In Germania un contratto d'acciaio

Il sindacato tedesco da qualche tempo batte il chiodo dell’emergenza salariale. Con buoni risultati. Lo dimostra il recente contratto dei lavoratori siderurgici, che hanno spuntato un aumento del 5,2 per cento

Un aumento del 5,2 per cento, a partire dal 1° marzo 2008, più 200 euro una tantum a copertura del mese di febbraio; inoltre 70 euro in più al mese per gli apprendisti. La scadenza del contratto è il 31 marzo 2009. Non è un risultato da poco per i lavoratori della siderurgia tedesca, in massima parte concentrati nei territori del Nord-Ovest: 85.000 in Renania Nord-Vestfalia, Bassa Sassonia, Brema, più altri 8.000 circa nell’ex Germania Est (Berlino, Brandenburgo, Sassonia).

 

L’accordo, definitivamente approvato il 25 febbraio dalla Commissione per il contratto, è stato raggiunto tra il 19 e il 21 febbraio, dapprima nel Nord-Ovest e subito dopo nei distretti dell’Est, sotto la pressione crescente degli scioperi “di avvertimento”, un minaccioso anticipo di quanto sarebbe successo con lo sciopero a oltranza, che sarebbe scattato nel caso di una rottura della trattativa. Questa eventualità – si legge in una nota della IG Metall – avrebbe avuto “effetti devastanti” per le imprese del settore, i cui affari stanno andando da tempo a gonfie vele e che di tutto hanno bisogno fuorché di una conflittualità prevedibilmente esplosiva, considerato che il sì nel referendum tra gli iscritti per lo sciopero a oltranza era dato per scontato, vista l’ottima riuscita degli scioperi di avvertimento.

 

La richiesta iniziale era di un aumento dell’8 per cento; gli imprenditori si erano spinti fino a offrire un più 3,5 per cento, ma l’IG-Metall aveva risposto picche. Poi la svolta, quando il sindacato ha dichiarato il suo punto di caduta definitivo: “almeno un 5 per cento con qualcosa in più dopo la virgola”. Ed ecco il 5,2 per cento, un risultato nettamente al di sopra del tasso di inflazione, attualmente attorno al 3 per cento, che assicura ai lavoratori, oltre alla tutela del potere d’acquisto, la loro giusta parte negli incrementi di produttività (si tenga presente che la contrattazione in Germania non dispone del livello aziendale per ridistribuire i benefici derivanti dall’aumento della produttività). Si è anche convenuto di aprire un trattativa, da concludersi entro giugno 2006, per l’introduzione di un nuovo sistema di classificazione e retribuzione che unifica i trattamenti tra operai e impiegati.

 

“È il miglior risultato da 15 anni a questa parte”, ha dichiarato il capodelegazione sindacale Oliver Burckhard appena raggiunto l’accordo nel Nord-Ovest nella notte tra il 19 e il 20 febbraio. E tuttavia non si fa trionfalismo. L’IG Metall non nasconde che non è stato possibile raggiungere l’altra rivendicazione avanzata, vale a dire la richiesta di ulteriori giornate di riposo per i lavoratori più anziani, in un settore dove il lavoro è esposto a condizioni particolarmente usuranti e rischiose. Su questo i datori di lavoro hanno eretto una barriera insormontabile, confermando l’antico tabù della riduzione di orario. “Ma il tema – assicura la IG Metall – rimane all’ordine del giorno”.

 

Se la platea dei lavoratori interessati è relativamente ridotta, il risultato raggiunto ha un valore elevato, e non solo simbolico. Anche perché altre vertenze sono in corso o di imminente apertura.

Di particolare rilievo, anche per il numero dei lavoratori interessati, è il rinnovo contrattuale dei dipendenti del pubblico impiego (160.000 mila a livello federale, 1.150.000 a livello comunale), organizzati nel maxisindacato dei servizi dalla strana sigla “ver.di” (scritta proprio così, in minuscolo: da un lato abbrevia il nome Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft = Sindacato unitario dei servizi; dall’altro, “l’allusione al musicista italiano è voluta”, come è spiegato nel sito www.verdi.de al link “Name und Logo”).

 

Anche “ver.di” ha avanzato inizialmente una richiesta dell’8 per cento per una vigenza contrattuale di 12 mesi. Al momento la trattativa è in stallo; dopo tre sedute negoziali andate a vuoto, anche perché la controparte ha presentato offerte sotto il 3 per cento, considerate dal sindacato “una provocazione”, si è messa in moto un po’ dovunque la macchina degli scioperi di avvertimento.
 
Ai nastri di partenza è il negoziato per il rinnovo del contratto per il settore chimico. All’insegna del motto “buon denaro per un buon lavoro”, il sindacato IG-BCE (miniere, chimica, energia) chiede un aumento del 7 per cento.

