I paesi poveri aiutano i paesi ricchi

Per il settimo anno consecutivo, nel 2004 c'è stato un trasferimento netto di risorse dal mondo del sottosviluppo a quello del benessere: 300 miliardi di dollari. Nel 2000 189 paesi avevano preso solenni impegni contro la povertà, tutti disattesi
Nel 2000, proprio all’inizio del terzo millennio, si è svolta all’Onu una assemblea con la partecipazione di 189 capi di Stato e di governo. Il Millennium Summit, come venne battezzato quel solenne consesso, si è concluso con l’approvazione di una risoluzione che definiva gli obbiettivi da raggiungere entro il 2015. L’elenco dei traguardi indicati era volonteroso e persino non privo di ardimento.
 
L’ambiziosa lista conteneva infatti numerosi ed impegnativi propositi. Tra l’altro veniva espressa la volontà di: sradicare la povertà estrema e la fame, dimezzando il numero delle persone costrette a vivere con meno di un dollaro al giorno; garantire l’istruzione primaria a tutti i ragazzi; ridurre di due terzi il tasso di mortalità tra i bambini con meno di cinque anni; estendere le cure alla maternità in modo da ridurre di tre quarti le morti per gravidanza e parto; fermare la diffusione dell’Hiv/Aids, contrastare la malaria ed altre malattie gravi che fanno strage nei paesi poveri; dimezzare il numero delle persone senza accesso all’acqua potabile; assicurare la sostenibilità ambientale del pianeta; trovare una soluzione al debito dei paesi più poveri.

Per far funzionare il Programma d’azione del Millennio i “Paesi donatori” si sono impegnati a rendere disponibili 6,1 miliardi di dollari all’anno. Però nei primi cinque anni le risorse effettivamente messe a disposizione sono state meno della metà. Non sorprende quindi che 2,8 miliardi di persone siano ancora costrette a vivere con meno di due dollari al giorno. Non sorprende che ogni anno 529.000 donne muoiano per complicazioni durante la gravidanza od il parto; in pratica una ogni minuto. Non sorprende che le persone siero-positive abbiano raggiunto la cifra record di 39,4 milioni. E si potrebbe continuare. Tuttavia credo possa essere sufficiente per capire perché  invece di avvicinarci agli obiettivi del Millennio, ce ne stiamo allontanando.

Anzi, si può dire addirittura che è silenziosamente in atto un loro capovolgimento. Questa evoluzione appare evidente se, ad esempio, si prende in esame la “questione del debito” dei Paesi poveri. I termini del problema sono, più o meno, noti. I Paesi del Sud del mondo devono a quelli del Nord circa 2500 miliardi di dollari (400 dei quali erogati tramite la Banca mondiale ed il Fondo monetario internazionale). Così come è noto che finora l’iniziativa per la cancellazione del debito ai 42 dei paesi più poveri ed indebitati ha fatto registrare modesti risultati. Il debito è stato infatti cancellato solo ad 8 paesi. Mentre una misura analoga viene ipotizzata (in un futuro indeterminato) per altri 19. Il tutto, comunque, per un totale di 31 miliardi di dollari, rispetto ai 103 che erano stati previsti nel 2000.

Correlato al problema del debito c’è anche  quello degli aiuti allo sviluppo. Che, secondo le decisioni assunte, avrebbero dovuto essere pari allo 0,7 del Pil (Prodotto interno lordo) di ciascun paese ricco. Ebbene, tranne le lodevoli eccezioni di Svezia, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, tutti gli altri destinano alla cooperazione internazionale molto meno di quanto si erano impegnati a fare. L’Italia è in cima a questa graduatoria negativa avendo messo a disposizione meno di un quarto delle somme promesse. Comunque, secondo l’Onu, mancano non meno di 50 –60 miliardi di dollari all’anno, per fare fronte agli impegni assunti.
 
Per colmare questo buco sono state prospettate diverse (e fantasiose) ipotesi. Nel gennaio 2005, al World Economic Forum di Davos, il presidente francese Jacques Chirac ha proposto l’istituzione di una tassa anti-Aids da realizzare con un prelievo dello 0,001 per cento sui 3.000 miliardi di dollari  che costituiscono le transazioni  finanziarie quotidiane; oppure alternativamente con il prelievo di un dollaro su ogni biglietto aereo venduto nel mondo. La proposta è stata immediatamente condivisa dal premier britannico Tony Blair. Il quale ha però anche aggiunto che per aiutare veramente i Paesi poveri sarebbe necessario aprire alle loro esportazioni i mercati dei Paesi ricchi. Dove, come sappiamo, si ama molto chiacchierare di liberismo, ma si preferisce praticare il protezionismo. Specie per i prodotti agricoli. Per parte sua il rappresentante del governo tedesco ha suggerito una maggiore tassazione dei carburanti e della vendita delle armi.

Si capisce bene che si tratta di idee funzionali ad animare un dibattito, ma di nessuna e comunque scarsa utilità, per cambiare effettivamente i termini della situazione in atto. Non è un caso che mentre si svolgeva, a beneficio dei media, questa discussione si veniva contemporaneamente a sapere che, per il settimo anno consecutivo, i flussi finanziari a livello mondiale facevano registrare un trasferimento netto di risorse  dai Pesi in via di sviluppo e dai Paesi poveri verso quelli ricchi. Al punto che, nel 2004, questo trasferimento ha raggiunto il livello record di 300 miliardi di dollari.

Possiamo fingere di essere sorpresi e considerare il dato clamoroso. Sarebbe preferibile che venisse invece considerato illuminante. Esso ci può infatti aiutare a capire che, mentre si continua a discutere (senza apprezzabili ricadute pratiche) sul modo migliore di ridurre la povertà di molti paesi del mondo, i fatti vanno per conto loro. Vale a dire  nella direzione opposta. Così che, per quanto il dato possa apparire paradossale, sono in effetti i paesi poveri  ad aiutare quelli ricchi.
Domenica, 23. Ottobre 2005
 

SOCIAL

 

CONTATTI