Finanziaria, una carezza in un pugno

La manovra di Prodi è stata accusata di essere recessiva, perché "pesante" come quella leggendaria del '93 e come quella che ci ha permesso di entrare nell'euro. Ma, a parte che l'aumento vero e proprio del prelievo fiscale è solo di 4,3 miliardi, lo 0,3% del Pil, l'esperienza del passato mostra che le Finanziarie incidono poco o nulla sul ciclo economico
"La Finanziaria 2007 deprimerà la crescita". Questo leit-motiv risuona quasi all'unisono dal giorno della sua presentazione in Parlamento; gran parte delle associazioni e delle parti economiche e sociali (unite a diversi economisti sempre rigorosamente "indipendenti" ; chissà perché, però, assai più teneri con le Leggi finanziarie, d'ora in poi LF, degli anni precedenti) si sono regolarmente unite al coro. Se non fosse che ben pochi si sono degnati di spiegare come e perché.

Quello lanciato dal CSC, il Centro studi Confindustria (1) lo scorso dicembre è soltanto l'ultimo dei ripetuti allarmi, ma - rispetto al resto dei corifei - non manca di argomentare scientificamente la sua analisi. Il CSC quantifica di 3 decimali di punto di Pil il contributo negativo alla crescita nel 2008 dovuto agli effetti restrittivi della LF (ovvero un 1,1% di tasso di crescita reale nel 2007, invece dell'1,4% che risulta dal consensus dei principali previsori internazionali). In questa sede si cerca di rispondere con numeri e fatti a dette obiezioni.

Le critiche, è noto, sono di due tipi: la prima riguarda la scelta di effettuare la correzione del disavanzo di bilancio da 14,8 miliardi di € per riportare nel 2007 il tasso deficit/Pil entro il limite del 3% previsto dal Patto di Stabilità e Crescita; la seconda attiene alla modalità con cui tale correzione si effettua, troppo sbilanciata sulle "entrate". Il mix di questi due elementi costituirebbe un pericoloso freno alla flebile crescita economica, ora che finalmente il ciclo macroeconomico ha svoltato positivamente dopo il quinquennio più deludente della storia repubblicana.

Per prima cosa, è bene ricapitolare in quale contesto macroeconomico e di finanza pubblica si inseriscono le grandezze contenute nella LF 2007. L'esigenza di un intervento correttivo da 14,8 mld per il 2007 (1,1 punti di Pil) nasce da un disavanzo tendenziale per il 2006 (in attesa del consuntivo) che già tocca il 4,1% secondo i dati consuntivi al III trimestre (4,8% secondo la versione del Programma di Stabilità dell'Italia del Ministero dell'Economia nella versione aggiornata di dicembre) (2). La Commissione europea, nelle sue Autumn 2006 Forecasts nel novembre scorso (3), ancora stimava un "più modesto" 4,7 in quanto non teneva conto di: a) la sentenza sulla rimborsabilità dell'Iva per le auto aziendali; b) la spesa "obbligatoria" in conto capitale per le Ferrovie; (si tratta due tra i più illuminanti esempi della polvere lasciata sotto il tappeto dal precedente esecutivo).

Come si possa ancora sostenere che in simili condizioni tendenziali di finanza pubblica, e tenuto conto della tendenza al rialzo dello stock di debito pubblico, non fosse necessario un intervento correttivo per il 2007 è cosa che desta un certo stupore. Ricordando, peraltro (vedi Tab.1; per tornare al testo clicca "indietro" sulla freccia del browser) che quanto a rapporto deficit/Pil l'Italia è in disavanzo eccessivo (ed in costante peggioramento) da 4 anni e che fu il precedente esecutivo ad impegnarsi nel 2005 con Bruxelles per un rientro, se non proprio sotto il 3% in un anno solo, quantomeno (in caso di conferma da parte degli elettori) per una decisa inversione di tendenza.

