Germania. Finanziare il lavoro, non la disoccupazione

Al via la riforma del mercato del lavoro proposta dalla Commissione Hartz
Non era solo propaganda elettorale, come accusavano l’opposizione di destra e la Confindustria tedesca, ma un piano d’azione pronto a scattare già prima delle elezioni del 22 settembre. Parliamo dell’ambizioso piano elaborato dalla Commissione Hartz, che prevede una vera e propria rivoluzione delle strutture pubbliche del collocamento (gli Uffici per il lavoro) e una articolata gamma di misure volte ad accelerare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

La Commissione, incaricata di elaborare proposte per “Moderni servizi per il mercato del lavoro” (così il titolo ufficiale), è passata alla cronaca con il nome di un manager, il direttore del personale della Volkswagen Peter Hartz, che ne ha assunto la presidenza. Sotto la sua direzione hanno lavorato altre quattordici personalità della politica, delle imprese, del sindacato e del mondo accademico.
 
I lavori hanno proceduto con alacrità. Insediata il 22 febbraio 2002, la Commissione ha potuto presentare il voluminoso rapporto finale al Cancelliere Schroeder il 16 agosto, in una solenne cerimonia al Französischer Dom di Berlino. Il 22 agosto il Governo federale e il 12 settembre il Parlamento federale (con il voto contrario dell’opposizione) hanno approvato i 15 “punti-cardine” per l’attuazione del progetto.
Dalle parole ai fatti: già il 16 settembre ha preso ufficialmente il via un “prototipo” di struttura riformata secondo i concetti della Commissione Hartz, quello di Duisburg, importante centro industriale del Bacino della Ruhr. Il 1° novembre è prevista l’entrata in funzione del “Job-Floater”, il sistema di credito agevolato escogitato a sostegno dell’occupazione. Dal 1° gennaio 2003 l’intero progetto dovrebbe cominciare il suo cammino.
 
Dunque, non un libro dei sogni, ma un progetto operativo che sta già facendo passi concreti. Lo stesso Schroeder sarà impegnato in prima persona nella sua realizzazione, dal momento che – come ha dichiarato alla vigilia delle elezioni – assumerà la presidenza del gruppo incaricato di pilotare la traduzione in pratica della riforma.
 
Meno burocrazia, più servizi
Cuore del progetto della Commissione Hartz è la trasformazione radicale delle strutture del collocamento pubblico, che in Germania fanno capo all’Ufficio federale per il lavoro, articolato in 181 uffici distribuiti sul territorio nazionale. L’obiettivo è di trasformare un apparato burocratico inefficiente in una costellazione di moderni e snelli servizi funzionali all’incontro tra offerta e domanda del lavoro, radicati nel territorio e sistematicamente interagenti con i soggetti sociali in esso operanti.
“Meno burocrazia, più service”, è il motto del progetto: nei nuovi uffici, che si chiameranno “Job Center”, si ridurranno all’essenziale le funzioni amministrative, si snelliranno regole e procedure, il lavoro sarà concentrato sull’obiettivo primario della collocazione e sui servizi di consulenza e informazione forniti da team professionali adeguati. Si sottolinea, nel rapporto, che finalmente la figura del disoccupato “acquista un volto”, grazie a una forte personalizzazione dei servizi e delle soluzioni proposte. Il collocamento, si dice ancora, diverrà “familienfreundlich”, cioè terrà in particolare conto le condizioni familiari, sviluppando anche strumenti aggiuntivi per l’assistenza ai figli.
 
A ciascuno Job Center sarà aggregata una “Personal Service Agentur” (PSA), che opererà come un’agenzia di lavoro interinale simile a quelle private, ma finalizzata a trasformare l’impiego interinale in una assunzione stabile. Proprio per questo, più che un’agenzia di lavoro interinale – ha tenuto a sottolineare il presidente del DGB Michael Sommer nell’esprimere pubblicamente il sostegno del sindacato al “concetto” della Commissione Hartz – la PSA dovrebbe essere definita “un’impresa di integrazione orientata al collocamento”. Il disoccupato iscritto presso il Job Center percepisce per i primi sei mesi il sussidio di disoccupazione, poi viene assunto dalla PSA, che gli eroga una retribuzione negoziata con il sindacato. I lavoratori occupati in questo modo godranno delle tutele assistenziali e assicurative. Una volta trasformato il rapporto di lavoro interinale in una assunzione a tempo pieno presso un'azienda, la retribuzione sarà quella normalmente in vigore nell’azienda stessa.
Walter Riester, ministro del lavoro nel governo uscente (e già numero due della IG-Metall), ha previsto che entro la fine del 2002 saranno istituite una cinquantina di PSA e che la copertura di tutto il territorio federale con questo servizio dovrebbe essere completata entro la metà del 2003.
 
