Fiat, adesso si può sperare

Un anno chiuso discretamente, anche al netto delle manovre finanziarie, e soprattutto un ottimo quarto trimestre. Anche se è troppo presto per dichiarare lo scampato pericolo, se il trend sarà confermato si potrà parlare di risanamento
Una rondine non fa primavera…ma si spera”. E’ un vecchio refrain che si attaglia alla situazione di inizio 2006 della Fiat. Per la prima volta negli ultimi dieci anni la Punto si è collocata, nel mese di gennaio 2006, al primo posto tra le vetture vendute in Europa, risultato accompagnato da una crescita importante in termini percentuali delle vendite dell’insieme dei marchi Fiat e dall’aumento di un punto della quota di mercato. E’ un dato che da solo potrebbe sbiadire via via che si disporrà dei dati dei mesi successivi, ma che, accompagnandosi ad altri, più importanti risultati, si presta ad essere il segno visibile di una svolta positiva nell’equilibrio della Fiat, tutt’ora il più importante gruppo industriale italiano.
 
Eppure le buone notizie concernenti la Fiat, che più avanti riassumeremo, hanno tenuto le prime pagine dei giornali per non più di tre/quattro giorni nell’arco del semestre succeduto all’estate 2005, mentre le miserabili vicende bancarie, risoltesi con due forfait a favore dei legittimi interessi di banche straniere, hanno tenuto banco, giorno dopo giorno, per ben oltre il semestre. Qualcosa non va nella capacità di percezione della realtà dei tanti giornali italiani, pur posseduti, con poche eccezioni, da padroni industriali, o industrialotti. Tanto più che quest'annuncio di possibile soluzione della crisi Fiat, trascinatasi per un decennio, è anche merito delle banche italiane, che hanno creduto – o non potevano far altro che credere data la forte esposizione in prestiti all’azienda – in una ripresa invece che in un disastro, ancora un anno fa assai probabile, nell’alternativa di finire nelle braccia di una General Motors, in crisi allora ed ancor più oggi, e quella di esser preda di radicali ridimensionamenti o di estemporanee scalate, o di un’offerta di acquisto al ribasso avanzata nel 2000 dal gruppo tedesco Mercedes /Chrysler.
 
E’ ancora la combinazione di due operazioni finanziarie – la buona uscita pagata da GM per uscire dall’impegno di acquistare la Fiat e il costo per le banche della conversione dei prestiti in partecipazioni azionarie - che ha formato l’utile di 1,4 miliardi di euro a conclusione dell’esercizio 2005. Ma il vero confronto va fatto con la perdita di 1,6 miliardi a conclusione del 2004. E’ chiaro quindi che si sono prodotti altri fatti positivi, oltre alle manovre finanziarie: in sintesi un margine operativo (risultato al netto della gestione finanziaria) positivo per 1 miliardo (risalito da 0,6 miliardi in negativo nel 2004) e una riduzione dell’indebitamento per 7 miliardi. E’ quindi la gestione industriale che ha spinto una ripresa che la sola manovra finanziaria – completata dal decisivo apporto di danaro fresco degli Agnelli – non avrebbe consentito di raggiungere. Ed è il buon risultato d’insieme che ha consentito alla Fiat di ritornare sul mercato lanciando un prestito obbligazionario.
 
La ripresa di una quota di controllo del 30% attuata dagli Agnelli ha consentito, tra l’altro, alle banche di avviare un graduale – perfino troppo rapido – disimpegno – prima in forma di prestiti, poi di partecipazioni azionarie – mettendo sul mercato una quota importante dei mezzi finanziari da anni immobilizzati a sostegno della Fiat. Le banche italiane hanno un gran bisogno di mezzi finanziari disponibili per rispondere alla frustata che hanno subito con le recenti acquisizioni da parte di banche straniere.
 
Ancora una volta quindi ciò che accade in Fiat, nel bene e nel male, ha condizionato fortemente ed ancor più in modo emblematico, sia il panorama industriale sia quello finanziario nell’Italia. Ciò ha prodotto anche una immediata ripercussione sul fronte sindacale, con un congresso della FIOM che ha riproposto il primato della categoria all’interno della CGIL e un ruolo di guida dei metalmeccanici più in generale. Quanto questo indubbio primato debba essere giocato in forme antagonistiche o in modi più coordinati con il movimento dei lavoratori nel suo insieme è da vedere, probabilmente con prudenza per tener conto che quanto più sopra rilevato sul miglioramento dell’equilibrio gestionale della Fiat è per ora più una promessa che una realtà asseverata dai risultati.
 
I ricavi (vendite) del 2005 sono aumentati nel complesso solo del 2%, ma del 7,5% nel quarto trimestre dell’anno; del 2,5% per l’auto nel 2005 e del 6,6% nel quarto quadrimestre, il risultato operativo dell’auto non è ancora positivo, essendo rimasto in negativo nel 2004. Anche per il 2006 le aspettative sono prudenti: un raddoppio del margine operativo di gruppo, tuttavia ancora ben lontano da quelli conseguiti nella parte migliore degli anni ’90, ed appena al di sopra del pareggio per il settore auto. Inoltre il risultato di punta nelle vendite in Europa, accennato all’inizio, si è realizzato con la Grande Punto, non una vettura del nuovo ciclo Fiat, ma il restyling presentato nel settembre 2005 di un modello che è sul mercato dal 1993.
 
Appare quindi calibrato il prudente commento del segretario della CGIL Guglielmo Epifani “I dati sono buoni. Ora bisogna evitare i licenziamenti”. A questo riguardo è di buon augurio il fatto che nello stabilimento di Termini Imprese, che all’acme della crisi era stato candidato alla chiusura, si sia raggiunta la quota 4 milioni di auto prodotte. 
 
Venerdì, 24. Febbraio 2006
 

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