1-PREMESSA
Anche in materia di energia emergono i limiti dintegrazione dellUnione Europea e la sua incapacità di mettere in campo e sostenere iniziative forti, perché condivise da tutti i suoi membri. I
Le domande da porsi sono allora le seguenti:
- qual è oggi la politica energetica dellEU, se ne esiste una?
- quale dovrebbe essere e su quali tecnologie dovrebbe basarsi?
2-FRAMMENTI DI POLITICA ENERGETICA DELLEU
In tema di energia, la situazione dellEU è un bicchiere più vuoto che pieno, anzi quasi del tutto vuoto.
Pieno sarebbe se esistesse ununica e condivisa politica di unEU unanime, che governasse con rigore ed autorevolezza il suo ciclo energetico. In realtà siamo più vicini ad una totale assenza di politica concertata e perfino il mercato interno non è affatto armonico e solidale.
Gli interventi da parte delle istituzioni EU sono risultati difficili da varare, ancorché non incisivi; sia le Direttive esplicitamente energetiche, sia quelle ambientali-energetiche, di promozione delle fonti primarie rinnovabili e dellefficienza energetica e del Protocollo di Kyoto.
Su questo tema, lEU ha dovuto misurarsi con un sostanziale veto della Gran Bretagna (e lopposizione ancor più evidente delle lobby petrolifere e multinazionali), ostili al varo di una politica energetica comune. La riunione plenaria dei Ministri dellEnergia e dellAmbiente del 1990 identificò i tre strumenti che lEU riteneva determinanti per tracciare un percorso comune vincente:
- la definizione di una normativa unificata e condivisa
- il varo di una politica fiscale armonizzata
- la messa in campo di una politica unificata di ricerca tecnologica nel comparto energetico.
Il perseguimento dei tre obiettivi non ha avuto fin qui successo.
Oggi non esiste nemmeno un Piano Energetico Europeo; in 10 anni, lEU si è data ben 3 Libri Verdi (LV), lultimo dei quali, Una strategia europea per una energia sostenibile, competitiva e sicura, è stato presentato l8 marzo 2006, con una cerimonia quasi imbarazzante ed emblematica.
Barroso e Piebalgs, Commissario allenergia, hanno sottolineato con enfasi lindispensabilità di una strategia unitaria (che quindi ad oggi non cé): lEU importa il 50% dellenergia primaria che utilizza e con lattuale trend raggiungerà il 70% di importazioni al 2020 (lItalia già oggi è all82%). Hanno fatto proprio lautorevole parere dellIntergovernamental Panel for Climate Change (IPCC) e le sue catastrofiche previsioni, sottolineando che gli impegni del Protocollo di Kyoto sono addirittura inadeguati.
Tutto questo considerato, e tenuto conto che per lindustria europea la sfida è oggi quella di tener dietro ad investimenti colossali (1000 miliardi di euro allanno in Europa; 13.000 nel mondo), il LV, tenta di avviare una politica energetica condivisa (voluta, secondo i sondaggi, dal 48% degli europei, contro un 37 % che la vogliono nazionale ed un 8% addirittura solo a scala locale), con tre principali obiettivi:
-sviluppo sostenibile
-crescita della competitività
-massima sicurezza degli approvvigionamenti.
Le priorità sono:
-rendere totalmente competitivo il mercato interno dellenergia
-concordare un mix delle varie fonti primarie da utilizzare (assicurando la sussidiarietà tra i 25 Stati membri)
-assicurare la massima sicurezza di approvvigionamento di energia primaria
-creare una Strategic European Energy Review, che sovrintenda al controllo sui contributi delle diverse fonti, anche interne, e del low carbon
-rispettare gli impegni di Kyoto, assicurando competitività e sicurezza degli approvvigionamenti.