Per questo motivo, il principale obiettivo della LF è stato apprezzato: la volontà di correggere il disavanzo così come l'efficacia della manovra, giudicata "credibile" sia dalla Commissione europa sia dal FMI nella sua missione di novembre.

La critica si concentra, allora, sul "come". Si dice: troppe entrate, troppe tasse; la "correzione" è eccessiva per le capacità di sopportazione dell'economia; le imprese, le famiglie e i lavoratori pagheranno tutti un tantum che si rivelerà intollerabile, e questo basterà per inceppare consumi e investimenti e deprimere il clima economico. Sarà così? Esistono fondati motivi per rispondere con un deciso scetticismo. Occorre vedere: a) di che cosa si compone una LF; b ) quanto erano "pesanti" le LF del passato rispetto a questa e soprattutto, c) alla luce dell'evidenza empirica, quali sono state le ripercussioni dell'attuazione di LF di analoga portata in termini di crescita economica.
 
Innanzitutto, per valutare "quantitativamente" una LF, non basta ovviamente partire dalla mera entità della manovra (vedi Tab.1). Dire che una LF da 34 miliardi di euro è in sé "pesante" a prescindere è un puro nonsenso. Il totale della LF è infatti in sé ingannevole, in quanto indica l'ammontare delle risorse indipendentemente dalla loro destinazione, che può avere finalità "restrittiva" (se, ad esempio, una parte consistente di risorse deve correggere uno squilibrio di finanza pubblica) oppure "espansiva" (se quelle risorse vengono immesse nel circuito economico a beneficio di famiglie e imprese).

Dunque, occorre disaggregare la parte esplicitamente "restrittiva" della manovra (che chiameremo - per semplicità espositiva - "correzione del deficit"), e che corrisponde appunto grosso modo a quanto viene effettivamente "prelevato" al sistema privato per poi non essere reimmesso nell'economia, dal totale della manovra stessa, in quanto destinato a ripianare il disavanzo pubblico.

Sotto quest'aspetto (vedi Tab.2), la correzione dei conti pubblici contenuta nella LF del prossimo anno è pari all' 1,0% del Pil, superiore in ordine di grandezza alle LF 1993 (governo Amato I) e 1997 (Governo Prodi I), rimaste famose la prima per aver salvato il paese dal default finanziario, la seconda per aver posto le basi per l'ingresso dell'Italia nell'UEM e nell'euro.
 
Ora, l'obiettivo dichiarato di riduzione del deficit da parte dell'attuale governo è superiore a quanto effettivamente realizzò Amato, ma non rispetto al primo governo Prodi. Eppure la correzione del disavanzo ex LF 1997 è minore rispetto alla LF 2007 I consuntivi sul deficit (Tab.1) lo spiegano bene.

Come mai? Vediamo caso per caso. Il governo Amato, per la LF 1993, affrontava un disavanzo tendenziale di oltre il 10% del Pil; dunque non potè agire troppo sulle entrate, poiché una correzione di quasi 5 punti di Pil sul fronte delle entrate sarebbe stata insostenibile, e fece di più sulle spese, in particolare su quelle in conto capitale; in ogni modo, l'entità della correzione fu elevata (anche se il disavanzo rimase a livelli assai alti).

Il governo Prodi I, per la LF 1997, operò una correzione del disavanzo ben più imponente (portandolo dal 6,6% al 2,7%); come detto, l'entità della correzione stessa inclusa nella manovra finanziaria appare assai inferiore. In realtà, l'obiettivo fu possibile non solo grazie alla correzione apportata nella LF, comunque non indifferente (pari allo 0,9 del Pil), ma anche grazie alla crescita economica maggiore del previsto e, soprattutto, al programma di entrate realizzato grazie alla vasta ondata di privatizzazioni di imprese pubbliche.

La LF 2007, in termini assoluti, è dunque leggermente più "restrittiva" delle LF 1993 e 1997, ma questo si spiega con i minori margini di manovra dell'attuale governo e con un ciclo economico nuovamente favorevole che amplifica lo spazio per agire sul fronte delle entrate. A questo riguardo vi è, poi, una fondamentale questione su cui è bene fare chiarezza, e che ha contribuito largamente a diffondere una percezione distorta della composizione della LF 2007.

