I Lumpendisoccupati

Quando si parla della necessità di riqualificare chi è rimasto senza lavoro si dice una cosa giusta, ma rischiando di ripetere una formula generica. Le analisi sul territorio mostrano che una parte di costoro è a forte rischio di emarginazione se non si studiano strategie specifiche. Il caso di Torino
Le affermazioni sulla nuova realtà del lavoro, (non solo esecuzione di un'attività, ma anche elaborazione culturale) sembrano essere diventate senso comune.  Non si perde occasione per ribadire che la figura prevalente di lavoratore è quella di una persona capace di imparare facendo e di procedere continuamente nella sua formazione. Non ci si stanca di sostenere la necessità di un contesto culturale, politico ed istituzionale in cui lavoro, formazione e "altro" (loisir, impegno volontario) non siano rigidamente suddivisi, ma possano essere messi in gioco continuamente nel corso della vita, in rapporto alle opportunità, alle necessità, ma soprattutto alle attese di ciascuno.
 
Tuttavia, quando si affronta il problema di tradurre questi obiettivi in realtà con interventi puntuali di sostegno, queste nobili affermazioni finiscono spesso a sostenere genericamente la "assoluta necessità della formazione", mentre si dedica poca attenzione a quel particolare  mix di aspettative individuali e condizioni sociali e culturali che determinano il comportamento delle persone nel mercato del lavoro. Altrettanto poco si fa uso dei dati e delle analisi dei mercati del lavoro locali (differenziati per ambiti professionali, per età, per appartenenza di genere, per scolarità e per tipologie contrattuali). Dovrebbe invece essere la conoscenza analitica di entrambi questi elementi (le persone in cerca di occupazione e i mercati del lavoro) il punto di partenza per progettare e proporre formazione alle persone.
 
Se si muove in questa direzione, si vedrà come la disoccupazione adulta si intreccia, nella maggioranza dei casi, con bassi livelli di scolarità ed esperienze di lavoro a scarso contenuto professionale, mentre la condizione giovanile nel lavoro vede emergere una precarietà e una flessibilità che può rappresentare uno stimolo ed un'esperienza vitale per chi possiede una solida cultura di base ed una precisa formazione tecnica, ma che si traduce in serio pericolo di progressiva esclusione sociale per quella consistente fascia di giovani che si presenta sul mercato del lavoro con al più il titolo di licenza media. (Per vedere un grafico clicca qui e per tornare all'articolo fai "indietro" sulla freccia del browser).
 
In questo contesto le ripetute affermazioni sulla centralità e sullo sviluppo della formazione continua sul lavoro e per il lavoro assumono un significato più limitato di quel che la retorica dominante vorrebbe farci credere.
 
L'area di coloro che per difficoltà culturale non possono misurarsi con il lavoro moderno, sia in senso tecnologico sia organizzativo, è vasta e il sistema di formazione continua delle imprese non è in grado di farsene carico. Se a questo si aggiunge il processo di crescente precarizzazione dei contratti, che investe in particolare il lavoro più semplice ed esecutivo, risulta evidente che siamo certamente nel mezzo del cambiamento del lavoro e delle relazioni sociali. Ma il cambiamento che viviamo non è quello di una società del sapere e della conoscenza gioiosamente e tranquillamente in marcia, ma quello di un paesaggio sociale e culturale frantumato, ambiguo, contraddittorio dove la costruzione della società della conoscenza rimane una scommessa obbligata, ma difficile e complessa.

La situazione dell'occupazione a Torino
 
La situazione esistente a Torino ha a che vedere con le questioni esposte?
A me pare di si,  anzi mi pare che Torino tutte le comprende e le declina in modo evidente e per certi versi esemplare: pochi giovani (solo il 16% delle forze di lavoro), molti adulti e adulti maturi con una preoccupante diffusione della bassa scolarità (il 49,7% delle forze di lavoro con più di 30 anni non supera la licenza media).
(Per il grafico clicca qui e per tornare all'articolo fai "indietro" sulla freccia del browser).
 
Questa composizione delle forze di lavoro si misura con una situazione sul versante produttivo fortemente critica.
 