3-LA POLITICA CHE LEU DOVREBBE PROMUOVERE
La politica che lEU dovrebbe adottare subito deve partire da dove il suo ultimo LV intende arrivare tra 5 anni.Lo scenario di riferimento è infatti il seguente:
-i paesi OCSE, le tigri asiatiche, ma soprattutto i paesi effettivamente e rapidissimamente in via di sviluppo (
-luso massiccio e crescente di fonti fossili è una ormai evidente e già oggi insostenibile minaccia per lambiente;
-si vanno consolidando velocemente nuove lobby e cartelli politico-commerciali che vedono protagonisti aggressivi e determinati (quali
-il mercato del petrolio, fonte primaria di riferimento perché rimane insostituibile per il comparto dei trasporti, è drogato dalle speculazioni finanziarie (addirittura i 2/3 delle transazioni sarebbero solo finanziarie!);
-alcune tra le principali risposte tecnologiche cercate in alternativa alla soluzione fossili/nucleare (lauto elettrica; la fissione nucleare intrinsecamente sicura o di quarta generazione; la fusione nucleare) hanno fallito o sono ancora lontane. Il nucleare da fissione di quarta generazione è ancora lontano;
-le fonti rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico, biomasse, geotermico, etc.) sono ritenute non competitive. Ma è noto che la convenienza delle fonti commerciali è opinabile, se si tengono in conto anche le esternalità, cioè i costi legati agli effetti indiretti del ciclo dellenergia (inquinamento, salute, sicurezza).
La strada intrapresa è dunque insostenibile. Ed infatti è in atto una lunga fase di trasformazione dellintero scenario energetico. Oggi non si può dire con certezza verso quale soluzione andiamo, né quale sarà il modello energetico del 2050. Ma lEU nel suo insieme avrebbe i mezzi ed il peso per orientare questa transizione verso una soluzione socialmente e politicamente sostenibile, vicina ai suoi principi ispiratori.
Oggi un governo del ciclo dellenergia, deve proporsi, nellordine:
-la creazione di una filiera tecnologica dellefficienza energetica e delluso razionale dellenergia. E questa una prospettiva industriale di grande consistenza: si devono produrre utilizzatori, specie di tipo elettrico (lampadine a basso consumo, elettrodomestici, motori elettrici) per almeno 200-250 miliardi di euro in pochi anni; e poi si devono distribuire, installare, manutenere, sostituire. Sono prodotti tipicamente adatti alla media-piccola impresa (in cui lItalia è tradizionalmente allavanguardia, con
-la creazione, a scala europea, di un nuovo comparto industriale delle tecnologie e degli impianti basati su fonti energetiche rinnovabili.
Esaminiamone le tre principali filiere:
a)la filiera eolica:
In Europa sono installati oltre 40.000 MW di eolico; di questi
b)la filiera solare, le cui potenzialità sono enormi. Nel solare termico (produzione di calore a bassa e media temperatura, a parte il termodinamico), ancora la Germania, con lAustria e la Grecia e la Spagna, è leader in Europa; nel fotovoltaico, con il Giappone e gli Usa, nel mondo. Il limite è la scarsa densità e laleatorietà della fonte; i pregi: la quantità, la diffusione, la democraticità, per dirla con Rifkin. Le prospettive sono più che promettenti, ma subordinate ad una convinta, costante e duratura azione di pilotaggio (con mano pubblica) del mercato, dincentivazione, di standardizzazione e di semplificazione delliter autorizzativo;
c)la filiera delle biomasse: qui parlare di filiera è particolarmente opportuno. Produrre oli vegetali da trasformare in biocarburanti o coltivare biomasse legnose da destinare alla combustione o alla gassificazione (fino allidrogeno) significa coinvolgere un comparto, quello agricolo delle aree dismesse o delle colture non competitive da convertire, puntando alla produzione di surrogati dei derivati del petrolio e la sostituzione nellautotrazione, dove il petrolio è ancora praticamente indispensabile.
Cè poi lindotto nella distribuzione dei nuovi carburanti. Infine, gli attuali motori andranno modificati ed alcune trasformazioni possono essere realizzate da piccole e medie imprese, diffuse su tutto il continente e complementari alle grandi case automobilistiche;
- la microcogenerazione diffusa, con piccoli impianti che producano calore (destate anche freddo) ed elettricità a scala di distretto, di quartiere e perfino di edificio. I mini e micro-impianti sono unalternativa concreta alle megacentrali ed una risposta al pericolo di collasso delle reti continentali di distribuzione dellenergia (elettrica, del gas, del petrolio) che cominciano a scricchiolare, come dimostrano i black out o le crisi politiche che si manifestano nella distribuzione (le recenti, impreviste crisi del gas russo costituiscono un segnale dallarme ben chiaro).
