Come misurare la rappresentatività sindacale

Proposta della Uil Abruzzo per stabilire quando possano avere validità gli accordi separati
Lo stato dei rapporti tra Cgil, Cisl, Uil ha evidenziato la necessità di risolvere il problema della rappresentatività sindacale, per stabilire a quali condizioni gli accordi nazionali abbiano validità per tutti i lavoratori ed evitare campagne di delegittimazione dei concorrenti sindacali in caso di accordi cosiddetti separati, come quelle che da un paio di anni mette in atto la Cgil, da quando ha smesso di negoziare accordi e si è dedicata alla politica.
 
La Uil Abruzzo ha elaborato una proposta, che ci piacerebbe confrontare a livello regionale con Cgil e Cisl, per arrivare a una sintesi unitaria e influire anche dal basso sul dibattito nazionale.
 
Bisogna anzitutto distinguere tra la rappresentatività, su cui si può ipotizzare una legge che recepisca un accordo di definizione delle regole, e la rappresentanza, che non deve essere oggetto di intervento legislativo, che assumerebbe l’aspetto inaccettabile di legge sul sindacato.
 
L’ideologia referendaria propugnata dalla Cgil teorizza il diritto dei lavoratori in quanto tali al voto diretto su piattaforme e contratti. Questa tesi non è condivisibile perché presuppone un’analogia tra il cittadino-sovrano nello stato democratico e il lavoratore che, indipendentemente dal suo essere iscritto a un sindacato, verrebbe considerato il sovrano cui spetterebbe la decisione sugli atti del sindacato. Ma mentre i diritti politici sono individuali, quelli sindacali devono tenere conto del ruolo fondamentale dei sindacati ai fini della loro stessa esistenza: come ha scritto Gino Giugni, l’interesse collettivo è qualcosa di diverso dalla somma degli interessi individuali.
 
In secondo luogo, non è condivisibile uno sbilanciamento del rapporto tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta a tutto vantaggio della seconda. D’altro canto non ci convince nemmeno la prospettiva angusta di limitare ai soli iscritti i vantaggi della contrattazione, un’ipotesi spesso avanzata da ambienti Cisl in risposta al fenomeno del cosiddetto “viaggio a sbafo” messo in atto dai non iscritti che usufruiscono dei risultati della contrattazione senza pagare il biglietto. E’ una reazione comprensibile ma non condivisibile, perché ridurrebbe l’importanza dell’azione sindacale. Bisogna tenere conto di due esigenze: la salvaguardia del ruolo del sindacato, inteso come associazione e iscritti, e il coinvolgimento nel sistema dell’insieme dei lavoratori, cui si applicano gli accordi.
 
Si tratta di aggiornare lo Statuto dei Lavoratori, passando dalla rappresentatività presunta alla rappresentatività effettivamente misurata, non di stravolgerlo, come vorrebbero i fautori dell’ideologia referendaria, che dissolvono il diritto sindacale in diritto individuale. Da questo punto di vista, va presa in considerazione anzitutto la soluzione adottata nel settore pubblico, che prevede una misurazione della rappresentatività effettiva. Per sottoscrivere un contratto nazionale, ci vuole il consenso di organizzazioni sindacali che rappresentino almeno il 50% +1 dei lavoratori, come media tra dato associativo (iscritti) e dato elettorale conseguito nelle elezioni delle Rsu (cui partecipano tutti i lavoratori, iscritti e non).
 
La modalità che ci sembra preferibile per realizzare l’adattamento di questo sistema ai settori privati è quella degli accordi interconfederali. Si tratta anzi tutto di rendere disponibili i dati del numero degli iscritti e del numero dei voti ottenuti nelle elezioni delle Rsu, risultato sicuramente più difficile da conseguire che non nel Pubblico Impiego, a causa della maggiore complessità ed articolazione del privato. Si potrebbe ipotizzare che le Direzioni Provinciali del Lavoro diventino l’ente cui obbligatoriamente inviare i tabulati degli iscritti e i verbali delle elezioni delle Rsu, e che ne compilino le relative statistiche, inviando i dati al ministero del Lavoro, presso il quale potrebbe essere istituito il “data base” degli iscritti e dei voti riportati da ciascuna sigla, con rilevamenti nazionali annuali su dati validi al 31.12 dell’anno precedente.
 
Questo sistema di rappresentatività è più evoluto di quello dei referendum sugli accordi nazionali, che è stato utilizzato in passato come termometro del consenso, con gestione unitaria, un basso grado di formalizzazione e il coinvolgimento parziale dei lavoratori, ma che non è proponibile come strumento divaricante di lotta politica nel mondo sindacale.
 
In conclusione, l’estensione della rappresentatività certificata anche al settore privato, più la conferma del sistema delle Rsu, disegnano un sistema sufficientemente adeguato di rappresentatività sindacale. Effetti positivi che ne risulterebbero: regole chiare affinché un contratto nazionale possa essere dichiarato valido, evitando fenomeni come quello dei contratti-pirata, e una spinta oggettiva in favore della capacità delle organizzazioni sindacali di fare alleanze, scoraggiando invece le strategie di rottura e autoisolamento.
 
(Dino Fasciani è segretario generale Uil Abruzzo - Roberto Campo è segretario regionale Uil responsabile delle politiche contrattuali)
Mercoledì, 4. Dicembre 2002
 

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