Europa verso il caos energetico?

I prezzi dell’energia volano per una serie di motivi, sia di domanda che di offerta, e l’authority di settore ha proposto di rendere permanenti gli sgravi provvisori decisi dal governo. Ma, specie di fronte alle sfide della transizione green, molte cose andrebbero ripensate, a cominciare dal sistema di formazione dei prezzi

Nell’autunno del 2021 si è verificato un aumento dei prezzi dell’energia, figlio di molti padri, internazionali e interni. Per evitare difficoltà politiche, il governo italiano ha preso i rincari su di sé, assumendosene il costo e scaricandolo – forse – sui duecento miliardi del Pnrr, in un primo momento e poi… Le voci degli aumenti sono in sostanza due: CO2 e gas.

La dinamica dei prezzi della CO2 e del gas

A settembre 2020, con alcuni mesi di ritardo dovuto alla pandemia Covid, l’Autorità di regolazione per l’energia reti e ambiente, Arera, ha presentato a Parlamento e governo la Relazione annuale sullo stato dei servizi.

 La Relazione si sofferma sulla dinamica dei prezzi dell’energia che – dopo la discesa che aveva caratterizzato il 2020 – con la ripresa dell’economia registra decisi rialzi dovuti sia alla impennata dei prezzi delle commodity energetiche (es. gas) per difficoltà di approvvigionamento, sia alle quotazioni raggiunte dai Permessi di emissione di CO2, quei permessi che le aziende energetiche acquistano per “poter inquinare”. (ETS, Emission Trading)

Quotazione dei permessi di emissione

Negli ultimi mesi si è assistito ad un incremento sensibile del prezzo della CO2, raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2020, oltre i 60 Euro/t. Cosa ha spinto cosi in alto le quotazioni dei Permessi di emissione?

La Commissione europea ha presentato il 14 luglio scorso il pacchetto di misure “Fit for 55” volto al perseguimento della riduzione entro il 2030 delle emissioni di gas serra di almeno il 55% rispetto al 1990 (oggi siamo al 20%), e al raggiungimento della carbon neutrality entro il 2050. Ciò significa che il CAP (quantità massima di emissioni) dovrà scendere velocemente a partire dal 2024. In questo caso è certo che a salire saranno i prezzi delle quote di CO2 collocabili all’asta nel periodo 2022-2024, contribuendo a spingere in alto il costo del servizio elettrico. Conclusione: nei prossimi anni le quotazioni dei permessi permarranno alte.

Le quotazioni del gas

Il principale responsabile del caro energia (gas ed elettricità) non è certo il costo Ets che incide per il 20%, ma senza dubbio il prezzo del metano, che trascina il prezzo del servizio elettrico e ovviamente del servizio gas.

Le quotazioni di questa commodity sono quintuplicate dall’inizio dell’anno fino a raggiungere in ottobre i 116 Euro per MWh.

 Il PUN, prezzo unico nazionale dell’elettricità, non è stato da meno: 217,6 Euro Base load e 242,93 euro il picco, prima decade di novembre. 

A ottobre i consumi di gas naturale appaiono in consistente crescita (+5%) rispetto allo stesso mese del 2020. La spinta arriva dal settore termoelettrico, sostenuta dalla domanda di energia elettrica e dalla minore offerta di energia rinnovabile. In flessione i consumi del settore industriale e civile in attesa dell’inverno. Il segnale positivo è che continuano le iniezioni nei siti di stoccaggio. Ma l’inverno è alle porte e gli squilibri tra domanda e offerta di gas evidenziano che in Europa è ancora assente una strategia di medio-lungo periodo, anche geopolitica, in grado di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e la stabilità dei prezzi.

Oggi vediamo che la scelta di affidarsi completamente al mercato Spot abbandonando i contratti a medio-lungo termine non conviene. Lo scontro esistente tra Russia e Germania (l’Europa) sulla certificazione del gasdotto Nord Stream 2 aumenta l’incertezza e la volatilità dei mercati europei.                                                                                                                                           

Squilibri nel mercato del gas

1) Andamento della domanda e delle quotazioni del metano. Vari fattori spingono in alto le quotazioni del gas metano:

- La ripresa economica europea e il rimbalzo post-lockdown dell’economia italiana hanno spinto la domanda dei settori dell’industria e dei servizi energetici.

