La Cdu ha avuto il Cancelliere, ma ha dovuto rinunciare a tutti i suoi progetti liberisti: si prevedono solo modesti aggiustamenti alle riforme di Schroeder. E se non arriva la ripresa saranno guai
Prima delle elezioni, nessun partito voleva la Grande Coalizione. È dunque tanto più sorprendente la rapidità con cui i due grandi partiti popolari si sono accordati per questa alleanza. La ragione non sta soltanto nell'impossibilità di altre possibili aggregazioni (anche se, almeno sulla carta, le differenze politiche non erano poi così grandi), ma anche nel fatto che nella società c'erano importanti forze che questa coalizione la volevano. Tra le maggiori, la burocrazia statale come pure rilevanti forze all'interno sia dei sindacati che del mondo imprenditoriale.
Era ampiamente diffusa l'idea che la realizzazione di riforme strutturali e il risanamento del bilancio statale richiedesse, in uno Stato federale, la collaborazione dei maggiori partiti. Del resto, non è un fatto nuovo: già in passato, a causa delle differenti maggioranze nel Bundestag (il Parlamento federale) e nel Bundesrat (la Camera dei Länder), si sono realizzate intese nell'ambito della Commissione di conciliazione su importanti leggi: ad esempio per le riforme del mercato del lavoro, della sanità, del fisco e delle pensioni.
Ma la Grande Coalizione si è imposta anche perché il risultato elettorale non consentiva una maggioranza per una politica neoliberale nel quadro di una coalizione tra Cdu/Csu e Partito liberale. Ampi settori della Cdu e della Csu (e molti loro elettori) non vogliono sostanziali cambiamenti nel sistema tedesco di welfare. Certo, vanno bene delle riforme che però salvaguardino la sostanza del sistema, ma alla larga da esperimenti di tipo anglosassone, nei quali il mercato sostituisce, nel sistema di sicurezza sociale, la funzione ordinatrice dello Stato.
Dal momento che i due maggiori gruppi parlamentari grosso modo si equivalgono e i cristiano-democratici, grazie al piccolo aumento elettorale, hanno potuto imporre il proprio cancelliere, i socialdemocratici hanno potuto stoppare, nelle trattative per la coalizione, tutte le proposte neoliberali più radicali che erano state sbandierate in campagna elettorale e che, peraltro, i cristiano-democratici non hanno sostenuto con troppa energia durante il negoziato.
Il risultato elettorale ha prodotto anche maggiore trasparenza, perché ora - con un forte Partito della sinistra e un Partito liberale rafforzato - abbiamo due forze di opposizione ideologicamente ben caratterizzate, il cui ruolo critico dovrebbe costringere il governo a mettere le carte in tavola. Resta da vedere quale ruolo giocheranno i Verdi: in una costellazione parlamentare del genere non avranno vita facile.
L'accordo di coalizione si muove in una prospettiva di consolidamento e, su questa base, di conquista di nuovi spazi di azione. Decisiva sarà la creazione di un clima di fiducia. Vale la pena fare attenzione al risanamento della finanze statali e ai ritocchi, peraltro assai modesti, alle riforme introdotte dal governo Schröder. Non c'è nessun grande progetto di riforme, né è prevista un'incisiva manovra per rimettere in moto la congiuntura. Anche la riforma del federalismo ha carattere prevalentemente tecnico, volta in sostanza a migliorare il l'interazione fra i Länder e la Federazione. Si tratta, in particolare, di una ridistribuzione di competenze tra Federazione e Länder, con un indebolimento del Bundesrat e un rafforzamento dei poteri legislativi dei parlamenti dei Länder.
Un ruolo chiave nell'accordo di coalizione è attribuito al risanamento del bilancio federale. Va notato che tale risanamento, che deve fare i conti con un deficit strutturale calcolato 35 miliardi di euro, dovrebbe avere efficacia solo a partire nel 2007. Sono previsti un aumento di imposte e contributi di 10 miliardi di euro, un risparmio sulla spesa di 10 miliardi di euro e un abbattimento delle sovvenzioni di 5 miliardi di euro. In evidenza l'aumento dell'Iva di tre punti percentuali, dal 16 al 19%, ma solo a partire dal 1° gennaio 2007. Non si vuole strozzare la congiuntura.
Le misure per migliorare le condizioni base dell'economia e per una maggiore crescita riguardano piccoli alleggerimenti fiscali per le imprese (detrazioni); la diminuzione di 2 punti percentuali dei contributi sociali a carico di lavoratori e aziende (assicurazione per la disoccupazione), sempre a partire dal 1° gennaio 2007; un aumento della spesa statale per ricerca e sviluppo del 3 per cento del Pil fino al 2010; un programma di investimenti dell'ordine di 25 miliardi di euro per l'intera legislatura.
Nell'ambito della politica di mercato del lavoro, il periodo di prova per i nuovi assunti viene allungato da sei mesi a due anni (contemporaneamente, viene eliminata la possibilità di assunzioni a tempo determinato senza ragioni oggettive al di fuori del personale delle imprese di nuova costituzione). Si provvederà, inoltre, a correggere alcune piccole ma costose incongruenze delle cosiddette "riforme Hartz" introdotte da Gerhard Schröder (ad esempio, riducendo le elevate sovvenzioni per la costituzione di nuove imprese, eliminando la possibilità per i giovani disoccupati, che lasciano l'abitazione dei genitori, di percepire il "sussidio di disoccupazione II" e un contributo per la casa).
Nel campo della sicurezza sociale sono poche le decisioni concrete assunte. Da rilevare l'elevamento dell'età di entrata in pensione per uomini e donne da 65 a 67 anni, da introdurre gradualmente tra il 2012 e il 2035. È stato inoltre deciso di ridurre i contributi statali alle assicurazioni obbligatorie sanitarie e previdenziali. La contribuzione all'assicurazione previdenziale verrà elevata dello 0,4% sia per i lavoratori che per i datori di lavoro.
Dal punto di vista della politica distributiva i socialmente più deboli hanno perduto. L'elevamento dell'Iva colpisce più duramente coloro che non sono in grado di risparmiare. Dall'abbassamento dei contributi sociali i pensionati non traggono alcun vantaggio. È poi tutto da vedere se la prevista diminuzione dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione non sarà mangiata dall'aumento dei contributi previdenziali e per l'assistenza sanitaria (dove il contributo dello Stato dovrebbe essere ridotto a zero). Le tasse per i ricchi e i sussidi finanziari aggiuntivi per le famiglie con figli non compenseranno i molteplici aggravi che peseranno sui meno abbienti. Le ripercussioni sul potere d'acquisto generale saranno assai negative, se la crescita economica non arriverà.
La questione decisiva per il successo della Grande Coalizione è se questa crescita arriva o no, se il nuovo governo sarà capace di trasmettere a consumatori e investitori la sufficiente fiducia per spendere soldi e come tutto ciò potrà irradiarsi sull'economia europea.
Venerdì, 18. Novembre 2005