I misteri della finanza del Cavaliere

Dopo la vendita del 17% di Mediaset, un punto sulla situazione dell'impero televisivo di Berlusconi e sui possibili sviluppi

1. A metà aprile, la società Fininvest annunciava di aver "avviato il collocamento" del 16,68 per cento del capitale della controllata Mediaset. Fatti i conti, gli analisti calcolavano che si trattava di un pacco di 197 milioni di azioni, per un ipotetico controvalore di 2.167 milioni di euro, calcolando un prezzo vicino a quello di mercato, allora di 11 euro per azione. Appresa la novità, il valore di borsa delle azioni Mediaset scendeva bruscamente del 4 per cento.  Essendo Mediaset quotata in borsa, la Consob annotava l'avvenuto trasferimento, presentando un nuovo elenco degli azionisti. Le azioni erano passate da Fininvest al "mercato" qualsiasi cosa questa parola, mercato, significhi.

2. La partecipazione di Fininvest, dalla precedente maggioranza assoluta del 50,99 per cento, si sarebbe ridotta al 34,31. Per qualche ora si discusse se una tale decurtazione avrebbe ridotto o meno il conflitto d'interessi del proprietario di Fininvest e presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi. La destra che pure ne aveva a lungo negato l'esistenza, ne era convinta; però era preoccupata per il segnale di sgretolamento delle difese comuni e per l'immagine pubblica di un Berlusconi meno ferrato. La sinistra, che aveva sempre auspicato un simile primo passo, lamentava adesso il pericolo per la sopravvivenza dell'italianità della televisione commerciale. 

3. L'operazione di disimpegno, operata con la collaborazione della banca d'affari Jp Morgan, era motivata ufficialmente così: Fininvest "sarà in condizione di azzerare le proprie passività finanziarie e di poter contare su una rilevante liquidità da destinarsi a possibili nuovi investimenti". In effetti con quattromila e passa di vecchi miliardi si poteva abbattere le passività e avere qualcosa per nuovi investimenti. Ma le passività di chi e per quali investimenti?

A ben vedere le passività di Fininvest, ricalcolate da Mediobanca, superano quella cifra: quelle a medio e lungo termine nel bilancio 2003 erano pari a 324 milioni e quelle a breve 2.637 milioni. Ma certo si può loro dare una bella scorciata. Sugli investimenti futuri non si sa proprio niente; solo congetture.

4. Prima di Fininvest, anche gli altri due azionisti importanti, con partecipazioni superiori al 2 per cento e pertanto rilevate dalla Consob, Capital Researches and Management e Lehman Brothers, avevano ceduto i loro pacchetti; i fratelli Lehman (titolari del 2,332 per cento) nella prima metà del 2004 e l'altro Fondo in questione (2,051 per cento) nella seconda metà. A questo punto erano passate di mano azioni per oltre il 20 per cento (21,063). Di nuovo ci si chiede: sono state sparpagliate in decine o centinaia di Fondi, oppure qualcuno le ha raccolte, per ora senza farsi notare?  C'è realmente un secondo grande azionista per Mediaset, uno spettacolare Murdoch nel nostro futuro? Oppure sarà Fininvest a ricomprare di nascosto, a prezzi più favorevoli, seguendo il sistema già adottato con Il Giornale e con le attività edilizie del gruppo? Chi ha comprato dai fratelli Lehman e consorti? E infine, Fininvest cercherà nuove opportunità nell'empireo della finanza, oppure rimarrà sul terreno dei media?

Su quest'ultimo punto si è sviluppata una crescente attenzione intorno al Corriere della sera-Rcs Mediagroup, una società con un valore di Borsa di 3,6 miliardi di euro, controllata fino al giugno 2007 da un sindacato detentore della maggioranza assoluta delle azioni, capeggiato da Fiat e Banca Intesa e sotto attacco da parte di un eterogeneo gruppo di scalatori, come l'immobiliarista Stefano Ricucci e il proprietario del Messaggero Gaetano Caltagirone. Che siano la longa manus di Fininvest? Arriveranno a lanciare un Offerta pubblica di acquisto tale da scardinare il sindacato?

Forse condividendo la curiosità generale, il direttore del Corriere Paolo Mieli ha fatto immediata visita al presidente del Consiglio e azionista di Fininvest. La legge Gasparri (art. 15, punto 6) prevede che Fininvest non possa comprare il Corriere prima del 31 dicembre 2010. Ormai Gasparri, il difensore della libertà d'informazione, non c'è più; inoltre nessuno impedisce che si possa operare copertamente attraverso mani amiche; e nel frattempo ottenere un Corriere meno aggressivo con il governo .

5. Lasciando per ora la questione irrisolta, torniamo a Fininvest. Secondo la Consob e giustamente dal suo punto vista, Fininvest fa capo interamente a Silvio Berlusconi. Se poi si bada all'azionariato, per esempio utilizzando la tabella di R&S (Ricerche & Studi Spa), una società di Mediobanca, risulta che Silvio Berlusconi è direttamente proprietario solo del 2,06459 per cento del capitale, mentre il resto è in proprietà di ventidue holding tutte con lo stesso nome, secondo lo stile prevalente in alcune famiglie siciliane, in cui tutti hanno il nome del capostipite. Qui il capostipite è Holding Italiana Prima con il 15,268 per cento del capitale; e poi a seguire le altre Holding Italiane, con numeri crescenti e partecipazioni decrescenti, fino arrivare all'ultima, la ventiduesima (un po' come il partito repubblicano di Giorgio La Malfa nella Casa delle libertà) che detiene l'1,88267.

6. Il sistema delle ventidue società è stato spesso studiato, ma senza arrivare a risultati concreti. Di solito si preferisce pensare che sia il modo migliore per nascondere qualche socio innominabile, legato ad oscure origini del capitale berlusconiano, ma la ricerca in questa direzione non ha mai avuto sviluppi utili. Per quel che conta, si può  perfino pensare che sia uno dei piccoli segreti della finanza creativa, ante litteram. E' probabile che Berlusconi in epoca molto precedente alla "discesa in campo" abbia inteso costruire un insieme impenetrabile ai funzionari del fisco, anche ai più navigati ed esperti; qualcosa che allo stesso tempo fosse sufficientemente articolato e al tempo stesso flessibile, in caso di rapido smobilizzo. Chi, allora, avrebbe mai pensato a un futuro in cui il fisco sarebbe stato sotto il suo comando?

7. Ventidue società rispondono alle esigenze molto meglio di una. Anche il vecchio Rockefeller aveva trovato opportuno moltiplicare le sue società rispondendo a esigenze che più tardi sono apparse del tutto ragionevoli. E' possibile infine che in questo caso, con le società sorelle si sia trovato il modo di tutelare gli interessi della loro congiunta, la prima, ripudiata,  moglie di Berlusconi, la madre di Marina e Piersilvio, oggi vicepresidenti di Fininvest l'una e di Mediaset l'altro.

8. Tutti parlano bene dei paradisi fiscali, tra le dolci onde dei Caraibi. Cosa c'è di meglio che costruirsi i Caraibi in casa?

 

Mercoledì, 27. Aprile 2005
 

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