- La ripresa dell’economia asiatica, di India e Cina, dove alcune centrali a carbone sono state spente o sostituite da impianti a gas, ha spinto la domanda, in particolare Gnl. Quelle forniture sono legate a contratti a medio termine con garanzia di consegna (i tanto criticati Take or pay); ciò ha ridotto l’offerta all’area  mediterranea.

- Eventi non prevedibili: l’assenza di vento nel mare che circonda il Regno Unito ha rallentato la produzione eolica, con conseguente ricorso alle fonti fossili; la manutenzione non programmata di alcune centrali nucleari francesi.

- Il timore di un prossimo inverno rigido e l’eventuale difficoltà di approvvigionamento che ha spinto in alto le quotazioni dei futures.

- La previsione che il contesto geopolitico europeo rallenterà l’entrata in funzione del Nord Stream 2 e le conseguenti reazioni della Russia. Il lento riempimento da parte di Gazprom dei propri stoccaggi europei e la mancata partecipazione alla recente asta di capacità del gasdotto Yamal per dicembre, (45 milioni di metricubi/giorno previsti), mantengono elevata l’incertezza degli approvvigionamenti fino alla fine dell’anno.

- Le aste di rinnovabili che in Italia vanno a vuoto.

2)  Dal lato dell’offerta: vari aspetti determinano la penuria di gas disponibile sul mercato:

- Basso livello di giacenza degli stoccaggi nazionali, garanti della stabilità, in calo del 17% a causa dell’inverno 2020 particolarmente lungo (la giacenza è minore dell’11% rispetto al livello di fine ottobre 2020).

- Predominio dei contratti spot e abbandono dei Take or Pay, contratti a lungo termine che, al contrario, garantiscono consegna, stabilità e prezzi indicizzati (a volte più alti dello spot ma meno volatili).

- Sempre in calo la produzione nazionale! L’offerta interna rappresenta oggi solo il 4,6% del gas immesso in rete, le importazioni il 95%.

- Infine le importazioni: la geopolitica. I terminali vengono citati con molta disinvoltura. Chi si ricorda più che il terminale di Panigaglia è in comune di Portovenere e il rigassificatore di Cavarzere è dentro il delta del PO? Ma andiamo avanti.  Al Nord dopo più di un anno tornano in crescita i flussi di Passo Gries-Olanda; in flessione i flussi provenienti da Tarvisio-Russia, (ottobre -11%).

Nel sud, bene Melendugno-Grecia la cui quota sul totale importato rimane stabile al 13%. Crescono i flussi algerini a Mazara, Gela-Libia in discesa, -35%.  Per quanto riguarda i terminali Gnl quello di Livorno risulta non operativo, Panigaglia vicino allo zero, Cavarzere-Adriatico, in discesa del 20%.

-L’ambiguità, l’opacità, la poca chiarezza circa il ruolo del metano dentro la transizione energetica. Questa incertezza determina il rallentamento degli investimenti in ricerca, nuove strutture di approvvigionamento, trasporto e stoccaggio, anche a livello europeo.

L’Europa si avvia verso il caos energetico? Ci auguriamo di no, anche se siamo in presenza di forniture insufficienti e scorte che non riescono a costituirsi a fronte di un inverno che potrebbe risultare molto rigido.  (La mancata omologazione-certificazione del Nord Stream 2 priva l’Europa di forniture pari a 55 miliardi di m3/anno di gas che transiterebbero nel nuovo gasdotto).

Torniamo alle quotazioni del gas. Gli aumenti dei prezzi del gas si sono riverberati rapidamente sulle tariffe energetiche. I recenti interventi del governo hanno mitigato temporaneamente l’effetto gravoso sui prezzi finali che pagano gli utenti domestici e i 6 milioni di utenze “non domestiche” (artigiani, pmi, ecc.), ma i provvedimenti finanziari temporanei non sono sufficienti.

