Da immigrati a nuovi cittadini

Il XIII rapporto della Caritas sull’immigrazione insiste, ancor più che negli anni passati, sulla consapevolezza del carattere strutturale dell’immigrazione e sulla priorità delle politiche di integrazione

“Affermare che l’Italia è un paese di immigrazione in un mondo di migranti può sembrare una banalità e, invece, costituisce in gran parte una consapevolezza da acquisire. Il dibattito che si è svolto sull’immigrazione in Italia è stato secondo la Caritas e la Fondazione Migrantes in buona misura refrattario a questa grande posta in gioco, perché non sempre ha colto la dimensione strutturale del fenomeno”.

Così esordisce la sintesi del XIII rapporto sull’immigrazione in Italia, che come ogni anno la Caritas di Roma e la Fondazione Migrantes hanno presentato il 28 ottobre. Sulla dimensione strutturale del fenomeno la Caritas batte da tempo: non è un incidente storico, da contenere quanto è possibile, ma un fenomeno crescente e irreversibile della nostra società.
Quanti sono

Nel mondo i migranti sono 175 milioni, il 2,9% della popolazione mondiale. “È un mondo di esodo in gran parte forzato. (…) Per lo più si sfugge da condizioni di vita divenute insostenibili”. Dunque la povertà, causa prima delle migrazioni.
Il rapporto cita una singolare affermazione del presidente della banca mondiale, James Wolfensohn, secondo il quale “una mucca europea è più ricca di un uomo su due del Sud del mondo, grazie ai sussidi di cinque dollari al giorno per capo che l’UE concede agli allevatori, mentre la metà della popolazione mondiale sopravvive con meno di due dollari al giorno”.
In Europa la popolazione straniera legalmente soggiornante è attestata attorno ai 20 milioni di individui, il 5,2% della popolazione complessiva. Nei singoli paesi, si va dal record del Lussemburgo (36,9% della popolazione), a Germania, Austria, Belgio (tra l’8 e il 9%), ai paesi mediterranei (3%).
In Italia i permessi di soggiorno in vigore alla fine del 2002, secondo il Ministero dell’Interno, sono oltre 1.500.000. Con le oltre 700.000 richieste di permesso presentate fino a novembre 2002, stimando in 600.000 quelle che saranno accolte e tenendo colto di altri fattori (minori non registrati, nuove nascite, regolarizzazioni registrate in ritardo, eccetera), si può stimare l’attuale presenza di immigrati regolari in circa 2 e mezzo di persone, il 4,2% della popolazione, con punte del 7% nel Lazio e del 6% in Lombardia, Umbria ed Emilia Romagna. Nel corso del 2002 l’incremento delle presenze regolari è stato del 10,8%.

Da dove vengono

La nazionalità più numerosa è ancora la marocchina (172.834), di poco superiore a quella albanese (149.164). Seguono il gruppo rumeno (95.834), quello dei filippini (65.257) e dei cinesi (62.314). “Se si tiene conto che anche le successive nazioni, sia pure con numeri ridotti, hanno una buona consistenza, si coglie il significato del cosiddetto ‘policentrismo’ dell’immigrazione italiana, della complessità dei problemi da gestire, ma anche della ricchezza a disposizione per un adeguato progetto di convivenza”.

I motivi: primo, il lavoro

La ragione prevalente dei permessi di soggiorno resta quella del lavoro (834.478 permessi, pari al 55,2%). 682.747 persone risultano in attività di lavoro subordinato (45,1%), 108.615 autorizzate a un lavoro autonomo (7,2%). I disoccupati sono 43.116 (5,2%), con un tasso di disoccupazione inferiore a quello medio italiano (sopra il 9%).
La seconda tipologia è costituita dai soggiornanti per motivi familiari (479.330 = 31,7%). Questo dato notevole, sottolinea il rapporto, segnala l’entità della tendenza a stabilizzarsi nel nostro paese.
Molto bassa è la quota dei soggiornanti per motivi di asilo politico (1,1%). Delle 17,162 richieste esaminate nel 2002, solo 8.210 risultano accolte, 1.400 in meno rispetto al 2001.

La pressione irregolare

I provvedimenti di allontanamento dall’Italia sono stati 149.783. Secondo il Dossier, tenendo conto di vari fattori, non si può dire che in seguito alla Bossi-Fini la situazione sia di molto cambiata. In ogni caso, “un punto resta fermo anche dopo la legge 189/2002: la normativa repressiva non appare in grado di contrastare da sola la pressione migratoria”.

L’inserimento

Mentre si espandono le associazioni straniere in Italia (893 censite nel 200), “è scarsa la fiducia che gli immigrati hanno nei confronti delle istituzioni pubbliche e del loro operato, come notevoli sono le difficoltà linguistiche e quelle riguardanti il reperimento di un alloggio e di un lavoro regolare”.
Il rapporto con gli italiani “non è disastroso, ma potrebbe andare meglio”: buono per il 35% e sufficiente per il 28%, ma nei confronti dei pubblici impiegati l’insoddisfazione sale al 40%. Comunque il 51% degli immigrati dichiara di volere restare indefinitivamente in Italia, “a riprova che il progetto migratorio di gran parte degli stranieri nel nostro paese è finalizzato allo stanziamento definitivo e che l’integrazione è inevitabile, pena lo scontro inutile quanto dannoso”.
Continua a essere notevole, anche se in calo, la quota degli italiani che considera gli immigrati un pericolo per la propria cultura e identità (23,9%), una minaccia per l’occupazione (29,2%) o per l’ordine pubblico e la sicurezza (39,7%). “È in questo panorama che si è da ultimo intensificato il dibattito sul diritto al voto amministrativo”.

