I 'Massoni di Dio'

L'Opus Dei descritta dal di dentro da una sua ex dirigente

Mentre Roma viene invasa dai pellegrini che non vogliono mancare alla proclamazione della santità di José Marìa Escrivà de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, e gran parte della stampa è invasa da paginate sull’eccezionale personalità del prelato spagnolo, non sarebbe inutile riprendere in mano un libro uscito alcuni anni fa, ma che ha il pregio di essere una delle poche testimonianze di chi è stato moltissimi anni in quell’organizzazione, ricoprendo anche incarichi di vertice, e ne è poi uscito.

E’ questo il caso di Marìa del Carmen Tapia, che nel suo libro “Oltre la soglia – Una vita nell’Opus Dei” (ed. Baldini & Castoldi, 1996, 436 pagine più un altro centinaio di documenti) descrive la sua vita di “numeraria” (i “soprannumerari” sono invece quelli che “vivono nel mondo”, a volte facendo voto di castità e a volte sposandosi).

“Durante quel periodo mi avvidi ancora una volta che la nostra vita di numerarie non aveva nulla a che vedere con l’apostolato fra i poveri, benché si raccomandasse alle ragazze di San Raffaele di visitare i bisognosi. Quando ne parlavo con la direttrice mi diceva che dell’apostolato fra i poveri si occupavano altre congregazioni religiose, ma che il “nostro compito” era l’apostolato “fra gli intellettuali”, cioè fra i maggiorenti della società. Cosa che sentii ripetere anni dopo da monsignor Escrivà, benché egli raccomandasse che le ragazze che venivano nelle nostre case visitassero i poveri, accompagnate da qualche giovane vocazione, per avvicinarsi all’Opus Dei. Vale a dire che le visite ai poveri servivano a fare proselitismo fra le ragazze che venivano da noi, e non erano un genuino apostolato fra i bisognosi”.

Da questo brano emerge la specificità dell’Opus Dei, i cui membri potrebbero ben essere definiti “i Massoni di Dio” se non temessimo di far torto ad almeno una parte della Massoneria. L’organizzazione non sa che farsene dei poveretti, e se ci capita dentro – ma è difficile “capitare” nell’Opus, perché si viene reclutati e cioè scelti – qualcuno che viene ritenuto di scarsa intelligenza, si fa in modo di allontanarlo. Chi viene scelto, invece, passo dopo passo sarà plasmato secondo un modello che lo stesso Escrivà ha tracciato (il suo libricino, “Cammino”, nell’organizzazione è assai più importante del Vangelo). Un modello che, per fare un esempio, può prevedere ad un certo momento della vita la richiesta di diventare prete.

L’Opera, insomma, ha una forte attrazione per il potere – naturalmente per “fare il bene” – senza nemmeno una pregiudiziale democratica, come si è visto dal fatto che nella Spagna di Franco è diventata potentissima, arrivando a conquistare con i suoi adepti la maggioranza dei posti-chiave nella politica, nella finanza e nell’istruzione. Ma ancor di più spaventa il suo carattere settario, la sua volontà egemonica anche rispetto ad altre realtà del mondo cattolico.

Nel momento della sua massima gloria all’interno della Chiesa cattolica, perciò, sarebbe davvero bene che molti leggessero le memorie della povera Marìa del Carmen, naturalmente liquidata dall’Opus come psicotica e animata da insano spirito di vendetta. In tutta questa glorificazione di Escrivà, altrimenti, si rischia davvero di rimanere abbagliati.

Venerdì, 4. Ottobre 2002
 

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