Nelle prossime settimane la Camera a meno di dimissioni preventive dellinteressato discuterà e voterà la mozione di sfiducia presentata contro Sandro Bondi, ministro per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), da Pd e Idv e avallata probabilmente da unarea più vasta di Montecitorio, sicuramente da Fli e probabilmente da Udc. I detonatori della sfiducia sono stati sicuramente i crolli di Pompei (aggravati dallincapacità successiva di recuperare fondi per lemergenza vera), ma i capi di accusa contro questo evanescente ministro sono ben altri e ben più pesanti. Lo si capì fin dalla subitanea decapitazione del vertice del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, a partire dal suo scomodo presidente Salvatore Settis (al quale subentrò in quattro minuti Andrea Carandini ormai schierato contro i Talebani della tutela, cioè i soprintendenti) e con grande peso attribuito alla sorella archeologa dellavvocato-deputato Ghedini. Devitalizzare il Consiglio Superiore era il primo passo per cominciare a smontare il Ministero stesso.
Chi lha visto al ministero?
Al Collegio Romano, dal 1975, si sono avvicendati fior di personaggi (Spadolini, Biasini, Ronchey, Paolucci, Veltroni), ma anche personaggini (la vedova Parrino o Facchiano). I quali però non si sono mai sognati di assumere quellincarico a mezzo servizio con altre impegnative incombenze. Sandro Bondi invece per supponenza, per sottovalutazione o per consapevole volontà di indebolire tutto lapparato della tutela ha dedicato sicuramente più tempo a coordinare il sempre più crivellato Partito della Libertà, unitamente a Verdini e a La Russa, che non a dirigere la difficile, pericolante barca del suo ministero, dal quale dipendono (e abbiamo detto poco) cultura e spettacolo, con un patrimonio strepitoso, sterminato, insidiato, e con mezzi scarsi, sempre più scarsi. Anche sul versante dello Spettacolo colto il ministro ha dimostrato una incisività assai minore che nel sistemare alcuni familiari (della nuova compagna soprattutto). In buona sostanza, con la metà della prossima stagione assisteremo a teatri e set a luci spente, a cartelloni mutilati, a musei semichiusi o chiusi. Denunce accorate che provengono anche da Fondazioni come la Scala o come Santa Cecilia che hanno raggiunto ormai quote elevate di autofinanziamento e che sono da anni il simbolo della cultura musicale italiana nel mondo.
Chi lavora se ne va e chi non lavora sale
Mai il ministero dei Beni Culturali è stato così prono alle decisioni del collega dellEconomia, lasciandogli usare per i tagli a capitoli di spesa già allosso, la sega elettrica, non laccetta. Con risultato che musei, biblioteche, archivi sono alla canna del gas. Di più: di fronte ad una vera e propria emergenza, nulla ha fatto di concreto per mantenere in servizio dirigenti di alto valore internazionale messi fuori invece, inesorabilmente, a 67 anni o, ancora peggio, grazie ad uno sciagurato quanto cieco decreto-Brunetta con quarantanni di anzianità, quindi, in più di un caso, ad appena 62 anni chi era entrato nellamministrazione subito dopo la laurea (Pittarello in Piemonte, Fornari a Parma-Piacenza, ecc.). Risultato: un ministero denutrito e disossato, privato di ottimi quadri centrali (Proietti, Lolli Ghetti, ora De Caro) e periferici (Guzzo a Pompei, Martines in Puglia). Col dilagare parallelo di gestioni ad interim affannate e ovviamente deboli o debolissime. In compenso, violando le regole interne, Bondi (appena definito da lui un incrocio fra il comico Boldi e don Abbondio) ha promosso Vittorio Sgarbi, condannato anni fa quale ispettore del ministero per assenteismo e truffa ai danni dello Stato, soprintendente al Polo Museale veneziano. La Corte dei conti ha già bocciato due volte tale nomina con contratto esterno perché il ministero non ha tenuto conto di alcune valide candidature interne alla carica e continuerà probabilmente a bocciarla. Linvenzione strepitosa di Sgarbi che passa gran parte del proprio tempo ospite (spesso urlante e insultante) dei mille talk show televisivi, pubblici e privati è stata la esibizione di una pornostar accanto alla Tempesta di Giorgione per linaugurazione di Palazzo Grimani appena restaurato (da altri, ovviamente): 300 ingressi il primo giorno, 17 e 14 il secondo e il terzo senza più pornostar offesa dalle parole severe del Patriarca di Venezia, cardinale Scola.
Un ministro contro il suo ministero
Sandro Bondi ha dimostrato subito di essere subalterno al ghe pensi mi di un premier che del resto adora e del suo braccio operativo Guido Bertolaso. Ha di buon grado spalancato le porte ai commissariamenti della Protezione Civile pur sapendo che il suo ministero veniva in tal modo privato di pezzi fondamentali di competenze e di funzioni. Non si è opposto al commissariamento (inizialmente affidato a Bertolaso poi passato allAquila) dellarcheologia di Roma e Ostia Antica, nonostante la sollevazione di tutti gli archeologi i quali negavano, giustamente, che vi fossero crolli e disastri diffusi. Né si è opposto alla nomina di un vice attuativo nella persona dellassessore capitolino alla pianificazione. Anche nella dolorosa vicenda di Pompei ha seguito laltro adoratore di Berlusconi, Mario Resca, nello svalutare, nel deprezzare i propri tecnici, gli archeologi in particolare (stimati ovunque, come i nostri direttori di musei). Bondi è un altro che si riempie la bocca della magica parola manager. Salvo nominare commissari della cerchia Bertolaso, come Marcello Fiori che a Pompei non si è accorto dei problemi e dei pericoli veri, spendendo fior di milioni in ricostruzioni virtuali, ologrammi, mostre, ricostruzioni arbitrarie del teatro romano, piste ciclabili, Bike in Pompei, ecc. Anchegli puntualmente contestato dalla Corte dei conti.
