Avviso ai naviganti del Centrosinistra

Anche la nuova tornata elettorale ha confermato la crisi del berlusconismo. Sbaglierebbe però l'Unione a considerare scontata la vittoria alle politiche. Un'analisi del voto e una disamina dei problemi da affrontare subito
Il successo elettorale dell'Unione continua. Il turno amministrativo in Sardegna, Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta conferma il trend positivo del Centrosinistra e quello negativo per la Casa delle Libertà. I dirigenti dell'Unione non nascondono la loro euforia. Quelli del Centrodestra oscillano tra imbarazzo e rassegnazione.
 
Dopo la sconfitta alle regionali, il Berlusconi tricologico di Ballarò, tinto e trapiantato come certi settantenni incapaci di rassegnarsi al passare degli anni e spesso in difficoltà in un contraddittorio al quale non è abituato, ha destato una certa impressione. Non è improbabile che, dall'esibizione televisiva di Berlusconi, anche  molti elettori disillusi del Centrodestra abbiano tratto conferma del fondamento di una opinione critica verso il governo e chi lo guida. Si può quindi capire il clima di entusiasmo che si è diffuso nell'Unione.
 
Tuttavia l'eccesso di esuberanza, quasi che si possa spartire la pelle dell'orso prima ancora di averlo ucciso, può rivelarsi non solo una grave imprudenza, ma addirittura un fatale errore. La partita delle prossime elezioni politiche è infatti ancora aperta. Anzi, apertissima. In effetti, se da un lato il voto di aprile e maggio ha cambiato in modo significativo la geografia politica regionale ed amministrativa, dall'altro non autorizza a pensare che abbia anche prodotto una ipoteca sull'esito della prossima consultazione politica.
 
A questo riguardo, qualche considerazione sui flussi elettorali può essere utile.
Sappiamo che, rispetto alle regionali del 2000, quando l'Ulivo prese una sonora batosta e D'Alema si dimise da presidente del Consiglio, il Centrodestra ha perso (a parità di partecipazione) circa 2.000.000 di voti. Cioè la stessa cifra che, sempre rispetto alle regionali del 2000, ha guadagnato il Centrosinistra. Attenzione però. Ciò non significa che questa massa di elettori sia semplicemente passata da uno schieramento all'altro. L'importante aumento di voti per il Centrosinistra è infatti il risultato di più cause.
 
Innanzi tutto il cosiddetto astensionismo asimmetrico che ha penalizzato soprattutto il Centrodestra, i cui simpatizzanti sono (di norma) meno "militanti". In secondo luogo un buon numero di elettori "disaffezionati" alla politica sono tornati a votare privilegiando il Centrosinistra. Da ultimo c'è stato anche un sensibile travaso di voti dal Polo all'Unione. Rispetto alle politiche del 2001 quando il Centrodestra riuscì a fare il pieno di voti, gli analisti elettorali calcolano che le perdite del Polo abbiano raggiunto il 20 per cento, un terzo delle quali si sarebbe riversato nel Centrosinistra. Sempre rispetto al 2001, Forza Italia è la formazione politica che ha subito l'erosione maggiore. Quasi 4 milioni di voti scomparsi. Finiti un po' nell'astensione, un po' al Centrosinistra, un po' ad Alleanza Nazionale ed all'UDC. Che però, nonostante tutto, perdono a loro volta consensi.

Secondo gli esperti, dal punto di vista sociale il Polo perde elettori soprattutto tra le casalinghe ed i pensionati; così come fra coloro che hanno una istruzione medio-bassa e fra i più anziani. In una parola tra quei cittadini che si erano più facilmente fatti sedurre dalla promessa berlusconiana del "latte e miele" per tutti. Dal canto suo, il Centrosinistra guadagna il 17 per cento di voti al Sud, il 15 al Centro ed il 7 al Nord. Un dato merita di essere sottolineato. La maggior parte dei circa 500.000 giovani che sono andati al voto per la prima volta ha dato il suo consenso al Centrosinistra.

Sul piano più propriamente politico, particolarmente significativi sono i risultati elettorali della Puglia e della Sardegna. In Puglia la maggioranza degli elettori ha votato per liste di Centrodestra ma, grazie al voto disgiunto, circa 100.000 di loro, anziché il berlusconiano Fitto (che aveva anche ereditato dal padre una cospicua dote di "clientes" e di voti), hanno scelto come presidente (il rifondarolo ed omosessuale) Vendola. Si è quindi trattato di un risultato particolarmente eloquente. Sia sotto il profilo elettorale, che dei profondi cambiamenti culturali intervenuti. Tanto più perché si è verificato in una regione considerata (forse a torto!) tradizionalmente conservatrice come la Puglia.
 
Di grande importanza anche il risultato delle amministrative in Sardegna. Il Polo le aveva affrontate come una sorta di "giudizio di Dio" contro il nuovo presidente della regione, Renato Soru. Soprattutto per alcune misure coraggiose proposte e fatte approvare da Soru nel suo primo anno di governo regionale. Tra queste decisiva quella relativa alla salvaguardia delle coste. Si tratta, in sostanza, di una norma che stabilisce la inedificabilità di tutte le aree prospicenti il mare. Quando venne approvato il provvedimento era stato aspramente criticato dai cosiddetti "benpensanti", ma soprattutto da palazzinari e speculatori. O aspiranti tali. Perciò il successo ottenuto dal Centrosinistra in Sardegna può essere interpretato come il risultato di un rilevante mutamento politico e culturale. Esso esprime infatti una importante novità. Che cioè, anche nel giudizio degli elettori, comincia a farsi strada l'idea che la "difesa del bene comune" viene prima del corrivo cedimento agli interessi particolari.

