Cosa può fare l'Inps coi soldi del Tfr

Tra poco si dovrà decidere come l'istituto debba impiegare i fondi che stanno per confluire nelle sue casse. Le ipotesi in gioco sono varie e alcune assolutamente da evitare. Potrebbero però alimentare conti individuali che i lavoratori deciderebbero come investire, sil modello svedese
Gli amici di Eguaglianza & Libertà sanno che non considero buona politica economica e buona politica di finanza pubblica il trasferimento all'Inps delle somme da accantonare a titolo di Tfr. Sotto il profilo contabile si tratta di un prestito forzoso, tale da alleviare un problema "di cassa" dell'Inps ma da aggravare l'indebitamento netto delle nostre pubbliche amministrazioni, rendendo più difficile la nostra posizione con l'Ue. Ove venisse considerato non un prestito forzoso ma un'imposta, si tratta di "un'imposta di scopo" con destinazione pre-definita , un modo di fare politica tributaria che ormai appartiene al passato remoto (come le imposte "capitarie" o sui capi di bestiame).

Tuttavia, è doveroso riconoscere che l'idea di base della Cgil (che ha inizialmente proposto il meccanismo), pur se  errata in base a principi di corretta finanza pubblica (e di netta separazione tra finanza pubblica e finanza privata), aveva una giustificazione razionale: incoraggiare la previdenza integrativa (con lo spauracchio che il Tfr finisse in quella che in un libro di tre lustri fa Giuliano Cazzola definì "la fabbrica delle pensioni", ossia l'Inps) e, al tempo stesso, smussare la "gobba" del prossimo futuro nei conti della previdenza pubblica. In parallelo, altri economisti (come Roberto Pizzuti nel recente Rapporto sullo Stato sociale ed in un articolo su su questa rivista) proponevano uno schema alternativo e, per certi aspetti, liberale: dare ai lavoratori la scelta di fare confluire il Tfr all'Inps purché vincolato a fare aumentare il montante delle loro pensioni pubbliche e, quindi, delle relative annualità. Anche questa idea aveva una sua razionalità: funzionano così i "provident funds" asiatici, i Fondi pensione (sostitutivi della pensione pubblica) di molti paesi dell'America Latina e di alcuni paesi dell'Europa centrale ed orientale).

Tuttavia, come ha scritto Paul Streeten (un economista certamente a sinistra del centro) nella propria autobiografia, ogni volta che viene formulata una buona proposta il ministero ci mette le mani a fini particolaristici. Si sono accesi molti appetiti per coniugare l'idea di limitare trasferimenti dall'erario all'Inps e finanziare infrastrutture od attività meritorie.

Presto governo ed organi dell'Inps dovranno decidere cosa fare delle somme affidate loro (nolenti o volenti) dai lavoratori. C'è chi sostiene che l'Inps dovrebbe collocare le somme in investimenti con il più basso rischio, ossia in titoli di Stato o simili. Sarebbe, a ragione del doppio costo di transazione (le commissioni verrebbero pagate almeno due volte), il modo più costoso per collocare il debito pubblico. C'è chi si avventura su terreni più rischiosi ma (si dice) ad alto rendimento: far diventare l'Inps azionista della nuova Alitalia o il finanziatore (con una combinazione di prestiti e di azioni) di Trenitalia . Se l'Inps sapesse fare il banchiere di investimento sarebbero possibilità da considerare. Ma su quale esperienza può contare la fabbrica delle pensioni per farsi considerare un efficiente ed efficace banchiere di investimento? Sarebbe, ad esempio, in grado di imporre un'"asta alla Vickrey" per la cessione dell'Alitalia o l'azzeramento di stipendi ed altri emulanti agli organi di governo e gestione delle Ferrovie sino a quando queste ultime torneranno in utile ed avranno un alto grado di soddisfazione dai propri clienti?

Vale la pena lavorare sull'idea, rilanciata in questa rivista, di aggiungere le somme a conti individuali che possano o servire a rimpinguare montante e rendite delle pensioni del futuro oppure, come le "premium pension" svedesi, essere investiti , secondo le indicazioni dei lavoratori, in azioni ed obbligazioni tanto direttamente quanto da gestori di risparmio. E' una proposta analoga a quella formulata negli Usa dalla Commissione Presidenziale istituita da George W. Bush nel 2001 e sostenuta da molti economisti americani (e non solo) favorevoli alla libera scelta, al mercato ed al contenimento dell'intervento pubblico. In Italia, troverebbe favorevole il centro destra. Una sinistra che vuol essere intelligente non deve fare la schizzinosa. Deve aprire al più presto un dibattito su cosa la fabbrica delle pensioni farà con i soldi dei lavoratori.
 
(Giuseppe Pennisi ha lavorato alla Banca mondiale per 18 anni e ad agenzie delle Nazioni Unite per altri sette. Ha diretto il Nucleo di valutazione del Bilancio. Attualmente è docente presso la Scuola superione della pubblica amministrazione)
Sabato, 16. Dicembre 2006
 

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