'Disobbediamo ai sindacati se non marciano uniti'

Rispettare le regole del '93 e intanto aprire un dibattito unitario per migliorarle

L’assemblea delle Rappresentanze sindacali unitarie, autoconvocata il 20 ottobre con la partecipazione dei Segretari generali di FIM e UILM e della Segreteria FIM-FIOM-UILM, stimola alcune riflessioni. É evidente come la necessità di promuovere iniziative unitarie nasca da due realtà come la Fiat e l’Alenia.


Nel primo caso, di fronte alla drammatica della vertenza Fiat, è chiaro che se ne può uscire soltanto con la massima unità d’azione e che una divisione sul rinnovo del contratto nazionale rischia di avere ripercussioni sulla vertenza Fiat. Nel secondo caso, l’Alenia, ci troviamo di fronte a una tradizione di relazioni tra organizzazioni sindacali e con l’azienda per cui non si sono mai firmati accordi separati e ha sempre funzionato il lavoro di mediazione tra le varie posizioni sino alla sintesi unitaria.

C’é una consapevolezza che nasce dalle Rsu ma anche da chi, operatore sindacale a tempo pieno, in questi giorni va in giro a fare assemblee e si sente chiedere a gran voce dai lavoratori di presentare una piattaforma unitaria e unica. Tre piattaforme porteranno inevitabilmente alla sconfitta di tutti e tre i sindacati, ad allontarli dai lavoratori, e a indebolire la sensibilità dei lavoratori verso i problemi sociali e i diritti. La sola vincitrice sarà Federmeccanica che non vuole fare il contratto.

Va colta allora la parola d’ordine emersa nell’assemblea: nessuno sciopero separato, nessun accordo separato; su questo slogan occorre lanciare una campagna di “disobbedienza civile” dentro FIM, FIOM e UILM: non si aderisce a iniziative di organizzazione che vadano in quella direzione.

È necessario muoversi dentro delle regole e rispettarle. Chi sostiene che non ci sono più regole né accordi, ignorando quello del 1993 che sancisce la costituzione delle Rsu, compie un atto di anarchia sindacale che danneggia i lavoratori. Le regole sono sempre perfettibili, ma intanto dobbiamo rispettare quelle che ci siamo date tutti insieme nel 1993, e al contempo aprire una discussione unitaria per migliorarle e cambiarle.

Una vera stortura l’ha commessa chi, come una parte della Fiom, si è opposto ad applicare quella parte del regolamento unitario del 1993 nella quale si afferma che le “decisioni relative ad atti negoziali della Rsu sono assunte a maggioranza dei componenti” della Rsu stessa. Quindi, lo strumento primario di esercizio della democrazia nei luoghi di lavoro relativa agli accordi aziendali è la votazione a maggioranza, e non il referendum di approvazione.

Si tratta di un esercizio di democrazia rappresentativa, per cui i lavoratori danno un mandato alle Rsu, che possono togliere ogni tre anni votando, o in qualsiasi momento raccogliendo le firme del 50% più uno dei lavoratori interessati. La parte della Fiom che ha negato questo principio, indicando nel referendum lo strumento primario di esercizio della democrazia nei luoghi di lavoro, ha mostrato di prediligere l’unità interna dell’organizzazione a qualsiasi altra cosa. Il referendum invece, secondo l’accordo del 1993, é abrogativo e può essere esercitato attraverso la raccolta delle firme di almeno il 20% dei lavoratori coinvolti. Credo che lo schema del 1993 vada ripreso, in attesa di definirne uno migliore in modo unitario.

Gli accordi separati, che hanno impedito di fare il referendum, hanno rivelato un vuoto di strumenti. Non c’è una regola tra FIM, FIOM e UILM che regolamenti questa casistica, lo ha dichiarato anche Sabattini, Segretario generale della Fiom, subito dopo l’accordo sul contratto nazionale siglato da Fim e Uilm. Allora credo che la cosa migliore oggi sia estendere i poteri decisionali delle Rsu anche alle materie di carattere nazionale, come il contratto nazionale, valorizzando le commissioni elettorali. La commissione elettorale, anziché riunirsi ogni tre anni in occasione delle elezioni delle Rsu, deve diventare l’organo unitario che agisce in ogni azienda ogni qualvolta si firma un accordo come garante del processo democratico di approvazione: le Rsu votano a maggioranza e chi non é d’accordo può raccogliere il 20% delle firme dei lavoratori per fare il referendum abrogativo. Quando non é possibile una sintesi unitaria, ci devono essere decisioni prese a maggioranza, verbalizzate e rese pubbliche ai lavoratori, che consentano l’esercizio della contrattazione sindacale. L’unità sindacale non la si può più costruire sull’unanimismo, sapendo che ci sarà sempre chi agisce fuori dal coro, comunque. Ciò va certificato e i lavoratori devono sapere, riflettere e giudicare.

Proviamo a ricominciare a condividere le idee che uniscono, e a rispettarci considerando legittime le opinioni che ci dividono: avremmo già fatto un pezzo di strada verso una nuova unità sindacale. Sostenere, come fanno molti esponenti della Fiom, che occorre una regolamentazione per legge della rappresentanza sindacale è pericoloso: a chi la si chiede? A un Parlamento di centrodestra e a un presidente del Consiglio come Berlusconi? Il rischio è che Berlusconi la faccia, questa legge, con un solo articolo: “Io sono il presidente-sindacalista, non c’é bisogno delle Rsu!”.

Venerdì, 20. Dicembre 2002
 

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