Sono tutti segnali che fanno pensare ad un "berlusconismo" in difficoltà crescenti. In effetti si deve ritenere che nel doppio turno elettorale di aprile e maggio una parte dell'elettorato, soprattutto di Forza Italia, abbia voluto mandare un messaggio di disaffezione verso una forza politica perché, essendo nient'altro che un "fans club", ammette solo una partecipazione gregaria. Naturalmente un certo numero di elettori di Centrodestra hanno anche  voluto punire direttamente Berlusconi (votandogli contro, o astenendosi). La ragione è presto detta. In quattro anni di governo, mentre ha saputo dimostrare grande determinazione e spregiudicatezza nel difendere i suoi interessi personali, ha dimostrato una penosa incompetenza nel governare il paese. Basti pensare solo alle sue sortite sull'aumento dei prezzi e sulla diminuzione del Pil. Aumenta perciò anche a destra il numero di coloro che incominciano ad avere dei dubbi sulla vulgata berlusconiana che è colpa del "destino cinico e baro" se tutti gli indicatori economici e sociali italiani sono in  continuo, costante peggioramento. Molti elementi inducono dunque a pensare che Berlusconi ed il berlusconismo siano in crescente difficoltà.

Tuttavia, come diceva Levine, si può sempre riuscire ad imbrogliare tutti "se la pubblicità e ben fatta ed il budget è abbastanza alto". Sotto questo profilo Berlusconi mantiene un indiscutibile vantaggio. Perché non gli mancano le risorse finanziarie e mediatiche e, bisogna riconoscere, anche una discreta dose di fantasia ed inventiva. Si deve quindi supporre che, in vista delle prossime elezioni politiche, cercherà di mettere il tutto a frutto. In ogni caso, anche ammesso e non concesso che all'Unione per vincere possa bastare il disamore e la delusione di una parte degli elettori del Polo, è del tutto evidente che per governare avrà comunque bisogno di una convincente e condivisa piattaforma programmatica. Che, purtroppo per ora non si vede ancora. E preliminarmente avrà bisogno di presentare una più persuasiva fisionomia della coalizione. In grado cioè di garantire efficacia e stabilità all'azione di governo.
 
Commentando i risultati elettorali, Prodi ha detto: "l'Unione è unita e vince. Non ho ancora capito se vince perché è unita, o se è unita perché vince. Di fatto è unita e vince". Al di là del gioco di parole, Prodi sa bene che un semplice cartello elettorale (unito al momento del voto) non può essere percepito come una solida coalizione politica, in grado di governare il Paese. Non a caso, nei mesi scorsi, aveva molto insistito sulla necessità di costituire tra Ds, Margherita, Sdi e Repubblicani, quella che è stata presentata come Federazione dell'Ulivo. Federazione concepita come primo passo verso la realizzazione di un nuovo "soggetto politico riformista". Vale a dire una nuova aggregazione politica, capace (anche grazie al suo preminente peso elettorale nella coalizione) di dare credibilità e stabilità all'intera Unione.
 
Però questo progetto non è nemmeno partito ed è già entrato in crisi. In effetti la Margherita, che in passato non aveva nascosto le sue perplessità e resistenze, oggi (forse incoraggiata anche dal buon risultato elettorale) si dichiara esplicitamente indisponibile a fare dell'Ulivo la "casa comune dei riformisti" e persino a presentare liste unitarie dell'Ulivo per la quota proporzionale. Insomma, almeno per ora, si è messa di traverso rispetto alla realizzazione di quel progetto che, nelle intenzioni di Prodi, avrebbe dovuto assicurare una necessaria ed appropriata ristrutturazione del Centrosinistra.
 
Si può naturalmente giudicare come si vuole l'attuale stato di cose. Resta però il fatto che se il "progetto dell'Ulivo" è entrato in crisi ancora prima di partire, il problema della eccessiva frammentazione politica del Centrosinistra resta. E resta con tutte le possibili implicazioni. Si tratti: della visibilità delle forze che lo compongono; della loro identità; della inevitabile conflittualità nella formazione della rappresentanza. Soprattutto, ed è ciò che conta nel giudizio degli elettori, della effettiva capacità di decisione nell'azione di governo.

E' del tutto evidente che sarebbe un grave errore sottovalutare questo problema. Come se fosse irrilevante sull'orientamento e sul giudizio degli elettori. L'auspicio però è che ci venga almeno risparmiato il "tormentone" che non produce altri risultati se non quello di seppellire l'Ulivo sotto le palate di terra degli omaggi rituali e dei rifiuti sostanziali. Anche per la buona ragione che l'Ulivo non è l'unica soluzione possibile al problema della frammentazione del Centrosinistra ed ai connessi rischi di impotenza e di paralisi. Occorrerebbe però che vengano prospettate delle alternative. (Primarie di collegio? Nuova legge elettorale? Altro ancora?).
 
Inutile dire che questa incombenza tocca in primo luogo a Prodi. Perché tocca innanzi tutto a lui il diritto-dovere di dire se, ed a quali condizioni, ritiene possibile guidare una coalizione capace di rassicurare gli elettori sulla sua idoneità a governare il paese per la prossima legislatura. Si tratta di un diritto-dovere che dovrebbe esercitare con tempestività e convinzione. Se necessario, fino a mettere in gioco la sua leadership. Soprattutto con la necessaria tempestività.  D'altra parte ogni colpevole dilazione ed ambiguità rischia di essere pagata a caro prezzo. Senza stare a farla lunga basta dire che l'Unione può vincere le prossime elezioni politiche semplicemente perché il Polo le perde. Ma per assicurare stabilità e governabilità al Paese ci deve invece saper mettere anche del suo. 
           
     
Venerdì, 13. Maggio 2005
 

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