Germania, dov'è la ricchezza della nazione

La IG Metall lancia la campagna fairtelein, 'distribuire con equità'
Tra la fine del 2000 e l’inizio del 2002 la IG Metall (che oggi unisce ai metalmeccanici anche i lavoratori del tessile-abbigliamento, del legno e della plastica: oltre 2.700.000 iscritti), ha lanciato una campagna di massa per rivendicare una giusta politica redistributiva di fronte alle crescenti iniquità nella distribuzione della ricchezza in Germania.

La campagna porta come titolo una parola mezzo inglese e mezzo tedesca: Fairteilen. "Fair" equivale a “equo”, e il verbo "teilen" significa “dividere”, “distribuire”. Dunque: “distribuire con equità”. Questa campagna costituisce parte integrante del Zukunftkongress, del congresso di programma sul futuro che si svolgerà a Lipsia dal 13 al 15 giugno 2002, con l’apporto di un folta schiera di esperti.
 
Vale la pena capire come mai la IG Metall pone al centro della propria iniziativa il tema del reddito. Un rigurgito salarialista? Qualcuno potrebbe pensarlo, visto che nella vertenza contrattuale da poco conclusa (vedi l'articolo su questo argomento) i metalmeccanici tedeschi avanzavano come richiesta centrale un aumento retributivo del 6,5% (hanno ottenuto alla fine il 4%). In realtà, oltre che a evidenti (e fortemente sottolineate) ragioni di giustizia (sottotitolo della campagna è “Iniziativa per la giustizia sociale”), la rivendicazione di un’equa distribuzione del reddito investe il modo stesso di concepire la modernizzazione della società.
 
Il malessere di una società che appare ricca ed equilibrata
Vista l’epoca in cui è stata lanciata, la campagna è una risposta politica anticipata al rapporto sulla povertà in Germania che il governo federale avrebbe presentato pochi mesi dopo, nella primavera del 2001. Un rapporto che contiene dati impressionanti e persino sorprendenti, sintomo del malessere di una società che, almeno da noi, ci si immaginava ricca e relativamente equilibrata.
 
Annunciando la campagna in una conferenza stampa tenuta a Francoforte il 6 ottobre 2000, il vicepresidente dell’IG Metall Jürgen Peters richiamava alcuni dati essenziali: tra il 1991 e il 1998 i redditi da profitto e patrimonio sono aumentati del 39 per cento; quelli da lavoro solo del 18 per cento. Contemporaneamente, negli anni Novanta, il reddito nazionale è quasi raddoppiato, ma nulla è cambiato nell’ineguale distribuzione sociale della ricchezza. In alto, il dieci per cento dei più ricchi possiede quasi la metà della ricchezza totale; in basso, un tedesco su dieci è in condizioni di povertà. Nemmeno il lavoro protegge più dalla povertà. (vedi le tabelle)
 
Con la campagna fairteilen “vogliamo offrire un importante contributo alla modernizzazione economica e sociale di questo paese”, ha detto Jürgen Peters, il quale richiama al cancelliere Schröder le promesse fatte, l’impegno a promuovere “la partecipazione per quanto possibile di tutti all’avere e al dire”, come punto programmatico centrale del suo governo.
 
Non è tenero Peters con il governo Schroeder. Reagendo alla pubblicazione del rapporto sulla povertà, il vicepresidente dell’IG Metall aveva riconosciuto il coraggio con cui il governo aveva messo il dito sulla piaga dell’iniqua distribuzione della ricchezza; e tuttavia da questa analisi “il governo federale non sembra aver tratto le logiche conseguenze. Ha trascurato di presentare contestualmente progetti credibili per un’efficace e durevole politica di lotta alla povertà e di equa redistribuzione. Soprattutto la IG Metall considera problematico il fatto che nel rapporto del governo si dia per sottinteso che per combattere la povertà e gli squilibri sociali basti da sola una politica di promozione della crescita e dell’occupazione nonché di difesa del livello di competitività dell’economia”. Bisogna invece aggredire più direttamente le politiche redistributive: “il governo avrebbe potuto imparare dal suo stesso rapporto che per rispondere alla povertà e all’esclusione sociale occorre affrontare anche il problema della redistribuzione, vale a dire realizzare una politica di equa distribuzione della ricchezza”.
 
I sindacati: "Dev'essere più equa la distribuzione della ricchezza"

Secondo Peters i sindacati, con le loro politiche contrattuali, portano solo una piccola parte di responsabilità rispetto alla politica distributiva. In un’epoca di alta disoccupazione, la contrattazione ha potuto strappare per i lavoratori solo aumenti contenuti, che poi venivano in parte “mangiati” dall’aumento delle imposte e dei contributi. “I sindacati sono entrati nel nuovo secolo indeboliti dal punto di vista delle politiche distributive. Per potere rispondere adeguatamente ai propri iscritti e reggere nella ‘competizione politica’, devono recuperare capacità di influire sulla distribuzione, ripensare e sviluppare in modo nuovo i propri strumenti redistributivi. Ma nel contempo sono chiamati a conquistare un consenso politico più ampio da mobilitare per realizzare le riforme necessarie. Ecco il senso dell’iniziativa fairteilen” (da un articolo di Peters sulla rivista del Dgb Gewerkschaftliche Monatshefte del giugno 2001). Per questo bisogna “allargare il giro” dei soggetti da mobilitare: partiti, associazioni, chiese, tutte le espressioni della società civile.
 
