Idee per i democratici di qui al 2008

Sarebbe un errore, dice l'ex ministro del Lavoro di Clinton, se la campagna per le presidenziali fosse giocata tutta sugli scandali ed errori di Bush. Bisogna invece concentrarsi sulle cose da fare: ecco alcuni suggerimenti
La campagna presidenziale del 2008 è iniziata ieri. Qualunque cosa facciano i democratici col loro nuovo potere congressuale, lo faranno con in mente il premio finale del 2008.

Alcuni tra i democratici vogliono mettere in evidenza quanto di illecito e di non fatto, di cattive azioni e di omissioni ha compiuto l'amministrazione Bush, scoprire chi davvero sapeva cosa e quando in riferimento alle armi di distruzione di massa, ad Abu Ghraib, a Katrina, alle tangenti di Abramoff (il massimo lobbista e corruttore, ora sotto inchiesta, del mondo politico statunitense che ha profuso regali un po' a tutti ma ne ha ricevuti sotto forma di sovvenzioni e sussidi pubblici soprattutto dall'amministrazione; n.d.t.) e a tutto il resto del marcio che c'è. E' comprensibile. Ma sarebbe assai meglio se se i democratici usassero il loro nuovo potere per delineare una vera e propria nuova agenda per l'America.

Non serve a niente scavare alla ricerca di altre immondizie. Bush non si ripresenta. John McCain, il repubblicano che sembra la scelta più probabile per rimpiazzarlo, ha preso le distanze dall'amministrazione tanto che non c'è sporcizia sufficiente a sporcarlo. Inoltre, opinione pubblica e media soffrono già di affaticamento da indignazione.

E, in ogni caso, i democratici non sarebbero credibili loro stessi. Sarebbe facile ai repubblicani liquidare i loro sforzi come un altro tentativo di battibeccare sulla vecchia base della partigianeria politicante. Il fatto è che la gente non ne può più di un carico di diffamazioni che non finisce mai.

Insomma. Invece di fermarsi troppo su quel che è andato male, i democratici dovrebbero focalizzarsi su quel che va fatto di giusto. Per esempio:
o Tagliare la minimum tax alternativa, in modo che non colpisca la classe media; e cancellare i tagli alle imposte che Bush ha istituito per i ricchi.
o Aprire il Medicare (il sistema di aiuti sanitari pubblici, oggi diretto solo ai cittadini più indigenti, quelli che da noi si chiamano gli incapienti; n.d.t.) a tutti gli americani che hanno bisogno di un'assicurazione sanitaria in modo tale che tutti se la possano permettere; ed utilizzare il conseguente, e colossale, potere contrattuale del Medicare (come acquirente, a quel punto, di gran lunga maggiore sul mercato) per ridurre (a botte di economie di scala) il prezzo dei farmaci.
o Proibire alle imprese di dedurre dalla loro tassazione i compensi dirigenziali superiori al milione di dollari all'anno.
o  Aumentare il salario minimo e indicizzarlo all'inflazione.
o Riformare la sicurezza sociale, eliminando il limite oggi imposto all'obbligo di contribuire ai pagamenti così che anche chi abbia un salario superiore ai 100.000 dollari all'anno paghi la stessa percentuale di tutti gli altri sul proprio reddito.
o Elevare gli standard oggi definiti di economia energetica, eliminare i sussidi alle compagnie petrolifere ed usare le risorse così risparmiate per investimenti in R & S di base sull'energia che prescinde dalla produzione di anidride carbonica.
o Rinegoziare i protocolli di Kyoto sull'emissione di gas serra.
o E, giacché ci siamo, riconfermare l'adesione alle Convenzioni di Ginevra.
Naturalmente potrei continuare. Ma avete capito il punto.

I democratici dovrebbero utilizzare la forza che hanno ritrovato per far avanzare le loro proposte nella soluzione dei difficili problemi coi quali deve fare i conti l'America. Anche se queste leggi fossero poi bloccate dal veto presidenziale, sarebbero se non altro queste proposte a dettare l'agenda e ad indicare la direzione in cui dovrebbe andare il paese.

Ed è proprio questo il tema sul quale dovrebbero essere corse le elezioni del 2008, iniziate ieri.  
   
(da American Prospect online dell'11.9.2006 - traduzione di Angelo Gennari)
Domenica, 19. Novembre 2006
 

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