I commenti sullesito primo turno delle amministrative concordano in prevalenza su alcuni punti essenziali.
1. Berlusconi è il grande sconfitto, e cambia un pezzo della storia politica italiana. Il tentativo di ridurre la portata della sconfitta addossando le colpe a Letizia Moratti è ridicolo; è stato lo stesso premier a trasformare il voto milanese in un referendum su di lui, imponendosi come capolista e insistendo sul valore politico del risultato. Al di là di ogni dubbio la prova è anche nel numero di preferenze personali che ha ottenuto: erano state quasi 54.000 nel 2006, e nonostante lappello a superare quel traguardo ne ha ottenute stavolta poco più della metà, meno di 28.000.
2. Ma la cosa più importante è probabilmente unaltra. Nel mezzo della crisi "globale", tutta l'Europa va a destra, dal Regno Unito di David Cameron ai diffusi successi dei partiti xenofobi. In Italia il malessere e la protesta si sono espressi invece con una svolta a sinistra. La Lega è rimasta al palo, contrariamente alle previsioni; il Terzo Polo di centro di Casini, Fini e Rutelli si è rivelato inconsistente, contrariamente aalla tesi che lo vedeva come la novità più importante dello scenario politico. A sinistra, il Pd va bene (non solo per Torino e Bologna, abbastanza scontate, ma soprattutto per il risultato di lista a Milano, e questo premia Bersani e fa giustizia della fronda annunciata di Veltroni.
Ma la cosa più importante a sinistra è che è ormai chiarissimo che il Pd non può ambire a essere forza di governo senza l'alleanza con le forze alla sua sinistra: lo confermano i risultati di Pisapia e di De Magistris, senza dimenticare il 10 per cento dei grillini a Bologna.
3. Il bipolarismo è fallito, una camicia di forza ripudiata. Il sistema politico è fisiologicamente articolato a destra coma a sinistra. La Lega è altra cosa rispetto al Pdl (proporrà Tremonti al posto di Berlusconi?); e una parte crescente della sinistra rimane fuori dal Pd. Un sistema elettorale alla tedesca ha una piena giustificazione politica e vedrebbe cinque partiti sopra il 5 per cento.
Non resta che prendere atto, soprattutto da parte di chi allinterno del Pd perseguiva tuttaltra strategia, di quanto è emerso dal responso delle urne. Non farlo equivarrebbe ad un suicidio politico.