Come già osservato, tra gli altri, su lavoce.info (4), si fa una grande confusione sul "totale delle entrate" (correzione inclusa) che compongono la LF 2007 assumendolo come il totale di "nuove tasse" che il settore privato (famiglie e imprese) si troverà a pagare. Quest'ultimo è invece solo una (piccola) parte del totale delle entrate: non si possono, infatti mettere fra le "nuove tasse" quelle che già si pagano. Può essere utile, su questo, tornare al riepilogo della composizione della LF 2007 per destinazione e reperimento risorse (Tab. 1).

Com'è noto, il totale delle risorse reperite in base alla LF 2007 è pari al 2,3% del Pil, ovvero 34 miliardi di €. Sotto il profilo della destinazione di queste risorse, una parte rilevante, 14,8 mld, va - come detto - alla correzione del disavanzo. Ora, concentriamoci sulla fonte: il grosso di questi 34 miliardi (circa 20 mld) viene reperito con interventi dal lato della spesa (cioè "non da tassazione"), mentre i rimanenti 14,8 vengono effettivamente reperiti dal lato delle entrate.

Attenzione, però: come detto, non tutte queste "entrate" rappresentano un aumento di prelievo netto aggiuntivo sul settore privato, a parità di base imponibile (dunque escludendo, fra le altre cose, che alla platea di taxpayers si aggiungano evasori nel frattempo "emersi"). I 14,8 miliardi di cui sopra vengono, infatti, spesso impropriamente assommati in un'unica categoria di "entrate", quando contengono in realtà cose molto diverse, e che andrebbero separate dalle nuove vere e proprie entrate fiscali: da questa categoria vanno infatti tolte le risorse derivanti dalla lotta all'evasione (che non possono essere calcolate come imposte su chi già le paga, poichè presuppongono un allargamento della base imponibile), nonché il discusso trasferimento del Tfr delle imprese con oltre 50 addetti al fondo INPS. Si tratta di voci che, inoppugnabilmente, al di là delle semplificazioni rese dalla comunicazione e dai media, non possono affatto essere classificate come "nuove tasse" (5).

Una stima corretta dell'ammontare delle vere e proprie entrate "nuove" di natura fiscale dovrebbe, dunque, essere effettuato sulla medesima platea di contribuenti, comprendendo cioè semplicemente quelle voci di tassazione che prima non si pagavano: ora, il prelievo netto aggiuntivo propriamente considerato ammonta a 4,3 miliardi di euro, che fanno appena lo 0,3% del Pil e il 12,6% del totale delle entrate che compongono la LF (Tab. 1). Vale a dire che le "nuove entrate", per cui tanto ci si agita e si preannunciano sciagure, ammontano a meno di un terzo della correzione netta di bilancio e ad appena 1/8 della LF nel suo insieme.

Ciò specificato, non potendo quantificare con esattezza il "prelievo netto aggiuntivo" ex LF 1993 e 1997, assumiamo tuttavia ugualmente come indicatore del potenziale "impatto restrittivo" delle varie LF dal 1993 ad oggi l'ammontare della correzione del disavanzo inclusa nelle LF stesse.

Chiarito come si determina quanto è "restrittiva" una LF, e quali sono state tali, vediamo se è vero che ogni volta che si correggono i conti con manovre siffatte queste hanno un impatto inevitabilmente depressivo, e cerchiamo di quantificarlo. Ora, anche nel caso delle finanziarie dalle correzioni più onerose del recente passato (1993 e 1997), l'entità della correzione non ha mai superato lo 0,9% del Pil. Come detto, anche i governi Amato e Prodi nel 1993 e 1997 optarono il primo per una parziale correzione del disavanzo, il secondo per un aggiustamento dei conti pubblici più imponente ma solo in parte attuato dal lato delle entrate. Occorre dunque sfatare un mito: la portata "restrittiva" delle LF, storicamente, non va oltre un certo limite, ampiamente tollerabile dal sistema economico.