Promuovere ed esigere
“Foerdern und fordern”: con questo intraducibile gioco di parole, che significa “promuovere ed esigere”, la Commissione Hartz intende riassumere uno dei punti cardine della propria filosofia: incentivare ma anche pretendere un’assunzione attiva di responsabilità da parte dei soggetti interessati (disoccupati, imprese).
 
Il lavoratore che resta senza lavoro deve notificare immediatamente la propria situazione al Job Center del suo territorio, pena la perdita del sussidio di disoccupazione. Dovrà essere inoltre disponibile alla mobilità territoriale; non vi sarà una regola eguale per tutti, ma si valuterà in base alle situazioni locali, sociali, familiari e personali: ad esempio, un giovane “single” dovrà essere disponibile a una maggiore mobilità (anche su tutto il territorio federale) di un padre di famiglia. In ogni caso, sarà sempre valutata la situazione personale dell’interessato.
Chi non accetta un lavoro offerto, ha l’obbligo di motivare adeguatamente il rifiuto; in caso contrario, va incontro a una riduzione delle prestazioni economiche di cui gode in misura ed entro un arco di tempo non fissati in modo uniforme, ma modulati a seconda delle situazioni sociali, familiari e personali.
 
Anche le imprese dovranno notificare con tempestività e completezza al Job Center di competenza i posti di lavoro che hanno a disposizione, pena l’esclusione dagli incentivi previsti. Finora le imprese sono state sempre reticenti al proposito, anche per le cattive esperienze fatte con i vecchi uffici. La trasformazione di questi in Job Center efficienti e competenti rende vantaggioso per le imprese comunicare tempestivamente i posti liberi a disposizione. Ciò contribuirà a trovare in tempi rapidi lavoratori dotati delle professionalità richieste. Le imprese che possono certificare un “bilancio occupazionale” positivo otterranno un “bonus” da parte dell’Ufficio federale del lavoro, che si tradurrà in sgravi contributivi.
 
La completezza e la tempestività dell’informazione, da parte delle imprese come dei lavoratori, sono importanti per velocizzare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. L’abbattimento dei tempi nei flussi informativi, favorito oltre che dai comportamenti degli utenti dalla creazione di efficaci servizi dedicati, è considerato un requisito essenziale per il buon funzionamento del mercato del lavoro.
 
Giovani e anziani
I Job Center garantiranno un’offerta formativa fortemente differenziata in funzione delle capacità e potenzialità dei giovani in cerca di lavoro nonché del fabbisogno professionale espresso dal mercato, sviluppando una stretta collaborazione con tutti gli enti, centri, associazioni privati e pubblici che nel proprio territorio si occupano di scuola, formazione, mercato del lavoro e politiche per i giovani. Ai giovani viene proposta la possibilità di contribuire in prima persona al finanziamento della propria formazione attraverso “titoli per il tempo di formazione”, vincolati alla persona e al fine formativo, che potranno essere valorizzati sul mercato finanziario in forma di investimento “supergarantito” attraverso fondi locali o regionali. Naturalmente, l’acquisto di questi “titoli” è del tutto volontario.
 
Viene affrontato anche il difficile problema dei lavoratori anziani che perdono il lavoro e hanno difficoltà di ricollocazione. Si parla di lavoratori che hanno compiuto i 55 anni. Per costoro si prevedono due possibilità. La prima è di stimolarli ad accettare anche un lavoro peggio pagato del precedente, dotandoli di una “assicurazione retributiva” che compensa – ma solo parzialmente – la perdita di reddito. La seconda è il cosiddetto “Bridgesystem”, un “sistema ponte” in virtù del quale il lavoratore anziano, se vuole, può uscire dal rapporto con il Job Center e ricevere una prestazione in denaro sostitutiva del sussidio di disoccupazione, finché a 60 anni può andare in pensione (ma perdendo un 18 per cento della pensione stessa).
 
“Job-floater”: capitale per il lavoro
Un aspetto di grande interesse è la peculiare forma di incentivazione finanziaria che la Commissione Hartz ha escogitato. È stata chiamata con una locuzione inglese “Job-floater”, cioè un “titolo per il lavoro” (“Capital für Arbeit”, traducono in forma di slogan i tedeschi). La “filosofia” che ispira questo nuovo strumento è la seguente: finanziare il lavoro anziché finanziare la disoccupazione. Di che cosa si tratta?
 
