Fiat, due vie: dite la vostra opinione

La crisi può avere due esiti, vendita o rilancio. EL apre un Forum: scriveteci che cosa ne pensate

Nella grande nebbia nella quale la Fiat rischia di sparire s’incrociano ambigui giochi di potere a tutti i livelli. Della famiglia, della finanza, del potere politico.
Migliaia di lavoratori e di famiglie rischiano di essere le vittime dei fallimenti e degli intrighi, e giustamente sono mobilitati, in questo caso con l’unità dei sindacati, per manifestare la loro rabbia, e per rivendicare un piano industriale credibile che non si limiti a differire nel tempo, tramite la cassa integrazione, la perduta del posto di lavoro.

Eppure, nella grande confusione che circonda la vicenda Fiat, una domanda è chiara. L’Italia può ancora ambire ad avere una grande impresa automobilistica, ed è, eventualmente, questo, un obiettivo realistico di una possibile politica industriale nazionale, o bisogna realisticamente rinunciarvi? Finora le risposte, più o meno esplicite, sono due e radicalmente in contrasto.

La prima è che nella globalizzazione della produzione e dei mercati, le imprese automobilistiche che sopravviveranno sanno cinque o sei nel mondo, delle quali probabilmente due in Europa (si veda Nicola Rossi, su “L’Unità” del 16 dicembre). Così stando le cose, l’accordo con la General Motors è (o era) l’unica soluzione, nella consapevolezza di un ridimensionamento necessariamente notevole della capacità produttiva e degli organici, da fronteggiare con un apparato adeguato di ammortizzatori sociali.

L’altra risposta è che l’industria automobilistica rimane centrale, che la Fiat è l’ultima grande impresa manifatturiera italiana, che la Francia ha due gruppi entrambi di grande successo, come Peugeot- Citroen e Renault, e che la Germania ha Volkswagen, Daimler-Chrysler e BMW. Dunque, l’Europa non è affatto tagliata fuori dai giochi, al contrario.

Per cui il problema si deve porre diversamente. E’ ancora possibile per uno Stato nazionale darsi un obiettivo di politica industriale e compiere gli interventi necessari per realizzarla? La questione è stata espressa nei termini più chiari e potremmo dire “disinteressati” da “Le Monde” (15-16 dicembre), che ragiona in questo modo. Tutti parlano di concorrenza da affidare alla piena libertà dei mercati, ma i fatti sono diversi: in America, “lo Stato continua a distribuire finanziamenti per il tramite del Pentagono a tutte le industrie ad alta tecnologia, a cominciare dalla Boeing…il governo di destra francese ha aiutato France Telecom…Gerhard Schroeder si è occupato del salvataggio di MobilCom… La lista degli interventi pubblici in Europa è lunga e multinazionale”. E aggiunge: i grandi gruppi industriali italiani (Olivetti, Montedison…) hanno ammainato bandiera, e oggi sarebbe la volta della Fiat. Per un intervento dello Stato vi sono “buone ragioni”. E’ un peccato – conclude “Le Monde” - che gli economisti non si applichino a fornire idee pratiche che, senza cadere negli eccessi del passato, diano significato all’azione politica degli Stati.

Si tratta di posizioni diverse, anzi radicalmente contrapposte. Parliamo di due analisi e di due scelte politiche di fondo che possono dar luogo a due soluzioni altrettanto diverse e contrapposte.

Ci rivolgiamo ai nostri lettori e a tutti gli interessati per chiedere: Cosa ne pensate? Qual è la vostra idea? Potete esprimere la vostra opinione, semplicemente manifestando la vostra adesione all’una o all’altra tesi in due righe, o argomentando a favore dell’una o dell’altra, o esprimendone ancora una diversa.. Vi invitiamo a farlo su queste pagine di EL on line in un Forum libero da ogni pregiudiziale. Queste pagine sono a vostra disposizione.

Lunedì, 16. Dicembre 2002
 

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