Per i conti pubblici una riforma gesuitica

Una nuova legge sul procedimento di formazione e deliberazione del bilancio dello Stato. Ma manca qualsiasi riflessione sull'esperienza degli ultimi 30 anni e soprattutto mancano trasparenza e reale possibilità di controllo politico

Le Camere stanno per approvare una completa riscrittura della legge cornice che oggi regola il procedimento di formazione e deliberazione del bilancio dello Stato, annuale e pluriennale (legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni). L’obiettivo sembra essere quello di collocare tutta la complessiva formazione dei conti pubblici in un sistema di raccordi e integrazioni tra i diversi soggetti territoriali che compongono il settore Istat delle  pubbliche amministrazioni (coerente con i conti europei come definiti dalla convenzione “Sec 95”), idoneo a farsi carico del nuovo contesto costituzionale del Titolo V (comunemente noto come “federalismo”, n.d.r.).

 

Ci sarà tempo e modo per gli studiosi di analizzare con cura un testo complesso  che chiama in gioco molti piani di lettura: la struttura dei bilanci pubblici; la qualità  del controllo contabile; i luoghi di elaborazione e le forme di trasmissione dei dati di finanza pubblica e di coordinamento delle scelte tra centro ed autonomie, il ruolo delle Camere. Con queste note vorremmo svolgere alcune considerazioni generali e introduttive sul nesso tra rappresentanza e decisione, declinato  nell’ottica specifica del rapporto tecnica - politica in materia di scelte di bilancio.

 

Chi scrive è convinto che nell’attuale fase istituzionale dovrebbe essere sviluppata una ampia e profonda riflessione, politica e tecnica, sulla morfologia che i bilanci pubblici (dello Stato e degli enti territoriali  dotati di autonomia fiscale) devono assumere per assolvere al meglio le funzioni che massimizzano la qualità democratica di un sistema politico-economico. Vi è consenso tra gli studiosi nell’ indicare nella qualità dell’accountability un elemento cruciale per comprendere in che modo il governo risponde del proprio operato nei confronti del Parlamento e , più in generale, in che modo lo stesso Parlamento, come istituzione, risponde di fronte agli elettori delle modalità con cui controlla l’operato del governo.

 

Per accountability intendiamo la possibilità attraverso l’esame dei bilanci pubblici di: (a) comprendere le scelte allocative e distributive incorporate nei documenti; (b) individuare il livello di responsabilità, rispettivamente  politica e amministrava, cui ricondurre scelte delle priorità, gestione delle risorse e verifica dei risultati. La struttura dei bilanci pubblici dovrebbe consentire di svolgere entrambe le funzioni ora descritte, controllo delle scelte politiche e  controllo della gestione amministrativa, riferite ad involucri di risorse destinate a finalità ben determinate. Il criterio della specializzazione dei bilanci pubblici nasce e si svolge storicamente proprio su questo terreno. I programmi, già introdotti nel bilancio dello Stato 2008, dovrebbero costituire il nuovo limite autorizzativo entro cui svolgere le funzioni prima indicate.

 

Ora , nella attuale fase politico istituzionale è evidente la sostanziale perdita di peso decisionale delle Camere; in un quadro equilibrato  di razionalizzazione del sistema parlamentare ciò dovrebbe essere contro bilanciato da robusti ed efficaci sistemi e strumenti parlamentari di controllo; tuttavia la situazione reale si può riassumere nei seguenti termini: l’agenda, i tempi e i modi di discussione delle leggi sono completamente nelle mani del governo (raffiche di decreti  legge; maxi emendamenti; fiducie ecc,) , mentre  gli strumenti di controllo sono del tutto muti o solo formali. L’opposizione, nel silenzio e nell’indifferenza della maggioranza, svolge le sue critiche come un compitino da scolaro diligente ; il grado di analisi dei testi è debole, gli elementi di informazione  e di analisi chiesti sono forniti dal governo in modo sciatto e burocratico; la burocrazia delle Camere replica, con qualche timida domanda, il percorso argomentativo contenuto nelle relazioni tecniche predisposte dalla Ragioneria generale dello Stato, che rimane  il vero dominus di tutto il processo informativo. E nel campo dei conti pubblici l’informazione è il potere. La funzione dei Servizi del bilancio delle Camere si è ristretta in sostanza ad una specie di”ragioneria dei poveri”. Tutta la cifra dei ragionamenti resta dentro un’impostazione esasperatamente giuridico contabile che poco dice sullo stato e i problemi reali delle politiche pubbliche.