A beneficio dei "corifei", è inoltre interessante notare come negli anni del ciclo economico e politico 2002-2005 non si sia mai avuta alcuna correzione del disavanzo in sede di LF, per esplicita scelta politica, e tuttavia la crescita economica non ne sia stata minimamente aiutata, conseguendo anzi la performance più deludente dell'intera area euro. E questo già potrebbe bastare a smentire qualsiasi correlazione tra carattere restrittivo di una LF e la crescita economica dell'anno di riferimento. Contestualmente, la conseguenza diretta di tale mancanza di interventi correttivi appropriati (ex LF o tramite interventi di privatizzazione, riduzione della spesa corrente e/o in conto capitale ecc.) è visibile nel deterioramento degli indicatori di finanza pubblica (Tab. 2)
 
E' possibile, a questo punto, cercare di analizzare quali siano stati, negli anni delle due LF più "restrittive" del recente passato (1993 e 1997), gli effetti di queste ultime sull'economia e sulla crescita: nel 1993 (con una LF da 6,6% del Pil, ma una correzione di "solo" lo 0,8%) l'Italia sperimentò il suo ultimo anno di recessione nel senso tecnico del termine (-0,9%), mentre nel 1997 (LF da 3,9%, correzione da 0,8%), la performance economica italiana fu assai positiva (1,9) accelerando notevolmente sull'anno precedente (dunque eccellente se considerata la media della seconda metà degli anni Novanta ed il ciclo economico delicato da cui il paese stava uscendo).

Il punto fondamentale è che più importante ancora dell'entità della componente restrittiva della manovra è la natura del ciclo economico (espansivo, stagnante e/o recessivo) su cui la LF si va ad innestare. Negli ultimi 3 trimestri del 1992 l'Italia era già entrata nella fase recessiva, in atto a livello europeo, che poi sarebbe culminata con la crisi irreversibile dello SME (e del cambio della Lira, con la fuoriuscita di quest'ultima e della Sterlina britannica). La recessione era, dunque, già in corso. Nel 1997, viceversa, un'operazione restrittiva di pari entità non sembra affatto aver affievolito - anzi il contrario - la spinta propulsiva del ciclo economico che si giovò di un forte rimbalzo dopo il difficile 1996.

Non per questo, tuttavia, è meno interessante osservare nel dettaglio: benché i dati disponibili non consentano di avvalersi in questa sede di un'analisi econometrica più sofisticata, si può analizzare l'andamento dei dati trimestrali del Pil e delle componenti private più sensibili a politiche economiche esplicitamente "restrittive": consumi (famiglie) investimenti fissi lordi (imprese) e ovviamente il Pil (intera economia), per cercare di stabilire se l'effetto della manovra restrittiva sia stato tale da influire sull'andamento del Pil e delle due citate componenti, invertendo la tendenza che derivava dal "trascinamento" dai trimestri precedenti. Rovesciando i termini, è opportuno chiedersi, dall'andamento delle serie, se quest'ultimo "al netto" dell'impatto congiunturale della LF sarebbe stato diverso oppure no.

A questo scopo si sono considerati i tre trimestri precedenti e i tre trimestri successivi all'entrata in vigore della LF dell'anno X, e i rispettivi tassi di crescita medi composti. Se vi è sostanziale continuità fra i tre precedenti nei tre successivi (assumendo comunque un lag di un trimestre), ciò significa che la manovra non ha avuto che un impatto marginale o non ha trasmesso effetti recessivi di rilievo (vedi Tab 3).