In sostanza, per ogni disoccupato assunto a lungo termine, all’impresa viene assegnato un pacchetto di crediti fino alla cifra di 100.000 Euro: il 50% attraverso la Kreditanstalt für Wiederaufbau (Istituto di credito per la Ricostruzione) per rafforzare il capitale proprio dell’impresa, l’altro 50% attraverso la propria banca come credito agevolato con garanzia pubblica. Per rendere disponibili queste risorse, viene aperta una nuova linea di credito a basso tasso di interesse presso la Kreditanstalt für Wiederaufbau.
Questo strumento è particolarmente favorevole alle piccole e medie imprese, che soffrono di crescenti difficoltà di accesso al credito. Oltre al beneficio del prestito agevolato, l’azienda che assume ha il vantaggio di vedere migliorati il proprio “bilancio occupazionale” e, di conseguenza, la propria posizione nel sistema dei “bonus” assegnati dall’Ufficio federale per il lavoro.
 
Due milioni di disoccupati in meno?
Il governo Schröder non è riuscito a mantenere la promessa elettorale del 1998 di abbassare la disoccupazione da una quota superiore a 4 milioni a 3,5. Anzi, nella primavera 2002 il numero dei senza lavoro è risalito sopra la fatidica soglia dei 4 milioni e lì è rimasto. Potrà la riforma proposta dalla Commissione Hartz fare di più e meglio?
 
I suoi autori e promotori ne sono sicuri, ma giustamente dicono che è difficile anticipare cifre. Tuttavia si sbilanciano fino a considerare “plausibile” anche se “assai ambizioso” un abbattimento della disoccupazione di due milioni di unità nel giro di tre anni. Un risultato del genere porterebbe a un risparmio di 19,6 miliardi di Euro, non più bruciati nei sussidi di disoccupazione e altre forme assistenziali connesse. Una parte di questo risparmio verrebbe utilizzata per incentivare lo sviluppo di microimprese individuali e familiari (pittorescamente nominate dalla Commissione “Ich-AG” e “Familie-AG”, alla lettera “Io Spa” e “Famiglia Spa”), finalizzato soprattutto alla emersione dal lavoro nero.
 
Una riforma necessaria
Vi sarebbero diversi altri punti da sottolineare nel voluminoso rapporto della Commissione, ma ci fermiamo qui. Vale tuttavia la pena seguire l’iter di attuazione di una riforma che è stata definita la più radicale che il mercato del lavoro in Germania abbia conosciuto.
 
Di una riforma c’era davvero bisogno. L’inefficienza della vecchia struttura era diventata proverbiale, e anche motivo di scandalo pubblico quando, agli inizi di quest’anno, un controllo della Corte dei Conti su alcuni Uffici del lavoro rivelava che oltre due terzi dei collocamenti dichiarati erano fittizi. Proiettando su base nazionale questa “scoperta”, si è stimato che i posti di lavoro passati attraverso le strutture dell’Ufficio federale sarebbero poco più di 1 milione, invece dei 3,8 milioni dichiarati dall’ente. Anche se la situazione era ben nota agli addetti ai lavori, le “rivelazioni” hanno sollevato parecchio rumore, al punto che nel marzo 2002 il presidente Bernhard Jagoda (democristiano) si è dimesso; al suo posto Schröder ha designato il socialdemocratico Florian Gerster, ministro del lavoro e degli affari sociali nel Land Renania-Palatinato.
 
Secondo il nuovo presidente, la riforma dell’intera struttura dell’Ufficio federale per il lavoro – che in futuro si chiamerà Agenzia federale per il lavoro – sarà opera di lunga lena. Presentando a Berlino il 22 agosto le grandi linee della riforma, Gerster ha dichiarato che essa richiederà un paio d’anni e adeguate misure legislative di sostegno. Per intensificare la collaborazione con i partner territoriali del mercato del lavoro (sindacati e imprese), saranno costituite presso i governi dei Länder “uffici di collegamento”. Questi uffici, ha detto Gerster, “dovranno essere dotati di professionalità innovative e strutturate non gerarchicamente, capaci di portare nuove idee”. La riforma non comporterà una riduzione del numero delle strutture territoriali; si tratta invece di affermare in essi una nuova concezione del personale e del suo funzionamento, tra l’altro realizzando accordi finalizzati e introducendo adeguati controlli di risultato.
Lunedì, 30. Settembre 2002
 

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