L’authority Arera, nell’audizione del 9 novembre presso la Commissione industria della Camera, ha posto con estrema chiarezza l’esigenza di rendere strutturale “il finanziamento di alcune misure di politiche pubbliche in campo sociale e industriale previste dai recenti interventi legislativi e attualmente coperte tramite il gettito di componenti tariffarie degli oneri generali”, con trasferimenti dalla fiscalità generale.  Oneri generali quali il costo dei Bonus sociali, delle agevolazioni per le imprese “energivore”, delle agevolazioni per la trazione ferroviaria e altro.

Per quanto riguarda i meccanismi di incentivazione delle fonti rinnovabili l’Autorità propone di finanziare con “contributi esterni” (la fiscalità) solo gli oneri relativi ai contratti di incentivazione già conclusi, ad eccezione di quelli stipulati a seguito di aste con ”contratti differenziali a due vie” (...).

In sintesi Arera chiede di rendere strutturali:

- La destinazione del gettito derivante dalle aste per l’assegnazione delle quote di emissione della CO2, come stabilito nei recenti provvedimenti del governo,

- La riduzione di alcuni oneri generali di sistema,

- L’impegno strutturale di fondi di bilancio dello Stato per finanziare gli oneri generali non strettamente afferenti al sistema energetico.

Le proposte dell’Autorità in ordine al contenimento in via strutturale dei prezzi energetici sono sostenibili e fondamentali per contenere la spesa degli utenti. Restano irrisolte le criticità che riguardano l’assetto della Borsa elettrica, il sistema di formazione del prezzo ufficiale di mercato, il Pun.

La configurazione del mercato elettrico italiano: la Borsa elettrica

In un sistema energetico come il nostro, con un parco di generazione dotato in prevalenza di cicli combinati, le quotazioni della commodity gas incidono significativamente sul costo di generazione del KWh. Un secondo fattore che contribuisce a tenere alto il prezzo del servizio elettrico è dato dalla configurazione della Borsa elettrica e dal sistema di formazione del prezzo (Marginal Price System). In sintesi, data l’architettura del mercato elettrico italiano la generazione a gas determina il prezzo di borsa nel mercato del giorno prima (MGP).

Adesso entriamo in un mondo adatto a esperti, di Borsa e di elettricità. Insieme hanno configurato un sistema senza uguali. La Borsa elettrica è un mercato telematico per la negoziazione dell’energia elettrica all’ingrosso gestito dal GME, Gestore del mercato elettrico. Per quanto riguarda la struttura, il mercato elettrico si suddivide in tre diverse e distinte piattaforme:

- Mercato Elettrico a Pronti (MPE)

- Mercato elettrico a Termine (MTE)

- Piattaforma per la consegna derivati energia, CDE

Il Mercato a pronti MPE si articola a sua volta in tre sotto-fasi:

Mercato del giorno prima (MGP)

Mercato infragiornaliero (MI)

Mercato del servizio di dispacciamento (MSD)

Il Mercato del Giorno Prima, MGP, è quello che ospita il maggior numero di transazioni, quello più liquido. Gli scambi riguardano blocchi orari di energia per il giorno successivo. E’ un mercato” ad asta” e non “a contrattazione continua”. Le offerte vengono valorizzate al cosiddetto PUN, Prezzo Unico Nazionale.

Il system marginal price

Il system marginal price è il meccanismo attraverso il quale viene stabilito il prezzo finale di mercato del giorno prima.

Il sistema in questione è, ad oggi, il metodo di fissazione del prezzo dell’elettricità maggiormente diffuso in Europa. Con questo sistema l’incontro della domanda e dell’offerta avviene nel modo seguente:

- Lato offerta, gli operatori indicano le quantità di energia che sono disposti a fornire e il prezzo minimo al quale sono disposti a vendere (prezzo minimo di cessione).

- Lato domanda, gli operatori indicano invece le quantità di energia che desiderano acquistare e il prezzo massimo che sono disposti a corrispondere (prezzo massimo di acquisto).