Si consideri per prima la LF Amato del 1993: essa è risultata sostanzialmente neutrale per l'andamento delle componenti del Pil. Il ciclo recessivo che indubbiamente si nota nei primi 3 trimestri del 1993 era infatti già atteso e scontato, in quanto effetto del trascinamento dalla recessione già in corso a partire dagli ultimi 2 trimestri del '92. Dunque, il governo non ebbe altra scelta che varare una LF molto restrittiva, (che comunque non superò lo 0,8% del Pil) senza tuttavia che a questa possa essere seriamente imputato di avere peggiorato il quadro economico. In questo quadro, certo, non si può escludere che i forti interventi dal lato della riduzione della spesa in conto capitale, specie per gli investimenti in OO.PP., possano avere avuto un effetto congiunturale sfavorevole.

Venendo alla LF Prodi I del 1997, è immediatamente visibile come essa non abbia affatto avuto effetti recessivi. Volendo fare accostamenti con l'oggi, può essere istruttivo ricordare il dibattito in auge nei mesi che precedettero il varo della LF 1997, in cui molti osservatori (a cominciare dall'allora governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio) osteggiavano apertamente la manovra di correzione dei conti pubblici e lo stesso obiettivo di ingresso nell'UEM, adducendo come principale motivazione il fatto che l'Italia, che usciva a fatica da un ciclo assai difficile, non si poteva permettere uno sforzo simile e che l'intera economia ne avrebbe risentito pesantemente. Argomentazioni che non si dimostrarono granchè fondate, alla prova dei fatti, ma che oggi sembra di riascoltare.

Quali indicazioni si possono dunque trarre dalle due LF più "restrittive" del recente passato per la LF Prodi del 2007? Riepilogando: rispetto a queste ultime, essa presenta una correzione leggermente più "pesante" (1% del Pil), ma, per contro, il contesto macroeconomico nel quale impatta assomiglia decisamente più alla LF dello stesso Prodi di dieci anni or sono, che come si è appena visto non provocò alcun rallentamento o "sottrazione" di crescita.
 
Ora, nell'ipotesi "pessimistica" che la correzione ex LF operata nel 1993 e nel 1997 abbia effettivamente "sottratto" al Pil uno 0,9 (pari al suo ammontare) ciò significa che ogni trimestre si sarebbe dovuto perdere circa uno 0,2, ipotizziamo distribuito tra le sue due componenti "più sensibili" agli interventi fiscali (investimenti e consumi), e cioè uno 0,1 a trimestre per ciascuna. Proviamo ad applicare il modello sin qui ricostruito (ancorchè rudimentale), per trovare indicazioni plausibili in merito ai possibili effetti della LF 2007, tenendo conto che siamo in una fase ascendente del ciclo economico. Il punto, però, è che in un contesto macroeconomico di riavviata crescita il "peso" della sottrazione a consumi e investimenti di un 1% del Pil distribuito su quattro trimestri non è una componente "fissa", ma in realtà viene notevolmente attenuato, se non annullato e/o più che positivamente compensato, dal trascinamento congiunturale positivo che deriva dai trimestri precedenti. Questo è stato il caso dei primi 3 trimestri del 1997 e, notando le analogie con il ciclo economico attuale (che ha svoltato positivamente dal I trimestre 2006), non vi sono fondati motivi per escludere che i primi trimestri del 2007 possano beneficiare di "effetti positivi" di trascinamento.

Ciò detto, resta innegabile che la quantificazione ex ante degli effetti di qualsiasi provvedimento di politica economica sul comportamento degli attori privati (famiglie e imprese) è per sua natura assai delicato. Tuttavia, si può affermare che l'impatto "restrittivo" su consumi e investimenti è largamente funzione del momento congiunturale e del ciclo economico in atto.
        