Un ministro senza memoria
Quando si è verificata la tragedia dellAquila con la distruzione di quel centro storico mirabile e di tanti altri abitati antichi, si pensava che come in tutti i precedenti terremoti il MiBAC assumesse la regìa degli interventi su città, monumenti, ecc.. Quando allAquila si è presentato da privato cittadino (perché appena pensionato) il coordinatore dei restauri della Basilica di San Francesco in Assisi, Giuseppe Basile, munito di una sua assicurazione e portando il contributo dellAssociazione Cesare Brandi, lo stesso è stato subito rimandato a casa: non serviva. Così come sono state rifiutate altre offerte qualificatissime di collaborazione da parte di Università e di tecnici del più alto livello. Lo stesso strutturista che aveva salvato San Francesco in Assisi, Giorgio Croci, noto in tutto il mondo, è stato chiamato una quindicina di giorni dopo il sisma per Collemaggio e con una dotazione di fondi irrisoria rispetto ad Assisi. Dove Veltroni aveva riversato risorse importanti e, con la regìa dellallora direttore generale del ministero, Mario Serio, aveva mobilitato quadri interni ed esterni del più alto valore: Antonio Paolucci, Maria Luisa Polichetti, lappena citato Basile, Marisa Dalai, Bruno Toscano e tanti altri. Coi risultati positivi che sono sotto gli occhi di tutti. La Basilica di San Francesco che stava rischiando il crollo totale fu riconsegnata, messa in totale sicurezza e integralmente restaurata, poco più di due anni dopo. Come altre chiese assisiati. Mentre per i centri storici dellAquilano, a venti mesi ormai dal sisma, siamo ancora alle macerie da rimuovere. Una tragedia, umana, sociale e culturale. Che in Friuli e in Umbria-Marche fu affrontata tempestivamente e quindi ridotta, pur avendo a che fare, specie nel secondo caso, con unarea del sisma molto più estesa e nel primo con un numero di morti vicino al migliaio.
La cultura? Guai se non frutta soldi
E stato un caposaldo della filosofia del governo Berlusconi, che ha trovato un fedele esecutore in Sandro Bondi. Difatti è stato inserito a forza, nonostante i rilievi più sensati, quale direttore generale alla valorizzazione, poi anche come commissario a Brera (con lautissima remunerazione, contro stipendi indecorosi, nemmeno 2.000 euro, per i direttori di musei), lex ad di McDonalds ed ex presidente del Casinò di Campione, Mario Resca, che non sapeva nulla del settore, che ha accumulato costose banalità. Con lui il MiBAC avrebbe privilegiato i musei maggiori, quelli che possono rendere. Come se arte e cultura non fossero valori in sé e per sé, da diffondere, da spiegare, da far capire e amare nelle scuole (qualcuno sa dovè finita la didattica museale per la quale ci siamo tanto battuti, soprattutto Marisa Dalai?), ma merci, hamburger, bibite gassate, da vendere profittevolmente. Come se i grandi musei del mondo non fossero spesso gratuiti o comunque non ricevessero (il Louvre all80%) potenti iniezioni di denaro pubblico. La nozione del bene culturale da spremere viene messa in pratica quasi ossessivamente, a partire da Roma: prima di Natale spuntano alcune automobili ai piedi della bianca Ara Pacis, stupore e indignazione, poi un balletto interno al Comune e, infine, la scusa (tragicomica) non abbiamo nemmeno chiesto un euro Doppiamente scriteriati allora. Subito dopo però il Campidoglio decide di aumentare di 1 euro il prezzo dellingresso ai Musei per i non romani e di tassare i turisti in arrivo. Poiché i flussi dallestero sono ripresi, ci si salta subito addosso invece di lasciarli consolidare.
Paesaggi italiani, addio
Sullattuazione del Codice per il Paesaggio Bondi ha dato però il meglio di sé, nel senso che ne ha lasciato marcire per mesi e mesi lattuazione, non curandosi minimamente di avviare la tanto attesa co-pianificazione MiBAC-Regioni. Col risultato che come ha dimostrato la recente accurata indagine di Vezio De Lucia e Maria Pia Guermandi per Italia Nostra i piani paesaggistici sono di là da venire presso che in ogni Regione, mentre speculazione privata e abusivismo riprendono vigore, nella speranza di nuovi condoni, di piani casa regionali sempre meno provvisti di paletti (e ormai lo sono), di nuove licenze di fai-da-te senza passare dalle maglie della tutela, della rete sempre più sguarnita peraltro delle Soprintendenze. Un modello di salvaguardia che fino a pochi anni fa allestero ci invidiavano, imitandolo, e di cui dovremo presto piangere lestinzione.
Qualche anno fa ad una nostra indagine risultava che ad ogni architetto, ingegnere o comunque tecnico delle Soprintendenze ai Beni architettonici toccavano allincirca un migliaio di pratiche edilizie e urbanistiche allanno da sbrigare. Calcolando in circa 200 i giorni lavorativi effettivi, il carico personale era di 4-5 pratiche al giorno. Una follia. Per esse, spesso, bisognava e bisogna andare sul cantiere fuori città o in aperta campagna: con quali mezzi? I propri? Non più dopo la proibizione ministeriale ad usarli. In autobus? Quando cè. Cioè raramente trattandosi di campagna aperta. Altrimenti, per la gioia di ladri, tombaroli, abusivi e speculatori in missione non ci si va per niente.
* Vittorio Emiliani è presidente del Comitato per la Bellezza