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Gli oppositori osservano che linsieme delle azioni ipotizzate comporta investimenti immensi e tempi di realizzazione troppo lunghi: la concorrenza dei sistemi esistenti, economici e disponibili ovunque, scoraggerebbe qualsiasi investitore o politico.
Ma la forza di tali proposte è che esse sono necessarie e indifferibili e che degli investimenti e delle azioni qui auspicate vanno visti gli aspetti positivi: lopportunità per una nuova economia sostenibile ed un rilancio, previa riconversione tecnologica, delle economie europee, stagnanti o in recessione.
Ecco perché i primi entusiasti fautori chiamano già questa strategia
-assicura la protezione dellambiente
-è democratica e guarda anche alla piccola scala ed alle realtà e comunità locali
-è ad alta intensità di manodopera
-va nella direzione dellenergia diffusa e dellidrogeno.
4-LA VERA RIVOLUZIONE.
Un discorso a parte merita lidrogeno. Di esso si parla molto oggi, come della soluzione globale: non sarebbe completa una analisi delle possibili strategie dellEU che non inquadrasse, sia pur sommariamente, la questione idrogeno.
Lidrogeno NON è una fonte primaria di energia; mentre è il migliore combustibile che conosciamo, perché ad altissima densità di energia e totalmente pulito nella combustione. Elelemento più diffuso, ma ciò non risolve, direttamente, il problema della penuria di fonti primarie nuove (pulite e rinnovabili), perchè in natura esso è presente nellacqua (H2O) o negli idrocarburi (CXHY), ma sempre legato ad altri elementi.
Il primo problema strategico che lH2 comporta è dunque la sua produzione: partendo da una materia prima (acqua o idrocarburi), occorre energia primaria per separare lidrogeno dallossigeno con cui è legato nella molecola dacqua, o dal carbonio negli idrocarburi.
Oggi si producono nel mondo 60 Mt allanno di H2 (per scopi industriali, non energetici) e lo si fa partendo dal metano, aggravando quindi il problema dei carichi ambientali e della limitatezza delle risorse fossili.
La soluzione strategica che molti di noi vedono è invece la produzione massiccia didrogeno con impiego esclusivo di fonti rinnovabili, quando esse non possono essere usate direttamente.
Poi, certamente, si deve affrontare il problema di creare nuove infrastrutture di distribuzione e impianti di utilizzazione dellidrogeno (motori a combustione modificati, ma, soprattutto, celle a combustibile, la grande promessa tecnologica del prossimo futuro).
Tutte le tecnologie per la produzione, distribuzione ed utilizzo dellidrogeno sono già disponibili nei nostri laboratori e a un passo dalla commercializzazione. Non sono, ovviamente, già competitive, visto lenorme divario di diffusione; nulla fa però escludere che possano diventarlo.
Non cè spazio qui per discutere delle riserve di molti strateghi energetici, sostenuti da lobby avverse a questa innovazione, i quali contestano lopportunità e la plausibilità della scelta di puntare sullidrogeno e sulle celle a combustibile (i loro utilizzatori). Noi riteniamo che le complicazioni, innegabili, di questa scommessa sullera dellidrogeno, gli enormi investimenti necessari, le incertezze che ogni cambiamento rivoluzionario e radicale porta con sé, gli stessi costi energetici aggiuntivi che comporta il passaggio dalle fonti rinnovabili allidrogeno con il quale alimentare le utenze, siano tutti giustificati dallobiettivo di accumulare le enormi quantità di energie naturali rinnovabili, altrimenti inutilizzabili, nel nuovo vettore energetico, lidrogeno.
Esso ci consente, sia pure con rendimenti bassi e costi oggi assai elevati, di impiegarle in modo assolutamente pulito e con un ciclo chiuso. Utilizzando energie rinnovabili, si può produrre idrogeno dallacqua e quando questo alimenterà le celle a combustibile di un autobus o di unautovettura consentirà una mobilità del tutto sostenibile, restituendo piccoli spruzzi di gocce o di vapor dacqua e chiudendo il ciclo naturale. In questo caso, allora, lenergia primaria impiegata sarà rinnovabile e la materia prima di part