Con la Costituzione un'Europa migliore

In alcuni paesi la ratifica è a rischio per le accuse di conferma del modello neo-liberista: ma il nuovo Trattato, da questo punto di vista, segna un progresso e di lì si potrà procedere verso un'Unione non solo economica, ma anche politica e sociale
(Emilio Gabaglio è stato fino al 2003 segretario generale della Ces, la Confederazione europea dei sindacati)
 
Il nuovo Trattato costituzionale dell'Unione Europea che sarà firmato a Roma il 29 ottobre sta suscitando un vivace dibattito in vari paesi (molto meno, per ora, nel nostro) e più particolarmente in Francia dove, tra l'altro, divide nettamente il partito socialista in due campi contrapposti tra i fautori della sua ratifica e quelli che ne propongono il rigetto.

A suscitare sorpresa per questo stato di cose non è solo il fatto che si tratta pur sempre del partito di Mitterrand e di Delors ma anche e soprattutto le argomentazioni addotte dal fronte del no guidato dall'ex-primo ministro e numero due del partito Fabius, che appaiono del tutto incongrue rispetto ai contenuti del Trattato, tanto da indurre molti osservatori a considerare l'iniziativa di quest'ultimo come motivata da disegni politici e personali che poco o nulla hanno a che vedere con l'oggetto del contendere.

Prescindendo da questo aspetto del tutto interno alla politica francese, è evidente che l'argomento principe degli oppositori - il Trattato consacra il carattere neo-liberale della costruzione europea - non regge ad un'analisi non aprioristica del testo in comparazione con i trattati in vigore. Caso mai è vero il contrario dato che il Trattato costituzionale, sia pure in modo insufficiente, introduce delle correzioni nei tratti distintivi dell'Unione che ne attenuano proprio quel carattere che del resto la contraddistingue fin dalle sue origini. In questo senso vanno infatti viste le innovazioni introdotte per quanto riguarda i principi a cui l'Unione intende ispirarsi, i valori che essa propugna e gli obiettivi che persegue nonché la Carta dei diritti fondamentali dei cittadini, dato che tutte vanno nel senso di attribuire all'Unione un più forte profilo sociale e politico, a cui si accompagnano peraltro sensibili miglioramenti per quanto riguarda il funzionamento delle Istituzioni, reso più democratico e trasparente.
Il che naturalmente non significa che il Trattato costituzionale risponda pienamente alle attese di chi considera che l'Unione non possa essere solo sinonimo di mercato e moneta ma anche, a pari titolo, Europa sociale e politica. Il Trattato va accolto non come il traguardo ma piuttosto come una nuova tappa significativa, quella oltretutto consentita dai rapporti di forza oggi esistenti, nel processo di costruzione di un'Unione più compiuta. Sarebbe contraddittorio che proprio nel momento in cui questo avviene si dovesse arrivare ad un rifiuto che avrebbe come conseguenza non solo il mantenimento del Trattato di Nizza, che certo non è migliore del nuovo testo costituzionale, ma anche, cosa più grave ancora, l'apertura di una crisi dagli sbocchi imprevedibili specie se a respingere il Trattato fosse uno dei paesi fondatori, com'è appunto la Francia.
E' difficile ritenere che nel contesto politico dell'Europa a 25 esistano oggi le condizioni per realizzare approdi più avanzati rispetto a quelli conseguiti con il nuovo Trattato,  che se non è ancora una vera e propria Costituzione Europea è indubbiamente il migliore trattato di cui l'Unione abbia potuto disporre fino a questo momento.

Ma il dibattito in corso in Francia e i cui termini potrebbero riprodursi anche da noi, sia pure con effetti meno laceranti tenuto conto del posizionamento delle maggiori forze politiche dei due poli, è fuorviante anche per un altro motivo.

Esso distoglie dalla riflessione sul come, una volta approvato il Trattato, si possa procedere per ottenere quegli approfondimenti del processo di integrazione che non sono ragionevolmente realizzabili in un'Europa allargata nei suoi confini attuali e a maggior ragione in vista delle nuove adesioni di Bulgaria, Romania, Croazia e più tardi, se ce ne saranno le condizioni, della Turchia.

Piuttosto che dedicarsi ad una contesa di retroguardia sulla ratifica del Trattato costituzionale tanto varrebbe applicarsi fin d'ora alla prospettiva di dar vita a quelle "cooperazioni rafforzate" tra un numero ridotto di paesi (ma sempre aperte alla partecipazione di altri), che proprio il nuovo testo rende più praticabili, rispetto al farraginoso Trattato di Nizza, e che sono la risposta realistica all'esigenza di una maggiore integrazione soprattutto in campo economico e sociale.

In quest'ottica la zona euro appare la candidata naturale per delineare - a condizione che esistano la volontà e le maggioranze politiche necessarie - una "cooperazione rafforzata" che includa il coordinamento delle politiche economiche, l'armonizzazione fiscale e sociale, una politica industriale comune dei paesi membri e produca quindi non solo stabilità ma anche più sviluppo e più occupazione. In questo ambito sarebbero tra l'altro ipotizzabili un modello sociale più coeso e un sistema di relazioni industriali più integrato.

L'Unione più ampia, consolidata dal Trattato costituzionale, potrebbe non solo convivere ma anche grandemente beneficiare dell'esistenza di un nucleo di paesi che, senza esclusive, divenga il motore di un più generale sviluppo. Questa forse, sul piano interno, è l'altra Europa possibile.
 
 
Giovedì, 28. Ottobre 2004
 

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