'Fare del bene' di Bruno Manghi

Un'analisi delle motivazione che spingono sempre più persone ad occuparsi degli altri, tanto che il sociologo torinese aveva proposto come sottotitolo "Un piacere del nostro tempo"
Esattamente trent'anni fa Bruno Manghi scriveva il celebre saggio "Declinare crescendo" in cui denunciava i segni di un possibile declino del mondo sindacale e della sua visione politica e sociale proprio quando il sindacato si trovava all'apice della propria ascesa organizzativa e istituzionale.  La caratteristica del sociologo torinese è proprio quella di saper indagare i fenomeni sociali senza seguire le mode, ma attraverso l'intelligenza di chi sa andare controcorrente non per civetteria, ma perché attento all'evoluzione dei fenomeni del proprio tempo.

L'ultima produzione letteraria di Manghi è un libretto, edito per Marsilio, intitolato "Fare del bene".  Manghi  racconta come avesse indicato un sottotitolo abbastanza provocatorio e cioè "Un piacere del nostro tempo", mentre più prudentemente l'editore ha poi scelto: "Il piacere del dono e la generosità organizzata". Il libro affronta il tema del dono nelle moderne società del benessere occidentali e lo svanire progressivo in esse delle credenze nella liberazione definitiva dai mali sociali di cui si è alimentata la politica di massa del novecento.

Il tema su cui indaga il libro è in realtà amplissimo: il dono ha visto riflessioni filosofiche ed antropologiche che hanno coinvolto da Mauss a Polany, da Gandhi a Simone Weil, ma Manghi si sofferma su un punto specifico: da dove parta e come si alimenti, oggi, "l'impulso del bene".

La tesi di Manghi è l'appartenenza al genere umano, oggi nelle nostre società ricche, di "luci inattese in cui le nostre giornate sono in realtà circondate da atti generosi, da un altruismo che prima avevamo ignorato". La generosità individuale, anche organizzata, è, secondo la tesi del testo, il frutto di una precisa scelta soggettiva che convive con il benessere ed il consumismo e che porta all'autorealizzazione di chi dona. Fare del bene è quindi un gesto profondamente liberatorio, quasi egoistico, nel senso positivo del termine; un'emozione che supera il recinto del dovere e del dover essere e incontra invece il "principio del piacere".
 
Il bene incrocia poi principalmente due fasce sociali: gli anziani ed i giovani che sono i più liberi nella loro ricerca creativa e soggettiva nel fare del bene. Di qui  la "sopresa degli anziani" sempre in crescita, sempre più dotati di risorse e sempre più perno dell' associazionismo.

Forte della sua storia ed esperienza personale Manghi affronta poi il tema della "liberazione dal male" e cioè le forme che la politica nel novecento ha sperimentato per l'innalzamento degli ultimi e la risoluzione delle ineguaglianze sociali; Manghi racconta di un bilancio ancora da scrivere, fatto di conquiste indiscutibili e orrori, successi e catastrofi.

La generosità organizzata e diffusa, secondo Manghi, "facendo i conti con il male è interessata alla sua interpretazione, ma non motivata necessariamente da una determinata filosofia o credenza, specialmente in un mondo come il nostro, estremamente pluralista nelle scelte religiose e di valore". Non si abbandona pertanto un'esigenza di trasformazione, ma non si ripercorrono percorsi ottocenteschi e novecenteschi: la filantropia volontaria non va caricata di speranze estreme, ma apprezzata nel suo sviluppo individuale e non messianico.

Quale ruolo quindi del volontariato? Esso è la più solida forma di generosità organizzata del nostro paese, è in crescita da decenni. Ciò che si sostiene nel libro è la difesa del bene delle azioni generose dall'ansia di affidare ad esse, di nuovo, il fardello di un compito storico, con il rischio però di fare del volontariato uno strumento troppo istituzionalizzato e di supplenza delle carenze pubbliche.

La libertà e l'efficacia del bene - lo scrive una figura che ha vissuto il proprio impegno sociale nelle lotte collettive, dall'animazione delle parrocchie di periferia della metropoli tayloristica torinese in espansione, all'esperienza dell'Università Cattolica della fine degli anni '60, fino all'incontro con il mondo in subbuglio dei metalmeccanici del decennio successivo, all'esperienza della pedagogia nonviolenta vissuta insieme a Danilo Dolci a Partinico e a tanti altri mondi di confine - vive attraverso la disponibilità delle persone "normali" disposte, individualmente, al bene.

L'innocente piacere del bene fa di esso un'esperienza di una portata straordinaria poiché "osa disobbedire all'incombere del male e rivela altre possibilità di esistenza".
Come ben ci avverte Bruno Manghi: "la speranza che questa energia così preziosa non va esaurita nell'attesa di un possibile domani, ma vive del presente".
 
Bruno Manghi
Fare del bene - Il piacere del dono e la generosità organizzata
Marsilio, pp. 96 - euro 8
Giovedì, 29. Marzo 2007
 

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