 

In sostanza, i sindacati tedeschi hanno posto in testa all’agenda la questione salariale, abbandonando la linea di moderazione salariale perseguita nel primo quinquennio 2000. I messaggi lanciati nella campagna per il contratto non sembrano curarsi delle preoccupazioni della Banca centrale europea per una possibile spirale salariale e inflazionistica e un eventuale “contagio” dalla Germania verso il resto dell’Europa. Sono messaggi diretti e senza fronzoli: “più soldi in tasca ai lavoratori”, perché ne hanno bisogno e se li meritano. Il numero di febbraio della Metallzeitung, il mensile della IG Metall, dà il titolo di copertina proprio alla vertenza dei siderurgici e riporta una nutrita serie di testimonianze di lavoratori del settore sulle loro difficoltà a far quadrare i bilanci familiari. Con una retribuzione di 2.000 euro netti al mese, che possono arrivare al massimo a 2.200 quando il turno cade di domenica, un lavoratore turnista che deve mantenere la moglie e due figli fa fatica ad arrivare alla fine del mese.

 

La richiesta iniziale di un aumento dell’8 per cento è stata considerata del tutto congrua ed equa, tanto più in un settore dove il lavoro è duro, esposto a nocività e rischi, e al tempo stesso altamente qualificato. Ed è una del tutto sopportabile per aziende che da tempo stanno facendo affari d’oro. Nell’editoriale del mensile citato, il presidente dell’IG Metall Berthold Huber ricorda che “il fatturato dell’industria siderurgica tedesca è aumentato dal 2003 di oltre l’83 per cento. Gli stabilimenti siderurgici sono sovraccarichi di ordini. I lavoratori pretendono un’equa partecipazione a questo boom”. Si tenga poi conto che “le lavoratrici e i lavoratori del settore prestano un lavoro di elevata qualità. Il settore siderurgico tedesco si evoluto da tempo a industria hi-tech”.

 

Del resto, vi è una serie di dati che legittima la richiesta di una più equa distribuzione del reddito a favore dei lavoratori. È vero che si attende un rallentamento dell’economia, ma non si può parlare di recessione: stando alle sintetiche note sulla congiuntura economica fornite puntualmente dal sito web della IG Metall (“Wirtschaft aktuell”, 1, 2008), si prevede per il 2008 una crescita oscillante tra l’1,5 e il 2,1 per cento (è stata del 2,5% nel 2007). Ma questa crescita è in gran parte trainata dalle esportazioni, mentre è frenata dai consumi privati, che nel 2007 sono risultati in calo dello 0,2 per cento.

 

Significativo è anche l’andamento della quota di reddito del lavoro dipendente nell’insieme del reddito nazionale (“Wirtschaft aktuell”, 4, 2008), in costante e quasi precipitosa discesa: dal 72,2 per cento del 2000 al 64,6 per cento del 2007. “Questo drammatico sviluppo distorto – citiamo dalla nota della IG Metall” – ha anche conseguenze economiche. Mentre i guadagni lordi e netti pro capite nel 2007 sono saliti rispetto al 2000 di appena un 8 per cento scarso, si è visto nei redditi da profitto e da rendita un aumento del 52 per cento! Se togliamo l’aumento dei prezzi dall’evoluzione delle retribuzioni, si avrà la misura completa della catastrofe economica. Il potere d’acquisto reale dei guadagni netti di tutti i lavoratori nel 2007 è sceso del 3,2% sotto il livello dell’anno 2000. Nessuna meraviglia, dunque, se il consumo privato negli ultimi anni non ha minimamente contribuito alla crescita dell’economia”. “Il consumo privato copre circa il 60 per cento della domanda globale. Nel 2007 è regredito e ha indebolito la crescita economica di uno 0,2 per cento. La ragione è evidente. La crescita per i più non c’è stata. Ancora una volta si dimostra che i salari non sono solo un fattore di costo, ma sono anche importanti per la domanda”.

 

Da qui la conclusione della IG Metall: “Nella storia della Germania federale non vi è mai stata una crescita accompagnata da una simile caduta della quota salariale. Per le vertenze contrattuali del 2008 può valere un solo orientamento: il potere d’acquisto generale deve essere rafforzato”.

 

Si aggiunga, infine, l’allargarsi della forbice tra i redditi alti e quelli bassi. Secondo una recente indagine dell’autorevole Istituto tedesco per la ricerca economica di Berlino, svolta su un campione di quasi 11.000 bilanci familiari, nel 2006 il 10 per cento dei bilanci con reddito più alto si è assicurato il 24,9 per cento del reddito complessivo (era il 21,6 per cento nel 2000). Il gruppo del 2,5% in cima alla scala ha aumentato la sua parte dal 7,5 al 9,8 per cento, mentre il dieci per cento con i redditi più bassi ha visto diminuire la propria dal 3,6 al 2,9 per cento.

 

La crescita della disuguaglianza appare particolarmente scandalosa nel confronto tra il reddito dei manager e quello dei lavoratori. Il citato mensile della IG Metall riporta una immagine istruttiva, divisa in due campi: nel primo, riferito al 1996, la figura del lavoratore in tuta blu in primo piano ha dietro di sé 19 omini in completo scuro; nel secondo, riferito al 2006, lo stesso lavoratore ha dietro una folla di 44 omini in completo scuro. Tradotto il cifre: nel 1996 un manager guadagnava 19 volte più di un lavoratore, nel 2006 ha guadagnato 44 volte di più.

 

Se il sindacato tedesco batte cassa, qualche ragione ce l’ha.

Domenica, 9. Marzo 2008
 

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