Chi può parlare su cosa

Ognuno dovrebbe parlare di quel che conosce bene, è vero; ma il postino può criticare il geometra se la casa crolla? Riflessioni in margine alla polemica fra l'"Avvenire" e Pippo Baudo
A volte il troppo accanimento con cui guardiamo il mondo ci fa brutti scherzi. Prendiamo le unioni di fatto. Ci sono molte buone ragioni per approvarle o per combatterle. Ma i contrari si sentono aggrediti perché vi vedono l'inizio del disfacimento della famiglia: considerano ogni critica al Papa come la "lapidazione mediatica" di un'opinione controcorrente e come uno "sport di moda". Dal canto loro, i favorevoli si sentono altrettanto minacciati perché vedono spesso nei pronunciamenti del pontefice un'interferenza pesante o addirittura illecita.
 
Avvenire del 6 febbraio ha addirittura parlato di "miasmi" e se l'è presa con Pippo Baudo "polemista indecente" perché, invece di fare il massmediologo, si è permesso di criticare Benedetto XVI per il suo silenzio all'Angelus del 3 febbraio sulla violenza degli stadi. E, scomodando l'antico scultore Apelle che invitava un calzolaio ad occuparsi solo di scarpe e non di scultura, il quotidiano dei vescovi invitava il presentatore a dare consigli alla televisione e non al capo del cattolicesimo. Dunque, sutor, ne ultra crepidam. L'insegnamento, condiviso in una trasmissione radiofonica da Gaspare Barbiellini Amidei, è sempre utile. Ma a ben pensarci contiene anche un rischio di degenerazione se spinto ai confini dell'accanimento.

E' ovvio infatti che l'elettricista può criticare l'idraulico se il rubinetto perde. L'agricoltore può polemizzare con l'insegnante se la scuola non funziona. Il postino può sgridare il geometra se gli progetta una casa che crolla. Il fruttivendolo può cambiare commercialista se gli fa la denuncia dei redditi senza conoscere le leggi. Il metalmeccanico può cambiare marca del detersivo. La massaia fa benissimo ad occuparsi degli inceneritori, di musica classica e di deficit pubblico. L'agorà è appunto il luogo pubblico in cui dal commercio dei prodotti si perviene a quella competizione delle idee che sottrae la politica, cioè il futuro della propria comunità, al dominio delle élites, e lo consegna al libero conflitto e alla libera collaborazione della democrazia, legittimando il diritto delle donne e degli uomini a determinare gli indirizzi della vita collettiva. Quando diceva che anche le cuoche e i manovratori di ferrovia devono governare, Lenin lanciava un messaggio di emancipazione ancora valido.

Tutti dobbiamo informarci, istruirci, documentarci continuamente e conoscere prima di deliberare e scegliere, credenti o non credenti, purchè lo facciamo in forma civile e ragionevolmente argomentata. Vale anche per la parola del Papa, come per qualsiasi altra istituzione.

Insomma, non sarebbe meglio uscire di casa pacificamente la mattina accettando senza drammi di dover incontrare almeno il 50 per cento di persone che non la pensano come noi? Senza sentirsi missionari in partibus infidelium o militanti votati alla lotta per l'egemonia?
 
Mario Dellacqua
Venerdì, 16. Febbraio 2007
 

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