Contratti, scaduti per il 54%

I ritardi nei rinnovi coinvolgono più della metà dei lavoratori, con punte nella pubblica amministrazione (81%)e industria (61). Cresce il divario retributivo per donne e giovani. Non riprende la contrattazione aziendale
Nella prima parte del 2005 si è avuta una crescita della retribuzione contrattuale lorda in termini reali intorno ad 1 punto - un punto e mezzo.  Il recupero è riconducibile da un lato ai precedenti tassi di inflazione programmata, troppo bassi rispetto all'inflazione effettiva; dall'altro allo slittamento delle intese contrattuali, con i ritardi nella definizione delle nuove intese, che hanno determinato arretrati ed una tantum. 
 
Si tratta di una condizione però destinata a diventare decisamente meno favorevole senza un'accelerazione dei contratti in attesa di rinnovo. Nel periodo gennaio luglio 2005 le retribuzioni contrattuali derivanti dalla negoziazione nazionale sono cresciute del 3,4% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; ponendo il confronto invece mese su mese dell'anno precedente la crescita è del 2,8%. Tendono, infatti, ad esaurirsi gli effetti dei rinnovi passati, mentre cresce il numero dei dipendenti in attesa di rinnovo.
 
A fine luglio 2005 la quota dei lavoratori coperti da contratti nazionali in vigore nella parte economica era solo  del 54%. I settori in maggiore ritardo sono l'industria in senso stretto (il 61% dei dipendenti è in attesa), il settore dei trasporti, comunicazioni ed attività connesse (con il 43%) e, quindi, la pubblica amministrazione (con l'81% senza contratto ed un grado di copertura nullo per l'insieme dei comparti contrattuali di competenza dell'Aran). 
 
Le retribuzioni di fatto si muovono in linea con le retribuzioni contrattuali: bisogna considerare che risentono anche degli incentivi all'esodo erogati dalle imprese e delle modifiche nella composizione degli occupati, con la crescita della qualificazione media. Il drenaggio fiscale ha cancellato nel 2004 la crescita in termini netti delle retribuzioni e di questo si è avuta percezione nei consumi, che sono rimasti bassi, anche per l'incertezza generale sulla situazione economica del paese. La situazione è più articolata nel 2005 per la rivalutazioni delle deduzioni a scalare dei carichi di famiglia.
 
Nel corso del 2005 non vi sono elementi per indicare una riapertura della contrattazione decentrata dopo il drastico ed ulteriore indebolimento determinato dalla congiuntura economica nel biennio 2003 - 2004. La crescita delle retribuzioni medie pro capite nel 2005, in una condizione di progressiva normalizzazione della situazione dei rinnovi,  dovrebbe essere intorno al 3,5 - 4% con una rivalutazione in termini reali intorno ad un punto e mezzo.

L'imprevedibilità nei tempi di conclusione degli accordi nazionali nel settore privato; i tempi biblici e gli sforzi defatiganti in quello pubblico; il mancato sviluppo della negoziazione decentrata; diffuse, esasperate forme di salario individuale; promozioni di massa, particolarmente a livello dirigenziale, gestite dal livello politico in questa o quella amministrazione pubblica, senza memoria per l'equità, l'efficienza e quel senso della misura, che lo stato delle finanze dovrebbe dettare; sono tutti indizi questi di una strisciante tendenza all'indebolimento del ruolo del sindacato quale autorità salariale, che bisogna fermare e ribaltare.
 
E' stata segnalata la crescita del divario nei livelli retributivi tra i lavoratori più giovani e quelli più anziani per salari di ingresso progressivamente più bassi. Secondo i dati dell'indagine della Banca d'Italia sui bilanci delle famiglie italiane, poste uguale a cento le retribuzioni mensili nette medie dei lavoratori maschi di età compresa tra i 45 e i 65 anni nel 1986, le retribuzioni dei giovani tra i 15 e i 30 anni, impiegati a tempo pieno, erano nello stesso anno pari ad 80. Nel 2002, invece, questo valore era pari solo a 70. Per le donne, il rapporto è sceso dall'86 al 77 per cento.
 
Si tratta di dati molto rilevanti, anche se occorrerebbe approfondire quanto hanno inciso i cambiamenti della struttura complessiva dell'economia italiana ed in particolare la terziarizzazione. Altre fonti sottolineano che, elaborando i dati dell'INPS, le retribuzioni reali dei giovani all'entrata nel mercato del lavoro sono diminuite nel corso della prima metà degli anni novanta, riportandosi sui livelli del 1977. Il calo dei salari di ingresso non sembrerebbe compensato da una più rapida progressione delle loro retribuzioni nel corso della carriera lavorativa.
Venerdì, 4. Novembre 2005
 

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