Un’equa distribuzione della ricchezza non è solo un’elementare esigenza di giustizia; “deve essere nucleo centrale di una moderna politica riformatrice”, perché è presupposto strutturale per un’economia non frenata, per un’adeguata risposta alle esigenze della modernità, per un’autentica democrazia.
 
La redistribuzione della ricchezza non è un tema sfasato rispetto alla situazione economica e tanto meno sorpassato. “Con l’iniziativa fairteilen – sono ancora parole di Peters – la IG Metall intende smentire la diffusa diceria secondo la quale vi sarebbe una contraddizione non risolvibile tra un’equilibrata, dunque giusta distribuzione del benessere sociale e la crescita di questo. Innanzitutto è sbagliata l’opinione che la politica distributiva sia un terreno politico arretrato e comunque un tema marginale. Distribuzione e produzione si condizionano a vicenda. (…) La distribuzione decide in maniera determinante sulla direzione verso cui viene creato il prodotto sociale come pure sul suo volume. Determina, ad esempio, la capacità di acquisto degli individui e quindi la domanda di beni. Allo stesso modo la distribuzione incide sul ‘capitale umano’ socialmente disponibile, dal momento che gli individui possono qualificarsi solo disponendo di un reddito sufficiente e vogliono farlo solo con la prospettiva di un adeguato vantaggio economico”.
 
Ci sono molti poveri e cresce la diseguaglianza
Da questo punto vista il bilancio della politica distributiva in Germania sta sotto il segno meno. La disuguaglianza sociale crescente, l’elevato livello della povertà, ma anche la caduta della quota delle retribuzioni da lavoro danneggiano l’economia nel suo insieme. Allo stesso tempo ristagnano gli investimenti in “capitale umano”, gli interventi dello Stato sono insufficienti per mancanza di risorse, la struttura del consumo privato è insoddisfacente, e così via. Tutto ciò costituisce un freno per l’insieme dell’economia, che si può sciogliere “solo con un cambiamento di direzione nella politica distributiva. Certo, una politica distributiva riequilibratice, e perciò più giusta, non è l’unico mezzo; tuttavia non si può risolvere l’attuale crisi strutturale dell’economia tedesca né scongiurare la recessione annunciata senza superare l’attuale iniqua distribuzione e garantire a tutti condizioni di vita equiparabili”. 
 
Lungi dall’essere una frontiera arretrata, il riequilibrio della distribuzione della ricchezza è esigenza sostanziale della “modernità”, presupposto necessario per una società all’altezza del cambiamento.
 
I processi di “individualizzazione” implicano una ridefinizione delle forme di solidarietà sociale. È un grosso problema, soprattutto per le grandi organizzazioni sociali come i sindacati. L’individualizzazione, se porta con sé rischi evidenti, offre anche nuove chances, e ad esempio il movimento delle donne lo ha dimostrato. Ma per scongiurare i rischi della disgregazione sociale, le persone da coinvolgere in nuovi vincoli di solidarietà devono disporre di adeguate risorse per trovare risposte alle loro aspettative.
 
Cresce la flessibilità, ma senza che si adattino le strutture sociali

Si parla tanto di flessibilità come requisito di una società moderna e competitiva, ma al tempo stesso “si evita di adattare le strutture sociali della distribuzione alle esigenze di una maggiore flessibilità”. Ad esempio, “i sistemi di sicurezza sociale sono ancora strutturati in funzione di percorsi di vita lavorativa ininterrotti” e non sono preparati ad affrontare i rischi connessi con i cambiamenti di lavoro, con le lunghe fasi di passaggio da un lavoro all’altro, che devono essere sostenute da adeguate risorse. Allo stesso modo, con la crescita delle esigenze personali e professionali delle persone, non è più pensabile che gli adulti si facciamo completamente e durevolmente carico dell’assistenza ai figli: anche qui occorrono risorse diversamente distribuite, e quindi una nuova e più adeguata struttura della distribuzione.
Insomma, “la società di oggi ha bisogno di una distribuzione diversa, all’altezza dei tempi”, che garantisca alle persone le risorse necessarie per soddisfare le legittime aspirazioni individuali, governare le fasi di crisi nella vita e nel lavoro, generare e allevare figli senza compromettere la propria vita individuale e professionale…
“In una concezione di democrazia ordinata le disuguaglianze sociali sono sostenibili nella misura in cui il possesso di un ‘di più’ di reddito e patrimonio, e il conseguente ‘di più’ di potere, sia compensato da altre risorse di potere, ad esempio dall’associarsi collettivo dei lavoratori. Le disuguaglianze distributive che superano questa misura pregiudicano la possibilità delle persone di affermare i propri interessi nei processi politici”. In altre parole, in una democrazia che si rispetti le disuguaglianze sociali devono essere contenute entro limiti accettabili, tali da garantire per tutti i presupposti materiali per la partecipazione politica.
L’attuale distribuzione della ricchezza “mina questi presupposti della democrazia”, non solo perché alimenta il pericolo di un’estensione dei conflitti sociali non più governabile con mezzi democratici, ma anche perché “cresce la distanza rispetto alle ‘regole del gioco’ sociali, diminuisce cioè la disponibilità dell’individuo ad attenersi alle regole riconosciute, perché sono sempre e solo gli altri a trarne profitto”.
Lo svantaggio e, peggio ancora, l’esclusione rispetto alla distribuzione della ricchezza hanno dunque esiziali conseguenze politiche. Perciò “accanto al diritto formale devono essere socialmente garantite anche le condizioni materiali per un’effettiva uguaglianza dei diritti di partecipazione”. E anche per questo la IG Metall ha lanciato la campagna fairteilen.
Lunedì, 24. Giugno 2002
 

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