Da dove ripartire nel dopo referendum

E' andata com'era prevedibile e previsto. Ora, accantonato il diversivo, spetta in primo luogo al movimento sindacale, con il sostegno di tutto il Centro-Sinistra, riaprire il confronto sociale e politico sui temi del mercato del lavoro e del welfare

L’esito del referendum sull’estensione dell’articolo 18 era prevedibile e previsto. Tuttavia esso suggerisce qualche considerazione.
La prima è che la scarsa partecipazione al voto non significa, come ha sostenuto una certa vulgata mediatica, che il referendum come istituto di democrazia diretta sia ormai giudicato superato.

La seconda riguarda il diverso uso che dovrebbe essere fatto del referendum in un sistema di democrazia bipolare rispetto ad uno di democrazia proporzionale. In un sistema di democrazia bipolare è del tutto evidente che lo strumento referendario tende a perdere credibilità quando viene utilizzato (da una o più componenti) soprattutto per creare problemi al proprio schieramento. Quando cioè vengono attivate logiche di divisione e di competitività con i propri vicini, con la speranza di riuscire a fare un po’ di proselitismo nelle file degli alleati. Mentre il referendum può essere utilizzato dallo schieramento di opposizione nel suo insieme quando è convinto che, su specifiche questioni, la maggioranza degli elettori possa esprimere un orientamento diverso da quello sostenuto dalla maggioranza parlamentare. Oppure su temi intorno ai quali si registra un orientamento trasversale ai due schieramenti. La terza riguarda la natura dello strumento referendario. Che andrebbe utilizzato solo per problemi che sono derimibili con un Sì o con un No.

L’improvvido referendum promosso da Rifondazione Comunista sull’estensione dell’articolo 18 non corrispondeva a nessuna di queste caratteristiche. Non può quindi sorprendere che una larghissima maggioranza degli elettori l’abbia giudicato un intervento del tutto inidoneo per rimodulare le tutele al lavoro che cambia.

In effetti, è questa la ragione che aveva indotto Eguaglianza e Libertà a formulare per prima l’invito all’astensione dal voto. Il nostro appello è stato condiviso e sottoscritto da molti. Contribuendo così a scongiurare un grave errore ed a aiutare lo stesso Ulivo ad evitare inutili polemiche e contrapposizioni. Il nostro appello ha registrato anche il sostanziale consenso del movimento sindacale. Perché seppure la Cgil si è pronunciata per il Sì, l’ha considerato il “male minore” giudicando comunque il referendum una iniziativa estranea alla propria linea.

Tutto questo ha contribuito a far sì che le forze sindacali abbiano reciprocamente preso atto della diversità delle rispettive scelte elettorali in un clima di sostanziale comprensione e reciproco rispetto.

Archiviato il referendum i problemi restano quelli di prima. Il governo, per un verso, insiste avventurosamente a negare la necessità di garanzie di controllo dei lavoratori e dei sindacati sulle condizioni di lavoro, specie sulle forme sempre più diffuse di lavoro non-standard, atipico, precario. Per un altro verso si sottrae ad una indispensabile revisione degli ammortizzatori sociali. E, se questo non bastasse, aggiunge pure il proposito di scriteriati interventi sul sistema pensionistico, che (oltre tutto) è l’unico, tra quello dei grandi paesi dell’Europa continentale, ad essere stato riformato.

Ora, accantonato il diversivo del referendum, spetta in primo luogo al movimento sindacale, con il solidale sostegno di tutto il Centro-Sinistra, riaprire il confronto sociale e politico sui temi del mercato del lavoro e di un nuovo e più moderno sistema di welfare.

A questo fine, sul piano sociale, la condizione (essenziale anche se difficile) è l’impegno a ricostruire un forte impegno unitario tra Cgil, Cisl ed Uil, senza il quale è piuttosto improbabile che possano essere conseguiti risultati all’altezza delle sfide che sono aperte. Mentre, sul piano politico, tutto spinge ad un parallelo impegno di coesione delle forze del Centro- Sinistra. Quindi, per gli uni e per gli altri, il richiamo non può che essere: “hic Rhodus, hic salta”.

Per il dibattito lanciato da Eguaglianza & Libertà prima del referendum leggi anche gli articoli di:
Rino Caviglioli,
Aldo Amoretti,
Antonio Lettieri,
Giovanni Avonto,
Antonio Panzeri,
le interviste a
Bruno Trentin,
Umberto Romagnoli e
Gino Giugni.

 

Martedì, 17. Giugno 2003
 

SOCIAL

 

CONTATTI