A metà dicembre, larticolo di Ian Fisher sul New York Times a proposito del presunto declino dellItalia (leconomia è ferma, il paese invecchia e i giovani se ne vanno) ha animato il dibattito sui nostri mezzi di informazione. Dibattito che ha potuto contare anche sulla entusiasta partecipazione sia di un buon numero di appartenenti al ceto politico che di cosiddetti opinionisti. Anche se largomento è stato particolarmente di moda, debbo confessare che personalmente non sono riuscito a farmi coinvolgere in questa fervida mischia di provincialismo dialettico. Intanto perché Fisher, che sarà sicuramente un bravo giornalista, esprime una opinione. E le sue critiche sullItalia possano giustamente essere giudicate severe. Ma, fortunatamente, esprimono soltanto il parere del corrispondente da Roma del NYT. In sostanza, Fisher ha detto la sua. Fortunatamente però non era Dio che ha parlato dal monte Sinai.
Più o meno negli stessi giorni della sortita di Fisher, si è verificato un fatto importante. Alcuni indicatori economici (aumento delloccupazione, crescita delle esportazioni, riduzione del disavanzo pubblico) hanno fatto registrare un netto miglioramento. Miglioramento che, ovviamente, non può essere interpretato come il preannuncio di unalba radiosa. Ma nemmeno però come il presagio di un cupo tramonto. Per altro, a cavallo tra il vecchio ed il nuovo anno, un altro elemento mi ha indotto a dubitare della dottrina Fisher e della sua teoria del declino. Mi sembra infatti arduo parlare di declino quando assieme al miglioramento di alcuni importanti indicatori economici ci sono significativi indizi di sviluppo anche in altri campi. Mi riferisco in particolare alla stupidità che, proprio in quel periodo, ha fatto progressi enormi. Cosa confermata, ancora più che dal reiterato uso insensato dei botti di capodanno, soprattutto dalle discussioni e dalle prese di posizione che hanno accompagnato la decisione di aprire un negoziato esclusivo tra Alitalia ed Air France, in vista di una possibile (ed auspicabile) fusione delle due compagnie.
Preliminare alla trattativa, e comunque indispensabile misura di accompagnamento, è intervenuta la decisione di Alitalia di utilizzare un solo hub (quello di Fiumicino) nel tentativo, disperato e sicuramente tardivo, di salvare il salvabile di una compagnia ormai tecnicamente fallita. Come è noto, al disastro dellAlitalia ha contribuito linsipienza dei suoi dirigenti. In particolare quelli in carica dalla seconda metà degli anni novanta al 2006. I quali hanno cervelloticamente ancorato il piano industriale della Compagnia di bandiera allutilizzo di due hub (Fiuicino e Malpensa) con una impennata dei costi (due milioni di Euro al giorno) che ha disastrato irreparabilmente il conto economico dellazienda. Al punto che ormai nemmeno un mago del trasporto aereo sarebbe riuscito a risanarlo.
La preferenza accordata alla proposta di Air France, rispetto a quella di Air-One, ha però suscitato un certo numero di aspre reazioni. Incomprensibile quella dei sindacati. I quali in ogni processo di fusione e ristrutturazione sono giustamente preoccupati delle conseguenze sulloccupazione. Ma nel caso specifico non si capisce su quali basi abbiano potuto esprimere una preferenza tra le due proposte presentate. Considerato che nessuno dei due competitori ha (almeno finora) formulato un piano industriale dettagliato, con attendibili previsioni sulle conseguenze occupazionali. Sia per quel che riguarda limmediato, e tanto meno quando lintegrazione sarà a regime.