Informazione e sensazionalismo

Un interessante capitolo è dedicato al comportamento dei media verso l’immigrazione. Secondo la Caritas, i media italiana sono ancora legati in gran parte “al sensazionalismo, allo spettacolo e al dramma”. Da un’indagine sui contenuti delle grandi testate di 1.205 articoli nel 2002, risulta che i temi più trattati sono quasi sempre a valenza negativa (legge Bossi-Fini/sanatoria 28,4%; clandestini/sbarchi 23,2%, lavoro 10,5%; intolleranza 7,9%; criminalità 5,1%; prostituzione 3,7%). Non mancano tuttavia i servizi seri che documentano correttamente il fenomeno e sottolineano le virtualità positive del fenomeno.

Nel mondo del lavoro

Nel 2002, nell’incremento di occupazione registrato (212.000 nuovi posti) è cresciuta l’incidenza dei lavoratori stranieri. Secondo le previsioni di Unioncamere il fabbisogno di manodopera straniera aggiuntiva è salito da 149.468 nel 2001 a 163.794 nel 2002. “Gli immigrati vengono ritenuti necessari in sempre nuovi settori e non più solo nelle cosiddette ‘nicchie etniche’ (lavoro domestico): ad essi cominciano a dischiudersi anche i livelli alti della gerarchia professionale”.
La legge Bossi-Fini, secondo il Dossier, non ha inciso sull’area del sommerso. Tra l’altro, “la soppressione della venuta sotto sponsorizzazione per la ricerca di posti di lavoro esercitava un forte incentivo alla legalità della procedure sia tra gli italiani che tra gli immigrati", per cui andrebbe reintrodotta, sia in pure in forma diversa dal passato.
Nel 2002 su un totale di 5.762.749 nuove assunzioni, 659.847 sono di immigrati (11,5%). Le assunzioni per settori sono così distribuite: agricoltura 13,8%; industria 26,4%, servizi 39,2%, non determinato 20,6%. Il dossier rileva inoltre un forte aumento dell’imprenditorialità tra gli immigrati.

La tutela

Il dossier sostiene che il lavoro degli stranieri andrebbe meglio tutelato, considerando anche il vantaggio che il loro impiego regolare porta al nostro sistema. Calcolando che “ogni lavoratore straniero, secondo stime, paga in media 2.800 Euro l’anno a titolo di contributi previdenziali”, una cifra del genere, pagata da un milione di lavoratori, “assicura un gettito di notevole portata”.
Eppure le tutele per gli immigrati si allentano, soprattutto in tema di salute e sicurezza: nel 2001 gli immigrati, che erano il 3,4% della forza lavoro, subivano il 9,1% di tutti gli infortuni verificatisi in Italia. Solo 1 immigrato su 10 viene indennizzato per infortunio, mentre è preoccupante il numero dei casi di mortalità (1 ogni 500 infortuni denunciati).
Inoltre è necessario “tutelare meglio anche i risparmi bancari e le rimesse, favorendo l’accesso alle strutture di servizio in Italia e incentivando gli investimenti produttivi in patria con adeguate misure di sostegno”.
Gli immigrati che si tutelano iscrivendosi ai sindacati sono circa 267.000 (stima del Dossier). Dati più precisi sono forniti solo dalla Cisl, dove a fine 2002 gli immigrati iscritti sono 123.105, con una significativa presenza negli organismi.

Cittadinanza

Il dossier stigmatizza il carattere restrittivo della normativa italiana che “a fronte di una immigrazione che si rivela sempre più stabile, ha bisogno di essere ripensata con urgenza e con notevoli modifiche, così come è avvenuto in molti paesi europei”. Per questo l’aumento delle richieste di cittadinanza negli ultimi due anni è rallentato.
A proposito delle recenti proposte di Fini sul voto agli immigrati, monsignor Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana, nel presentare il Dossier, ha apprezzato l’iniziativa ma ha aggiunto che questa problematica va vista sullo sfondo dell’integrazione e della piena cittadinanza. Non ci interessano – ha detto – le possibili strumentalizzazioni politiche cui questo dibattito può prestare il fianco. A noi interessano i risultati e, prima ancora del voto, le condizioni di agibilità civile, cioè il riconoscimento effettivo di un pieno diritto di cittadinanza. Si dovrebbe smettere di parlare di immigrati, perché si tratta di nuovi cittadini.

Conclusioni

È sbagliata una politica basata sulla restrizione delle vie legali di fronte alla crescente pressione migratoria. “Le politiche migratorie eccessivamente restrittive sono essere stesse causa di flussi illegali” Occorre “investire maggiormente sulle vie della legalità”, “avere un progetto di convivenza: è funzionale a questa esigenza la discussione sugli spazi di partecipazione al voto amministrativo”. A loro volta gli immigrati sono chiamati “a inserirsi in maniera non superficiale nella società della quale saranno i nuovi cittadini”. “Il doveroso rispetto per le culture di origine deve essere congiunto con un rispetto della cultura del paese che accoglie e delle sue regole fondamentali”.

Ci siamo limitati ad alcuni flash, del tutto insufficienti a dare un’idea della richhezza di dfati e di analisi del dossier (un volume di circa 500 pagine).
Per saperne di più, ecco alcuni riferimenti: per leggere e scaricare la versione integrale della sintesi nonché gli interventi al convegno di presentazione: www.caritasroma.it/immigrazione
per richiedere il dossier: contattare il Coordinamento Dossier Statistico Immigrazione, Caritas di Roma, piazza San Giovanni in Laterano 6, 00184 Roma; tel. 06-69886158, fax 06-69886375 – e-mail dossierimmigrazione@caritasroma.it

Martedì, 28. Ottobre 2003
 

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