questi trenta fortunati italiani è che sono stati assoggettai ad un fisco leggero. E' stata infatti applicata una aliquota secca del 12,5 per cento. I trenta beneficiari se la sono perciò cavata con soli 25 milioni di imposta complessiva.

Come si sa la nuova disciplina approvata il 30 giungo dal governo, ma in vigore dal 4 luglio, equipara questi redditi a retribuzione dipendente. Questo significa che se le stock option fossero state vendute solo due o tre giorni dopo sarebbe scattata l'aliquota massima del 43 per cento, più i contributi.  Tuttavia la cosa che sorprende non è che i magnifici trenta siano stati sufficientemente svelti ed avveduti da incamerare i loro benefici prima dell'entrata in vigore delle nuove norme. Ciò che sorprende è che il nuovo regime fiscale mantenga, anche per il futuro, l'aliquota leggera del 12,5 per cento per chi conserverà per cinque anni il possesso delle azioni. Ora, è possibile che i top manager, conoscendo il reale stato di salute delle aziende che dirigono, siano del tutto refrattari a trasformarsi in cassettisti e quindi, nella sostanza, il problema non si ponga. Nel caso contrario, sorge però inevitabile una domanda. Per il ministro Visco naturalmente. Se, d'ora in avanti, le stock option sono (giustamente) considerate retribuzione perché mai, anche se non monetizzate immediatamente, dovrebbero godere di un regime fiscale così scandalosamente vantaggioso rispetto a quello praticato per salari e stipendi?

Vengo alla seconda questione. I 200 milioni di euro incamerati per i primi sei mesi del 2006 sono esattamente il doppio di quanto percepito dagli stessi trenta manager in tutto il 2005. Impossibile non chiedersi: cosa hanno fatto i "magnifici trenta" di così memorabile per guadagnare in soli sei mesi due volte di più di quanto avevano incassato nell'intero anno precedente? Hanno raddoppiato le vendite? Sono riusciti a camminare sulle acque?

La spiegazione potrebbe essere però molto più banale. Il caso dei dirigenti di Campari e Banca Popolare di Verona e Novara può probabilmente  aiutare a capire l'arcano. Luca Garavoglia (presidente di Campari) e Fabio Innocenzi (Bpvn) hanno beneficiato, a tempo praticamente scaduto, di una assegnazione lampo di opzioni rivendute immediatamente il 3 luglio. Cioè poche ore prima che il fisco diventasse più esoso. Il che ha consentito a Garavoglia di risparmiare 2,13 milioni di maggiori tasse, mentre Innocenzi è riuscito a dribblare un onere di 1,66 milioni.

Altrettanto interessante sembra il caso di Rosario Bifulco (amministratore delegato in uscita da Lottomatica) che ha beneficiato di ben 37,354 milioni di plusvalenze. Per intenderci l'equivalente della retribuzione annua di circa 1870 lavoratori. Nessuno dubita che Bifulco abbia lo stesso talento di  Iohn Law per i giochi d'azzardo e quindi abbia consentito alla sua azienda guadagni favolosi ed inaspettati. Tuttavia è difficile sfuggire al sospetto che essendo giunto alla fine del suo mandato quella somma abnorme sia una sorta di buona uscita, sottoposta a tassazione impropria. Cioè molto più lieve del dovuto.

Intendiamoci. La pratica di manipolazione delle stock option, per gonfiare i compensi dei dirigenti, non è una cattiva abitudine esclusiva delle aziende italiane. Stando alle cronache, anche quelle americane cercano di darsi da fare. Con una differenza però. Sul punto in America si è aperta una discussione pubblica che sta trasformando la pioggia di scandali sulle stock option in una bufera che minaccia seriamente numerose aziende. A volte per operazioni di dubbia etica. In altri casi perché giudicate apertamente illegali.
 
Insomma, si sarebbero verificati casi di pratiche scorrette ed altri nei quali sono state violate leggi e regolamenti. Alcune aziende se la potranno perciò cavare con una cattiva reputazione, mentre altre verranno invece perseguite dalla Sec e dal Dipartimento della Giustizia per reati quali la falsificazione di documenti, tra i quali il backdating. Vale a dire la pratica che sposta ad arte  la data dell'opzione per farla coincidere con le quotazioni più basse del titolo, garantendo a chi riceve le azioni un più elevato guadagno. Oppure verranno perseguite per il mancato rispetto della norma che prescrive l'inserimento delle opzioni nei costi aziendali, con una parallela riduzione dei profitti.  Tutte irregolarità che negli Stati Uniti sono giudicate con particolare severità. Come, in generale, sono trattati tutti i reati amministrativi. In ogni caso, sulla base delle inchieste in corso si ritiene che diverse società (tra le quali la Apple) dovranno fare  correzioni ai propri bilanci per centinaia di milioni di dollari. Con inevitabili ripercussioni anche sulle quotazioni delle proprie azioni. Insomma, è assai probabile che per le aziende americane la manipolazione delle stock option non assomiglierà ad una passeggiata.

Il riferimento all'interesse pubblico suscitato negli Stati Uniti intorno alla stessa questione, mi consente una sintetica conclusione sul caso italiano. La assoluta mancanza di una qualunque reazione al bonus record per i manager italiani può avere una duplice spiegazione. La prima è che da noi le cose siano state fatte nella più assoluta correttezza e trasparenza. La seconda è che, stante la coincidenza con il periodo feriale, la Consob, la Giustizia, per non parlare dell'informazione, si siano invece semplicemente distratte.
Mercoledì, 6. Settembre 2006
 

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