Donne per la pace

Dalle carte di Maria Remiddi una ricostruzione del pacifismo al femminile nel dopoguerra. "Nobili intenzioni e lavoro faticoso, ma iniziative e propositi erano spesso ingenui", osserva Miriam Mafai nella recensione su "Repubblica"
«Il 25 aprile ero sulla terrazza della casa di Monteverde a stendere i panni, quando tutte le sirene si misero a ululare: la guerra era finita...: avevo 34 anni e mi dissi che la restante mia vita l' avrei dedicata a lavorare per la pace». Quando, come accade oggi, i pacifisti riempiono le piazze con le loro bandiere arcobaleno proponendosi come un legittimo «secondo potere», è difficile persino immaginarla quella giovane donna che, stendendo i panni sulla terrazza di casa, decide di dedicare tutta la sua vita a lavorare per la pace.
 
Da sola, senza il sostegno di nessuno dei partiti allora presenti sulla scena politica italiana, superando molti sospetti e difficoltà, Maria Bajocco Remiddi riuscì a dar vita a una, sia pur modesta, organizzazione femminile, l' Associazione Italiana Madri Unite (Aimu), a stabilire rapporti con alcuni esponenti del movimento pacifista italiano (tra cui Aldo Capitini, a cui si deve l' invenzione della «Marcia della Pace» tra Perugia e Assisi) e a collegarla a più robuste organizzazioni italiane e straniere che lavoravano per lo stesso obiettivo. Tra queste la più importante fu la Women' s International League for Peace and Freedom (Wilpf), un' organizzazione nata in ambito suffragista, fin dalle origini votata all' individuazione e all' eliminazione delle cause della guerra e, insieme, al riconoscimento dei diritti fondamentali delle donne.
 
La storia della Remiddi, della sua piccola associazione pacifista e delle donne che con lei in varie fasi collaborarono (da Anna Garofalo a Lilly Marx a Nina Ruffini, per non citarne che alcune), è una storia assolutamente minoritaria e, come tutte le storie minoritarie, pressoché sconosciuta. E tale sarebbe rimasta se a quella vicenda di mezzo secolo fa una giovane storica non avesse dedicato una documentata ricerca (Anna Scarantino, Donne per la pace. Maria Bajocco Remiddi e l' Associazione internazionale madri unite per la pace nell' Italia della guerra fredda). Femminista e pacifista, la Remiddi era convinta, come ebbe occasione di scrivere, che «le idee degli uomini amano il sangue» e che spettasse dunque alle donne di «affermare il diritto incondizionato di tutti alla vita, diritto che è stato sempre misconosciuto durante i millenni d' assenteismo della donna dalla vita politica».
 
La partecipazione della donna alla vita politica, dunque, avrebbe dovuto avere questo segno, avrebbe dovuto essere contrassegnata prioritariamente dall' impegno per la pace. «Oggi la donna entra nella vita politica», scriverà nell' agosto del 1945, «per ora si prepara solamente ad esercitare il suo diritto di voto. Ma se noi ci limitiamo ad accodarci ai vari partiti e a dare il nostro appoggio all' uno o all' altro, si avrà una maggiore pienezza di urne, ma la bilancia politica si equilibrerà... e l' apporto di noi come entità "donna" sarà nullo. Per entrare veramente ed efficientemente sulla scena del mondo bisogna avere una "idea nostra" come biglietto d' ingresso». Questo «biglietto d' ingresso» delle donne nella vita politica avrebbe dovuto essere l' impegno pacifista. E dalla scuola, sosteneva la Remiddi, avrebbe dovuto partire una vera educazione alla pace. Per questo l' Aimu promosse una campagna di proselitismo soprattutto tra le insegnanti, con una serie di iniziative di propaganda e di sensibilizzazione al problema. Lavoro faticoso, scarsi i mezzi e poche le persone disponibili.
 
Nobili le intenzioni, ma le iniziative e i propositi apparivano spesso venati di ingenuità. Era infatti ingenua, anche se nobile, l' idea che le donne nel clima appassionato e aspro del nostro dopoguerra, potessero scegliere di entrare nella vita politica con quel solo «biglietto d' ingresso» che proponeva loro la Remiddi: l' esigenza morale di evitare un nuovo conflitto. Altri problemi urgevano e impegnavano anche le donne: la battaglia per il lavoro, per un salario decente, per migliori condizioni di vita per se stesse, i loro uomini, le loro famiglie. E anche quando la situazione internazionale si aggraverà, rendendo drammaticamente vicino il pericolo di una nuova guerra, anche allora il tema della pace si proporrà alla coscienza della maggioranza degli italiani (e delle italiane) come un elemento di divisione, di duro scontro politico, culturale e ideologico. Più che come elemento di unificazione delle coscienze.
 
Negli anni tra il 1948 e il 1954 la situazione internazionale si fece assai aspra, e, a seguito della guerra di Corea, apparve assai vicino il pericolo di un nuovo conflitto mondiale. Fu allora che apparve sulla scena politica italiana e internazionale una nuova organizzazione, promossa da comunisti e socialisti, i «Partigiani della Pace», che riusciranno a mobilitare, con una serie straordinaria di iniziative, milioni di uomini e di donne contro il pericolo di una nuova guerra e il minacciato uso della bomba atomica. Un' organizzazione capillare, efficiente, ben strutturata, che se non esaurirà il panorama delle altre organizzazioni pacifiste italiane, tra cui quella cui si dedicava Maria Remiddi, ne relega, inevitabilmente, a ben poca cosa, l' attività. Fino a farne in qualche modo sparire il ricordo.

(da La Repubblica del 21-07-06)
 
Anna Scarantino
Donne per la pace. Maria Bajocco Remiddi e l' Associazione internazionale madri unite per la pace nell' Italia della guerra fredda
Edizioni Franco Angeli
pagg. 400, euro 25,00
 
Martedì, 25. Luglio 2006
 

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