Una grave crisi industriale che determina un rilevante flusso di esuberi dalle fabbriche. Questo crea per il momento sacche di disoccupazione ancora contenute, per l'accorto uso degli ammortizzatori. Tuttavia il ciclo CIGS-mobilità, in assenza di una spinta espansiva,
- si allarga a comprendere imprese finora non interessate dalla crisi 
- nelle aziende gia toccate dal fenomeno, produce fallimenti o chiusure di attività
- investe manodopera più giovane, una volta completate le dismissioni dei lavoratori prossimi all'età pensionabile, alimentando potenzialmente il bacino di disoccupazione.
 
Il flusso di iscrizioni alla mobilità nel 2004 evidenzia infatti:
1. una crescita concentrata fra i lavoratori nelle fasce di età centrali, tra i 30 e i 49 anni (+24%), a fronte di una riduzione nelle immissioni di soggetti ultracinquantenni (-4%);
2. un incremento generalizzato dei lavoratori non indennizzati provenienti dalle imprese minori (+20%);
3. una preoccupante espansione delle espulsioni dal lavoro anche dal commercio, dai servizi alle imprese e dal ramo edile.
 
Malgrado questo quadro negativo, lo sviluppo del terziario ha però consentito non solo di reggere l'impatto della crisi industriale, ma anche di innalzare i livelli occupazionali, anche se tutto l'incremento delle assunzioni è coperto dai contratti a tempo determinato (quelli di carattere stabile segnano un lieve regresso).  L'ingresso al lavoro è ormai appannaggio di forme contrattuali a termine, che interessano i 3/4 delle assunzioni: si instaurano successivamente processi di stabilizzazione, come indicano i dati di stock, dove l'occupazione temporanea ha un rilievo contenuto, inferiore al 10% del totale, ma questi sono piuttosto lunghi e tortuosi. L'invecchiamento della forza lavoro tende, infine, ad accrescere l'esposizione a questo fenomeno dei giovani e delle donne.
 
Questo equilibrio fra spinte recessive ed espansive appare arduo da sostenere se non riparte il ciclo economico e produttivo e se non si costruiscono politiche pubbliche mirate del lavoro e della formazione strutturate intorno ad alcuni capitoli d'intervento prioritari.
 
Un nuovo ceto dirigente tecnico-politico
 
Se queste sono le questioni, non è sufficiente ribadire le buone ragioni che impongono la ricostruzione del sistema formativo e richiamare le linee che dovrebbero caratterizzare questa ricostruzione.
 
La brillante vittoria elettorale conseguita dal centro sinistra  deve essere in grado di metter in opera nelle Regioni una nuova classe dirigente dell'educazione, dell'istruzione e della formazione. Tanto il disegno politico, culturale e sociale necessario a ricostruire il sistema, quanto il perseguimento degli obiettivi che il sistema ricostruito comporta hanno bisogno di una visione d'insieme e di competenze specifiche che il tradizionale avvicendamento post elettorale di ceto politico non è in grado di garantire. C'è bisogno di raccogliere esperienze eccellenti, di mobilitare intelligenze, individuare competenze diversificate, organizzarle intorno ai nuovi governi regionali, guardare e riflettere sui  tentativi e sulle esperienze già realizzate o in corso (si pensi, pur su versanti diversi, alle elaborazioni ed alle misure adottate in Emilia ed in Toscana).
 
Con la cautela ed il realismo necessari mi auguro e mi aspetto in Piemonte ed a Torino la costruzione  una squadra tecnico-politica di governo che lavori in modo coordinato per elaborare, definire ed organizzare:
- le linee politiche della ricostruzione del sistema 
- l'elaborazione culturale che la motiva e la sostiene, 
- la discussione e l'acquisizione del consenso (n particolare, ma non solo, nel mondo della scuola e della formazione), 
- le attività di ricerca necessarie ad individuare nodi critici e priorità  (non solo conoscenza della domanda sociale, culturale e professionale, ma anche azione di coinvolgimento e partecipazione),
- il sistema indipendente di valutazione di merito dei risultati conseguiti,
- il disegno istituzionale del nuovo sistema.
 
(Massimo Negarville fa parte dell'Associazione Formazione '80 - ricerca, studi e progetti per l'educazione degli adulti)

Giovedì, 23. Giugno 2005
 

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