Ancora più pittoresche e stravaganti le reazioni del cosiddetto partito del Nord. Deciso ad opporsi con tutti i mezzi (si spera solo verbali) al ridimensionamento di Malpensa. In queste sortite il più strampalato è stato, come al solito, il capo della Lega. Bossi ha infatti voluto fare il verso a Saddam Hussein dichiarando che quella per la Malpensa sarebbe diventata la madre di tutte le battaglie. E per dare sostanza alla sua minaccia ha fatto subito impiantare qualche gazebo agli ingressi dellaereoporto in vista di una manifestazione Padana preannunciata per il 20 gennaio. Sorprende che nessuno abbia informato il povero Bossi che se quella per Malpensa deve essere considerata la madre di tutte le battaglie, purtroppo è già stata persa. E non da ora. Perché la sfida cruciale sulla sorte dellaereoporto lombardo è già stata combattuta e persa anni fa. E infatti appena il caso di ricordare che limpianto di Malpensa è stato inaugurato senza che fossero apprestati adeguati collegamenti stradali e ferroviari. A quasi dieci anni di distanza dallinaugurazione i collegamenti, per usare un eufemismo, restano assai problematici. I treni sono pochi e lenti. I taxi sono costosi e basta un banale incidente in autostrada per far perdere laereo anche ai passeggeri più preveggenti. Per fare buon peso, nel frattempo in tutto il Nord sono stati istituiti nuovi scali, o rafforzati quelli preesistenti. Con il risultato che Linate, Bergamo, Brescia, Verona, hanno sviluppato una concorrenza cannibalesca nei confronti di Malpensa.
Anche la reazione del presidente della Lombardia Roberto Formigoni e (seppure un po più sottovoce) quella del sindaco di Milano, Letizia Moratti, appaiono piuttosto bislacche. Come si fa a sostenere che sarebbe una follia economica indebolire un aeroporto collocato al centro dellarea più ricca e più attiva dellintero paese e tacere sulla lunga catena di errori commessi dalle amministrazioni locali? A cominciare da quelle governate da loro due. Su quale base il presidente della Lombardia ed il sindaco di Milano alimentano, o si uniscono al coro delle proteste per il destino di Malpensa, dopo il ridimensionamento previsto dei voli Alitalia targata Air France? Possono non saperlo i seguaci di Bossi. Ma come fanno loro a non essere informati che non esiste alcun impedimento al diritto di accesso allaeroporto lombardo per altre compagnie? Come fanno a non sapere che non cè alcuna barriera che impedisca ad altri vettori di riempire il vuoto lasciato da Alitalia? A Malpensa cè ampia disponibilità di spazi per volare. Laereoporto non era saturo con Alitalia. Lo è ancora di meno senza. Non cè quindi alcun bisogno di aspettare la immaginifica e futuribile costituzione di Air Padania. Basterebbe infatti che Air-One, la quale nella corsa ad Alitalia ha dichiarato di credere in Malpensa, decidesse di schierare anche da sola i suoi jet nella Brughiera, per migliorare immediatamente la situazione dellaereoporto lombardo. Perciò la cosa più singolare di questa contesa è che, malgrado il polverone sollevato da Bossi e Formigoni (o forse proprio a causa sua) è impossibile capire quale sia loggetto vero del contendere.
Un mio vecchio amico sosteneva di preferire i mascalzoni agli imbecilli. Perché secondo lui i primi, a volte, si concedono una pausa. Opinione troppo pessimistica? Può darsi. Comunque, quale che sia lopinione di ciascuno sulla natura umana, è difficile riuscire a fare previsioni sui possibili sviluppi e la durata di un contenzioso così sconclusionato come quello esploso intorno a Malpensa. Ma se proprio si dovesse fare un pronostico personalmente sarei portato a ritenere che la battaglia localistica per Malpensa non avrà un grande impatto. Prima ancora che per considerazioni di merito e di buon senso, per il semplice fatto che presumibilmente verrà neutralizzata da altre posizioni attente a realtà ancora più locali. In effetti faccio fatica ad immaginare che quanti sono interessati agli scali di: Catullo a Verona, Montichiari a Brescia, Orio al Serio a Bergamo, per non parlare di Linate, Torino, Treviso, o Venezia, siano disposti (al di là di qualche gesto puramente simbolico) ad andare in trincea per Malpensa. La madre di tutte le battaglie potrebbe quindi essere destinata a finire abbastanza presto, per mancanza di combattenti.
Se questa ipotesi troverà conferma le istituzioni locali, a cominciare dalla regione Lombardia, dovrebbero essere indotte ad affrontare la questione di Malpensa in modo più serio e, dunque, pragmatico. Che vuol dire: laereoporto cè; è costato un sacco di soldi alla comunità; adesso occorre fare quanto necessario perché possa funzionare. Se invece, malgrado tutto, dovessero continuare a fare fumo con la manovella finirebbero solo per contribuire a trasformare il caso Fisher versus Italia in un perfetto esempio di profezia che si autoavvera.