Da quel protocollo si può ripartire

L'ipotesi di accordo fra Cgil, Cisl e Uil e Confindustria su contratti e rappresentanza, siglata il 29 giugno, è comunque una buona notizia. Non può bastare a invertire il progressivo ed evidente logoramento del ruolo del sindacato confederale italiano quale soggetto di cambiamento, ma ha creato una condizione più favorevole per ricominciare a discutere

Uscire dal pantano, riprendere a camminare su un terreno solido è sempre operazione faticosa, può provocare disorientamento e instabilità. Tanto più se i piedi annaspavano nella melma da tempo, fin quasi a determinare adattamento a quella condizione. Fuor di metafora: l'ipotesi di accordo fra Cgil, Cisl e Uil e Confindustria su contratti e rappresentanza, siglata il 29 giugno, è comunque una buona notizia. Per quel  che ne so di cose sindacali mi pare arduo sostenere il contrario.

 

E' sacrosanto che gli organismi dirigenti delle Confederazioni ne discutano con impegno; che chiamino in causa i lavoratori (non solo i loro associati). Chi, fra i firmatari di quella intesa, non lo facesse legittimerebbe più di una perplessità poiché gli impegni che con l'intesa si assumono riguardano direttamente l'universo dei lavoratori e non l'autonomia delle Associazioni di rappresentanza. E la questione riguarda, a mio avviso, Confindustria non meno che le Confederazioni Sindacali.

 

Ma quel protocollo costituisce un tratto di terraferma su cui si può riprendere a camminare. Ovviamente nulla è scontato; neppure la coerenza di tutti gli attori nella leale applicazione delle clausole pur esplicitamente definite. Esserne consapevoli non significa processare le intenzioni di alcuno; significa piuttosto avere memoria di un passato, anche recente, fortemente segnato da opportunismi, doppiezze,  scarsa trasparenza nella gestione delle reciproche relazioni (gli accordi separati, innanzitutto).

 

Qualcuno dirà che anche le considerazioni che sto qui sviluppando sanno di opportunismo, di piccolo cabotaggio, di minimalismo…; il punto, a mio avviso, sta proprio qui. Le relazioni endo-sindacali e fra le diverse rappresentanze sociali, ormai da anni, vivono uno stato di sostanziale anomia; un vero e proprio pantano. Lo spettro di possibili accordi separati ha condizionato ogni tavolo negoziale, e si è o no materializzato – come ciascuno ha potuto valutare – in ragione di fattori spesso apparentemente imperscrutabili, palesemente non riconducibili – fuori dalla propaganda – al tasso di rigidità o di presunto “estremismo” manifestato da questa o quella parte del negoziato. Le pur sporadiche occasioni di confronto con i diversi governi sulle politiche macro-economiche sono state spesso gestite per dar corpo all’ipotesi di relazioni privilegiate fra il potere politico e alcune formazioni della rappresentanza sociale, isolandone altre (la Cgil, evidentemente),  sottraendosi ad ogni verifica del consenso fra gli effettivi titolari degli interessi in nome dei quali si partecipava a quei tavoli di confronto.

 

Questo perdurante stato di cose ha indubbiamente nuociuto alla autorevolezza e alla efficacia dell’agire sindacale ed è causa non secondaria dell’offuscamento del suo ruolo di soggetto politico autonomo. Risulta perciò incomprensibile come si possa svolgere oggi raffinate esegesi del protocollo del 28 giugno scorso prescindendo da una presa d’atto di tale stato di cose, e da ogni considerazione sulla urgente necessità di rimuoverlo.

 

Si dirà: “ma non c’è garanzia alcuna che anche quel tanto di impegni ad una maggiore trasparenza e democraticità nell’esercizio della rappresentanza – peraltro, finalmente, misurata e non presunta – saranno rispettati e – come auspicabile – sviluppati in tutte le loro potenzialità innovative”. La risposta ciascuno la può trovare appunto osservando il progressivo ed evidente logoramento del ruolo del Sindacato confederale italiano quale soggetto di cambiamento. 

 

A ripristinare quel ruolo possono bastare l’intesa del 28 giugno e l’annesso protocollo endo-sindacale? Ovviamente no, ma non v’è dubbio che oggi sussista una condizione più favorevole per porre all’ordine del giorno la necessità che il Sindacato confederale tutto si dedichi alla costruzione di una “piattaforma di priorità” – da condividere con i lavoratori e i pensionati – nell’intento di rendere più equa, vitale e democratica la nostra società. 

Martedì, 12. Luglio 2011
 

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