IG Metall, un contratto per tempi difficili

Il 12 novembre, dopo 23 ore di trattativa non stop, è stato raggiunto l’accordo per il contratto dei metalmeccanici tedeschi. L’aumento a regime è del 4,2%, gli industriali offrivano un 2,1%. Il sindacato ha ribattuto che i dividendi agli azionisti sono stati aumentati nel 2008 del 32,3% e i profitti nel 2007 sono saliti del 72,5%

L’accordo è arrivato dopo una maratona negoziale di 23 ore. Una rottura avrebbe significato l’avvio dello sciopero a oltranza, che avrebbe coinvolto 3,6 milioni di lavoratori nel più importante settore dell’economia tedesca. Il sindacato e gli industriali metalmeccanici hanno preferito raggiungere un compromesso, consapevoli della difficile congiuntura che ha cominciato ad aggredire il settore, soprattutto nel comparto strategico dell’industria dell’auto.

 

L’accordo è stato raggiunto il 12 novembre a Sindelfingen, nel Baden-Württemberg, da sempre la regione-pilota per le relazioni sindacali nel settore metalmeccanico. L’intesa dovrebbe poi essere recepita, come secondo tradizione, nelle altre regioni. Gli aumenti tabellari sono così articolati: +2,1% da febbraio ad aprile 2009, che si eleva al 4,2% da maggio (ma il 2,1% in più può essere rimandato fino a 7 mesi in determinate condizioni problematiche da definire a livello aziendale, previo il consenso del consiglio di azienda). La scadenza è aprile 2010, dunque una vigenza complessiva di 18 mesi. A copertura dei tre mesi da novembre 2008 a gennaio 2009 viene erogata una “una tantum” di 510 Euro. Un’ulteriore “una tantum” su base mensile, pari allo 0,4%, viene erogata per il periodo maggio-dicembre 2009.

 

La rivendicazione iniziale della IG Metall era molto più ambiziosa: +8%, per una vigenza contrattuale di 12 mesi: la richiesta più alta da 16 anni a questa parte. Una massiccia campagna di informazione ne aveva motivato le buone ragioni. Presentando la richiesta in una conferenza stampa alla vigilia dell’apertura del negoziato, Berthold Huber, presidente della IG Metall, l’aveva difesa energicamente: “8 per cento è certo espressione di fattori economici, ma la politica contrattuale non è un esercizio matematico: prende in conto anche le attese delle persone nelle imprese. La nostra è una richiesta obbligata dal punto di vista sia economico che sociale”.

Si era ancora a settembre, la tempesta sembrava non toccare ancora, perlomeno in modo traumatico, l’industria metalmeccanica.

 

Secondo i dati forniti dalla IG Metall a sostegno delle sue buone ragioni, anche per il 2009, malgrado un calo degli ordini, si prevedeva una crescita della produzione, tra il 4 e il 5%; il 2008 avrebbe segnato un aumento attorno al 6% (era stato dell’8,1 nel 2006 e dell’8,7 nel 2007). Colpisce l’andamento a forbice dei dividendi distribuiti dalle imprese quotate in Borsa e dei profitti, da un lato, e del costo del lavoro e delle spese per investimenti produttivi dall’altro. Secondo la IG Metall, le 40 maggiori imprese del settore quotate in Borsa hanno distribuito agli azionisti 4,9 miliardi di Euro nel 2006 e 5,5 miliardi nel 2007 (+12,5%); per il 2008 si parla addirittura di 7,3 miliardi, con un balzo del 32,3%. Anche i profitti  delle imprese del settore quotate in Borsa hanno marciato alla grande. Negli ultimi tre anni hanno fatto registrare i seguenti valori: 17,1 miliardi di euro nel 2005, 23,9 miliardi nel 2006 (+39,4%), 41,2 miliardi nel 2007 (+72,5%). Dunque, aveva detto Huber, “solo gli ideologi di parte padronale possono pensare che l’industria meccanica ed elettromeccanica tedesca, la più potente locomotiva esportatrice dell’economia mondiale, non sia in grado di retribuire in modo adeguato il lavoro dei propri occupati”.

 

Da parte loro gli industriali non ci pensavano neppure, almeno inizialmente, a trattare su questa base. Pensavano dapprima di cavarsela con una “una tantum”, senza toccare le retribuzioni tabellari. Poi, premuti da una forte e diffusa ondata di “scioperi di avvertimento”, partita non appena scaduti i termini della tregua sociale (a fine ottobre), hanno proposto un aumento del 2,1%. E su queste posizioni si è arrivati al confronto finale: o trovare un compromesso, o affrontare un conflitto di lavoro di proporzioni gigantesche e dalle conseguenze imprevedibili. I negoziatori si sono arrestati sull’orlo dell’abisso.

 

D’altra parte – secondo Huber – non era realistico aspettarsi “un esito significativamente migliore dal conflitto di lavoro. Certo, la conclusione non è di quelle che possano suscitare euforia, abbiamo conseguito un risultato normale in una situazione storicamente difficile”. Ugualmente positiva con prudenza è la valutazione di Hermann Kannengiesser, presidente del Gesamtmetall (l’associazione degli imprenditori del settore). “Tutti contenti, nessuno felice”, titola un articolo della “Frankfurter Rundschau”.

 

Tuttavia la IG Metall può legittimamente affermare di avere tutelato i suoi rappresentati e il ruolo del contratto di categoria, da anni fatto segno a ripetuti attacchi da parte di imprenditori e politici. In una nota del sindacato (vedi www.igmetall.de), all’indomani della conclusione del negoziato, si osserva che “raramente un esito contrattuale ha suscitato tante interpretazioni contrastanti. E tuttavia il meccanismo della politica contrattuale ha funzionato. Il Tagesspiegel (quotidiano di Berlino) afferma che il sistema contrattuale tedesco è efficiente e resistente alle crisi, come ha dimostrato questo negoziato: la IG Metall ha conseguito un risultato positivo per i lavoratori all’interno di una recessione economica. Il compromesso raggiunto nel negoziato in Baden-Wüurttemberg porta la necessaria stabilizzazione alla congiuntura e alle imprese, le quali non vengono dispensate dalla responsabilità di far partecipare i loro lavoratori ai guadagni conseguiti. La IG metall è affidabile, anche in tempi difficili”.

Mercoledì, 19. Novembre 2008
 

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