Un'ultima considerazione sulle possibili conseguenze congiunturali della LF 1997 riguarda il livello della cosiddetta "pressione fiscale" (somma di pressione tributaria, ovvero imposte dirette e indirette, imposte in conto capitale e contributi sociali).
In primo luogo, è bene evidenziare che, se osserviamo un arco di tempo abbastanza significativo (a partire dal 1990) il livello della pressione fiscale così definita non è variato significativamente, fatta eccezione per i primi anni Novanta, per poi stabilizzarsi (salvo il "picco" toccato nel 1997). Proprio nel recente periodo 2002-2005, si nota invece una più accentuata tendenza alla diminuzione; tuttavia, proprio nell'ultimo anno della scorsa legislatura (2006), benché non si tratti ancora di un dato a consuntivo, essa è addirittura aumentata di 1 punto (41,6%) per ritornare esattamente ai livelli del 2001! Ora, l'aspetto curioso è che nessuna parte economica e sociale ha imputato all'ultima LF del governo Berlusconi di avere aumentato la pressione fiscale; semmai, giustamente, si è notato che il limite è stato quello di non aver destinato risorse al riequilibrio dei conti pubblici.

A legislazione vigente, cioè senza ancora incorporare gli effetti della LF 2007, la Commissione europea (6) nelle sue ultime previsioni ha stimato che la pressione fiscale dovrebbe aumentare ulteriormente, ma meno di un punto percentuale: dal 41,6 al 42,4. Come si è visto, gli effetti "fiscali" della finanziaria pesano assai meno. Il ciclo economico è in fase ascendente, i dati sulla produzione industriale sono confortanti, e il quadro congiunturale dovrebbe mantenersi positivo anche per tutto il 2007, grazie al buon andamento della domanda estera (rallentamento USA e Asia assai più blando del previsto, con l'Ue che si mantiene su un sentiero di crescita soddisfacente). E, d'altra parte, non risulta che nel 2006 un punto di Pil di aumento di pressione fiscale, passato - del resto - del tutto inosservato, abbia impattato in alcun modo sulla svolta positiva del ciclo economico occorsa lo scorso anno. E allora perché tanto chiasso se la pressione fiscale aumenta di un mero 0,8?

Tab. 4: Pressione fiscale italiana
in % del Pil ("Tax burden")
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 1990        37,6
 1995     40,1
 1999     42,5
 2000     41,8
 2001     41,5
 2002     40,9
 2003     41,4
 2004     40,7
 2005     40,6
 2006     41,6
 2007     42,4
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Fonte: Commissione europea, 2006 Autumn Forecasts;
1990-2005 consuntivi; 2006 preliminare; 2007 prev.
 
Ciò detto, è probabile - come concordano i principali previsori nazionali ed internazionali - che la crescita economica nel 2007 risulterà lievemente inferiore a quella del 2006; ma tale previsione è stata formulata "a legislazione vigente" nel corso del 2006 sulla base di una valutazione dell'andamento del ciclo economico internazionale, dunque senza tenere affatto conto degli effetti della LF dell'anno successivo. In ogni modo, l'economia italiana crescerà oltre l'1% anche nel 2007 (certo ad un ritmo più vicino all'1,5% che all'1,0%: risultati impensabili nel 2005!); quel che è certo è che quantificarne ex ante gli effetti sulla crescita è esercizio non facile. In questo quadro (crescita economica più robusta che in passato, ancorché "rallentata"), e coerentemente con gli indirizzi della Commissione europea, il governo ha optato per non agire "da cicala"  bensì di operare sul fronte del risanamento: è proprio quando l'economia è in un momento favorevole che occorre evitare la tentazione di politiche procicliche.

Alla luce di questo, nonché dell'evidenza e dei dati del passato, ci sembra che pronosticare serie conseguenze per l'economia per via di una LF che sottrae l'1% del Pil a famiglie e imprese, sacrificando - ma è del tutto ipotetico dirlo - un punto di Pil di crescita oggi per il perseguimento di un primario "bene pubblico" come il risanamento dei conti pubblici (e dunque di una potenziale maggiore crescita domani) sia decisamente eccessivo. In generale, sarebbe auspicabile un ritorno ad un dibattito sui temi del rilancio della crescita, della competitività e dello sviluppo su toni più sobri.
Quello che sta accadendo parallelamente in Germania (terzo Pil e primo paese esportatore netto al mondo) è molto istruttivo: da mesi il governo di "grande coalizione" ha annunciato una misura ben più drastica ed esplicita di aumento della pressione fiscale (in questo caso indiretta): 3 punti di IVA in più a partire dal gennaio 2007. Orbene,  nessuno ha profetizzato chiusure di imprese, strangolamento dei consumi o altre esagerazioni simili.

