In deficit di tutto

Mentre il Documento di programmazione è costretto ad attestare la drammatica situazione dei conti pubblici, neanche dopo i terribili attentati di Londra si riesce a mettere a fuoco una strategia sulla guerra in Iraq
I giornali di questi giorni sono pieni dei numeri dei conti pubblici, che mostrano come aumenti il deficit (e il debito). Ma siamo in deficit di tutto: anche, per esempio, di una strategia sulla guerra in Iraq.

Il miglior inquadramento dei terribili attentati terroristici di Londra lo ha fatto il sindaco Ken Livingstone:  "Non è un attacco contro ricchi e potenti o contro politici, ma contro la gente comune di Londra, i lavoratori", ha commentato. Poche parole, ma più che sufficienti per mettere in luce la follia di questi atti, per evitare i quali il presidente George Bush ha scatenato la guerra. Dato che questi sono i risultati, bisognerebbe prendere atto - almeno, chi non l'ha fatto finora - che la "cura" non era quella adatta ad estirpare quel male, che, anzi, appare sempre più virulento.

Una parte del centro-sinistra, però, non riesce ancora a trarre le logiche conseguenze da quanto sta accadendo, ossia la necessità di dividere finalmente le nostre responsabilità da quelle del presidente americano e porre fine alla nostra presenza in una guerra che non mostra segni di poter risolversi in tempi ragionevoli. Finirà che saranno scavalcati da una maggioranza che, in vista delle elezioni, potrebbe giocare anche questa carta alla disperata ricerca del recupero del consenso.

Il fatto che in questo modo verrebbe contraddetto platealmente quanto fatto finora non sembra un grande ostacolo. Basta guardare il Documento di programmazione appena reso noto per rendersi conto che la coerenza con propri propositi dichiarati non è tra i problemi che assillano l'attuale maggioranza.

Alla fine i trucchi sono venuti al pettine, e il Dpef, sotto le pressioni dell'Europa, è costretto a mostrare crescita zero, deficit fuori controllo, debito pubblico in aumento dopo dieci anni. E a tentare di metter riparo al disastro finanziario puntando soprattutto sugli introiti da privatizzazioni (chissà quanti altri disastri, per "fare cassa"!) e - guarda chi si rivede - sul recupero dell'evasione fiscale, che era la formula dei governi che volevano fingere di risanare i conti senza prendere misure adeguate allo scopo.

In questo caso, però, il governo si mette in guaio ancora peggiore. Perché, se pure riuscirà davvero a recuperare soldi in questo modo, l'effetto sarà di far aumentare la pressione fiscale, mentre Berlusconi ha sempre affermato di voler fare il contrario. Quindi: se non avrà successo saranno guai per i conti pubblici; se invece lo dovesse avere, contraddirà platealmente il suo programma.

Di fronte a tanta insipienza, per l'opposizione vincere le elezioni dovrebbe essere una passeggiata trionfale. Invece non c'è da stare tranquilli, perché, come più volte E&L ha osservato, nel centro-sinistra sembrano spesso prevalere la rissosità e gli interessi di bottega, nonostante la situazione sempre più difficile del paese.
Martedì, 12. Luglio 2005
 

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