Beni culturali, in sciopero è il governo

L'esecutivo si scandalizza per due ore di legittima assemblea mentre fioccano scioperi duri nei più importanti musei del mondo, ma intanto riduce ancora i fondi allo 0,19% del Pil, un quarto della Francia, un terzo o meno di Spagna e Austria ed è del tutto assente nell'organizzazione e nella tutela

Anche martedì sera a Ballarò il ministro Franceschini ha molto insistito sulla chiusura per due ore e mezza del Colosseo, a causa di una assemblea sindacale, coi toni di un vero e proprio dramma nazionale. Noi non siamo mai stati teneri con gli scioperi o con le assemblee sindacali nei servizi pubblici essenziali ritenendo che vadano sempre salvaguardati i diritti alla mobilità e alla salute fissati dalla Costituzione, e nemmeno con certi scioperi del passato nei musei. Ma in questo caso ci sembra che il personale del Colosseo avesse pieno diritto ad essere ascoltato visto che appena 27 custodi (1000-1100 euro al mese) si trovano ad affrontare un pubblico che nei giorni normali ascende a 10-12 mila unità e nelle domeniche di ingresso gratuito balza a 30 mila, meno di un custode ogni 1000 visitatori, una follia. Non vedendosi per giunta pagati da nove mesi gli straordinari resisi assolutamente necessari. Eppure la retorica dell'Arte italiana viene declamata ogni giorno.


Quasi nessuno si è sognato di ricordare al premier Renzi e al ministro Franceschini che alla National Gallery di Londra sono in atto scioperi ad oltranza, che scioperi frequenti si sono verificati alla Tour Eiffel e altri al Grand Louvre per protestare contro violenze, bullismo, manomissioni, ecc. Lo stesso in Spagna. Silenzio di tomba su tutto ciò: ignoranza provinciale od omissione voluta?


Ma - come ha commentato l'ex sottosegretario Luigi Covatta - il governo invece di guardare alla luna si ferma al dito che la indica. Il cuore del problema è ben altro. Cioè un ministero sempre più povero di mezzi, ordinari e straordinari, un personale ridotto a poco più di 18.000 unità reali, un numero di tecnici assolutamente insufficiente: appena 343 archeologi per circa 2000 aree e monumenti archeologici di cui 734 dello Stato (0,46 archeologi per ognuno di essi). Discorso analogo per gli architetti (487 in tutta Italia) alle prese con decine di migliaia di pratiche edilizie e urbanistiche complesse, con la certezza del silenzio/assenso se non rispondono entro i 60 giorni. Peggio ancora va per storici dell'arte, in via di sparizione, per archivisti e bibliotecari.


Dai dati ufficiali del ministero risulta a consuntivo che la quota riservata ai Beni Culturali e Paesaggistici sul bilancio dello Stato era pari allo 0,39 % nel 2000 per precipitare allo 0,19-0,20 % nel 2012-2013. Contro una spesa della Francia (0,75 %) quasi quadrupla, una spesa della Spagna (0,67) più che tripla come quella dell'Austria all'incirca. Spendono meno di noi Grecia e Romania. Spende di più la Bulgaria. Inoltre con la spending review l'attuale governo ha previsto di diminuirla dell'8,3 % (dati della Corte dei conti) nel triennio 2014-2016. Tanto per fare un po' di storia, negli esecrati anni '80 la spesa statale per la cultura ammontava allo 0,73 % del bilancio statale e nel 1982 l'allora ministro Biasini riusciva a far stanziare ben 120 miliardi di lire per l'archeologia romana, in particolare per i Fori, che al valore odierno valgono il triplo, cioè almeno 150 milioni di euro.


Sarebbe stato saggio razionalizzare in modo accorto il ministero, ridurre la "testa" delle direzioni generali, ricondurre le direzioni generali regionali a organismi di semplice coordinamento, potenziare i quadri tecnici, dare uno status ai direttori di musei, ecc. No, dopo i tagli feroci inferti da Bondi-Galan al MiBact, si punta soltanto alla valorizzazione e non alla tutela, si investono 20 milioni di euro nella Arena Colosseo completamente inutile, si creano 20 musei di eccellenza che avranno ovviamente il grosso dei magri finanziamenti, si impone il silenzio/assenso (neppure Berlusconi era arrivato a tanto) alle Soprintendenze per le grandi opere e per le pratiche edilizie ed urbanistiche, si sottomettono le Soprintendenze ai Prefetti: una decisione che fa inorridire qualunque storico dell'amministrazione. Misure tanto sbrigative, tagliate con l'accetta, quanto confuse e contrastanti con la storia migliore della tutela del patrimonio storico-artistico e del paesaggio, cominciata con Raffaello. Siamo davvero al funerale, quarant'anni dopo, del ministero dei Beni Culturali e Ambientali.


*Comitato per la Bellezza

Domenica, 27. Settembre 2015
 

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