Successivamente si selezionano le offerte secondo un criterio di merito economico. Le offerte di vendita vengono prima selezionate e poi ordinate secondo un ordine crescente di prezzo, mentre le proposte di acquisto vengono ordinate in maniera decrescente. Il risultato sarà il prezzo di equilibrio che si ricava dal confronto tra le offerte di vendita e di acquisto, tale da massimizzare il volume di scambi.

In questo modo tutti gli operatori vengono remunerati al “prezzo marginale”, pari a quello relativo all’ultima offerta selezionata (che vista la struttura del parco italiano proviene sempre da una centrale a gas), a prescindere dal prezzo precedentemente offerto dal singolo operatore.

Il vantaggio associato al system marginal price - affermano i sostenitori - è l’incentivo all’innovazione e all’efficientamento della produzione e la differenza tra il prezzo dell’offerta e il prezzo marginale premia l’efficienza degli impianti e consente ai produttori di investire in tecnologie che abbattano i costi e in nuove centrali.

Il marginal price premia tutti gli operatori che hanno offerto ad un prezzo inferiore, che si vedono riconosciuto un prezzo più alto e si trovano a beneficiare di superprofitti ingiustificati, di rendite che non è detto siano reinvestite e che frequentemente ostacolano il trasferimento di eventuali vantaggi di prezzo sulle bollette degli utenti.

Questo sistema delle aste uniformi inoltre favorisce le “collusioni tacite”, i produttori sono tutti interessati alla partecipazione all’asta di impianti poco efficienti con costi marginali più alti dei loro perché sono (purtroppo) gli impianti meno efficienti che determinano il prezzo di Borsa di cui tutti beneficeranno.

E che fine fa la concorrenza tra produttori, caratteristica di ogni mercato? Poiché l’energia elettrica - si sostiene - ha le caratteristiche del bene omogeneo, la concorrenza tra fornitori si gioca nella capacità di ridurre i costi di produzione.  Ma il prezzo di Borsa è determinato dall’offerta più alta e dunque la riduzione dei costi resta drenata dai profitti dei produttori. E frequentemente i costi più bassi sono dovuti esclusivamente al tipo di fonte utilizzata, ad es. il carbone, oppure nel caso delle energie rinnovabili, allo scarso peso dei costi variabili (fotovoltaico) e non all’innovazione e all’efficienza.

Solo un mix energetico a forte prevalenza delle energie rinnovabili può ridurre il ruolo degli impianti di generazione a gas che, a seconda delle condizioni meteorologiche, farebbero il prezzo solo per poche ore al giorno. In questo caso il “prezzo medio” dell’elettricità sarebbe molto più basso (il prezzo medio del Kwh rinnovabile è prossimo a zero).

Un mix energetico più verde offre un doppio risultato, riduce le emissioni di CO2 e le bollette elettriche degli italiani.

E’ evidente che il meccanismo della formazione dei prezzi necessita di una profonda ed accorta verifica, eventualmente di una revisione (manutenzione). La transizione energetica riguarda anche la fatturazione dei servizi. In Italia non siamo più all’inizio del 2000 quando servivano nuove centrali termiche più efficienti e più pulite e la probabilità di reinvestimento degli utili era realistica; oggi lo scenario è cambiato, il pacchetto “Fit for 55” e la transizione energetica richiedono massicci investimenti in energie rinnovabili per raggiungere la carbon neutrality al 2050.

In conclusione, i nuovi scenari all’orizzonte richiedono una visione globale dei sistemi energetici che va dalla modifica del mix energetico, alla sicurezza degli approvvigionamenti, al livello dei prezzi  che pagano gli utenti, domestici e non. Quanto accade oggi è dovuto all’assenza di una governance europea della politica energetica e di un vero mercato unico dell’energia tante volte invocato, strumenti indispensabili per la transizione energetica, per gestire il green deal e i Pnrr dei singoli paesi.

Il coordinamento degli approvvigionamenti e della gestione degli stoccaggi (un hub europeo del gas?), un atteggiamento unitario nel confronto con la Russia, come una verifica e revisione dei sistemi di formazione dei prezzi delle Borse energetiche europee potrebbero diventare i primi concreti segnali di svolta.

Sabato, 11. Dicembre 2021
 

SOCIAL

 

CONTATTI