Fornero, la fiducia nella bontà

“Il governo parte dal presupposto che non tutti i datori di lavoro siano cattivi e vogliano licenziare”. Così disse il ministro presentando la sua riforma. Un presupposto non molto scientifico e anche dalla logica piuttosto zoppicante

“Il governo, riformando l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, parte dal presupposto che non tutti i datori di lavoro siano cattivi e vogliano liberarsi di manodopera appena ne hanno la possibilità. Non è questo che volete fare, spero". Questa è la frase che il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha pronunciato il 24 marzo scorso a Cernobbio davanti alla platea della Confcommercio. A volte le parole rivelano - senza scomodare Freud - più di quel che s’intende dire e aprono uno squarcio sulla Weltanschauung, se proprio non si vuol dire ideologia, di chi le pronuncia.

 

Esaminiamo in dettaglio queste parole. Dunque risulta che il governo “parte dal presupposto che non tutti i datori di lavoro siano cattivi”. Questa frase si presta a una doppia lettura, una letterale e una retorica. Nel primo caso il significato sarebbe che la maggior parte degli imprenditori sono cattivi, ma che alcuni invece sono buoni. L’interpretazione retorica, che volentieri accreditiamo come la più vicina al pensiero del ministro, ci dice che la maggior parte degli imprenditori sono buoni e che solo alcuni sono cattivi. Un uso distorto della norma (possibilità di licenziare qualcuno con la scusa che ci sono dei problemi economici) riguarderebbe quindi soltanto una minoranza di imprenditori.

 

Prima di fare il passo successivo bisogna però constatare che né il ministro né nessun altro può davvero quantificare la percentuale degli imprenditori buoni e di quelli cattivi. Rimangono quantità indeterminate, quindi se si immagina che la maggior parte degli imprenditori siano buoni si fa solo un atto di fede. icordiamo solo, en passant, che per molti filosofi, a cominciare da uno dei più grandi e luminosi, Immanuel Kant, l’uomo è intrinsecamente cattivo.

 

Detto questo, non serve aver letto né Marx né, più semplicemente, “L’anima buona del Sezuan” di Bertolt Brecht per comprendere che il capitalismo si muove con leggi sue proprie che prescindono dalla bontà o meno delle persone. Se ci si trova a fare l’imprenditore si devono prendere decisioni, e se è possibile prenderne alcune (ad esempio licenziare qualcuno “per motivi economici” senza dover provare questa affermazione davanti al giudice ma solo pagando eventualmente un’indennità in denaro) ottenendone un beneficio economico (più profitti, anche se l’azienda è già in utile), è probabile che molti prima o poi se ne serviranno.

 

Ma l’obiezione fondamentale è un’altra. E’ evidente che una parte più o meno grande (piccola per il ministro) di imprenditori è cattiva e userebbe male le possibilità offerte dal nuovo articolo 18. Ora, perché bisogna fare una legge che permetta a priori un uso che si ritiene scorretto (e che, aggiungiamo, provocherebbe grandi dolori a delle famiglie)? Le leggi si fanno per impedire prima di tutto, e sanzionare poi, dei comportamenti che la società ritiene ingiusti. Sicuramente possiamo affermare che la maggior parte degli italiani non si sognerebbe mai di rubare. Eppure qualcuno lo fa, è per questo che le leggi vietano di rubare. Così dovrebbe essere per gli imprenditori: la maggior parte di loro è buona? Vogliamo crederlo, ma perché dovremmo lasciare aperta la porta a chi se ne vorrebbe approfittare?

 

Per sanare gli ineliminabili difetti logici della proposta Fornero, basterebbe fare quello che chiedono i sindacati e il Pd: consentire a un giudice di sanzionare con il reintegro del lavoratore un comportamento scorretto dell’imprenditore. In questo caso, la maggior parte degli imprenditori, che sono sicuramente “buoni” come pensa la Fornero, non avrà difficoltà a dimostrare al giudice che, quando licenzia per motivi economici, lo fa a ragion veduta. Gli imprenditori “cattivi”, invece, saranno sanzionati, invece che farla franca limitandosi a pagare un’indennità economica una tantum.

Mercoledì, 28. Marzo 2012
 

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