 

Eppure la discussione su un testo che ha l’ambizione di rinnovare trenta anni di esperienze, con molte luci e moltissime ombre, e che tocca il cuore dei rapporti tra governo e Camere, avrebbe meritato forse una tensione e attenzione politico-culturale assai più profonda.

 

La quantità di dati ed elaborazioni di finanza pubblica da trasmettere alle Camere aumenta considerevolmente nel testo che si avvia concludere l’iter. Le funzioni di coordinamento tra centro ed autonomie fiscali  divengono molto  più complesse; i tempi della decisione in Parlamento si restringono; bilancio e finanziaria vengono presentati entro il 15 ottobre, il Documento quadro entro il 20 settembre; ma non è tanto un problema di tempi quanto di strumenti. La struttura autorizzativa del bilancio cambia in profondità, chiamando in gioco ruolo e responsabilità della dirigenza. Si apre in modo contraddittorio ad una  prospettica di conti di sola cassa, carica di reali implicazioni innovative, se percorsa con convinzione.

Le strutture di controllo parlamentare rimangono sostanzialmente le stesse. Tutto il processo resta impostato sugli stessi assi di fondo (decisione quadro di finanza pubblica; legge di bilancio e legge finanziaria, collegati). Ma il nesso tra qualità e modi di formazione dei dati e strumenti di controllo resta del tutto nell’ombra; come se questi trenta  anni di esperienza ci consegnassero un quadro soddisfacente, da confermare. Come se il ciclo delle quantificazioni e dell’analisi dei testi di spesa e di minore entrata ci raccontassero  una storia di successi. 

 

Mentre la riforma era in esame si è sviluppata una ampia discussione sulla questione dei debiti verso fornitori accumulati dallo Stato e dalla Pubblica amministrazione. Sono cifre impressionanti: si va dai 30  ai 60 miliardi di euro secondo le diverse fonti. Come è possibile che un tale conflitto di informazioni non abbia fatto scattare la necessità di una verifica serrata e rigorosa sulle cause, le quantità e le certificazioni contabili che documentano (o meglio che non documentano) una tale anomalia? Si tratta di un tema che riassume in sé tutte le disfunzioni, gestionali ed informative, della finanza pubblica italiana: rimanda alla opacità e alla inefficacia complessiva dei sistemi di controllo contabile e alla funzione degli organi interni (ragionerie e comitati per il controllo di gestione) ed esterni (Corte dei Conti). Rimanda soprattutto alla incapacità delle Camere di assolvere alla loro genetica funzione di controllo, a cui abbiamo alluso in avvio di questa breve riflessione.

 

Finanza pubblica trasparente  e buona gestione sono i nessi di fondo di una democrazia. Ma questi nessi richiedono una rivisitazione rigorosa dei luoghi, degli strumenti, dei modi e dei tempi con cui si confrontano tecnica e politica. Le istituzioni del bilancio pubblico sono il sancta sanctorum delle istituzioni repubblicane e democratiche. 

 

Questa incapacità di leggere criticamente nelle debolezze e nelle contraddizioni dei processi istituzionali e nella esperienza del passato, appare come la debolezza più grave di un sistema paese e delle sue classi dirigenti, che in tutti i passaggi in cui dovrebbero dare prova di realismo e capacità di analisi lucida si rifugiano nella retorica di mere  soluzioni normative, dettate dai corpi forti della burocrazia, con scarsa capacità di leggere criticamente nell’esperienza: prevale un certo continuismo gesuitico che fa solo male al paese.

 

Tutto ciò a dispetto (forse a conferma) della retorica sul federalismo fiscale e la riforma della pubblica amministrazione. Una politica debole nella sostanza e forte solo nella propaganda usa e si fa usare da burocrazie tecniche, deboli nella sostanza ma forti nel potere che hanno occupato e difendono. Ma una democrazia senza istituzioni pubbliche forti e trasparenti è destinata ad essere guidata dalle emozioni e dalla propaganda.
Domenica, 15. Novembre 2009
 

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