Le conclusioni che si traggono muovono dalla considerazione che l'obiettivo della LF deve essere primariamente legato allo stato del saldo dei conti pubblici: non a caso essa si chiama (troppi se lo dimenticano) "Legge di Bilancio" (n. 468/78) (7). In generale, è bene tenere a mente che il contenuto restrittivo delle LF non influisce che in misura marginale sul ciclo economico, né in positivo né in negativo. Le dinamiche che sottostanno alla crescita economica in un paese avanzato dell'Ue sono ben altre. Le Leggi Finanziarie possono (e più che mai, nel caso dell'Italia, devono) far quadrare i conti, ma non si può e deve sovrastimarne gli effetti, nel bene e nel male, aspettandosi che da quella che è (o dovrebbe anzitutto essere) la legge di bilancio dello Stato debba dipendere la crescita economica.
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Note
(1)
Centro Studi Confindustria, Note Economiche: Supplemento Mensile n.5 del 18/12/2006.
(2) Ministero dell'Economia e delle Finanze, Programma di Stabilità dell'Italia, Aggiornamento Dicembre 2006,  p. 16. Il dato relativo all'indebitamento netto della PA al 4,8% del Pil cui ci si riferisce in questa sede è in realtà suscettibile di una non trascurabile revisione al ribasso in seguito ai consuntivi 2006 relativi al fabbisogno della PA (resi noti a gennaio 2007). Purtuttavia, il consuntivo dell'indebitamento netto - in particolare quello corretto per il ciclo economico, ancor più rilevante ai fini della correzione dei conti pubblici secondo Eurostat - relativo al 2006 (e che dall'andamento del fabbisogno dipende) dovrebbe confermarsi superiore al 4% del Pil (il dato sarà disponibile a marzo 2007). Del resto, proprio il 10 gennaio 2007 l'Istat ha confermato che il disavanzo acquisito - non corretto per il ciclo - per i primi 3 trimestri del 2006 si attesta al 4,1% del Pil.
(3) Commissione europea, European Economy, Autumn 2006, Statistical Annex.
(4) Sergio Nicoletti Altimari, La Finanziaria e la pressione fiscale, su lavoce.info
(5) Per l'esattezza, non dovrebbe essere tecnicamente annoverato tra le "nuove entrate" di natura fiscale neppure l'aumento dei contributi previdenziali per alcune categorie, dato che non si tratta di un vero e proprio "prelievo" bensì di un differimento di reddito nel tempo. Ma assumiamo che sia così per semplicità espositiva.
(6) Commissione europea, General Government Data: General Government Revenue, Expenditure, Balances and Gross Debt (Part I), Autumn 2006.
(7) I provvedimenti legati agli obiettivi dei saldi di finanza pubblica contenuti ai sensi della L. 468/78 costituiscono il cd. "contenuto obbligatorio"; la LF può però anche contenere il c.d. "contenuto eventuale", ovvero in termini di crescita, con provvedimenti manifestamente espansivi e dunque congiunturali; se strutturali, questi ultimi sono invece di lungo periodo e non congiunturali. Questo accade se la LF contiene alcuni dei famosi "provvedimenti strutturali" (che si invocano a piene mani), ad es. sui centri di spesa pubblica, e che producono effetti permanenti ma che, dovrebbe essere noto, non possono essere contemplati in una LF sola (o non dovrebbero esservi contemplati affatto, in quanto frutto di riforme settoriali emanate in apposite leggi ad hoc), per di più a inizio legislatura.
Mercoledì, 14. Febbraio 2007
 

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