Smobilizzo del Tfr: le grandi imprese ci guadagnano, le piccole no

Per le aziende di maggiori dimensioni le misure compensative generano un guadagno netto nei primi anni. Per le minori la situazione è diversa: niente di allarmante, ma per alcune possibili difficoltà
Il recente provvedimento che dirotta gli accantonamenti del TFR all'INPS non costituisce una novità. E' interessante notare che nel periodo bellico  era stato previsto che l'antenato del TFR (l'indennità di anzianità (1) introdotta già nel 1942, ma riferibile a istituti di inizio secolo) fosse versato dalle imprese nelle casse dell'INA (successivamente all'INPS), con il chiaro intento di reperire fonti di finanziamento per lo sforzo militare, visto che il provvedimento prevedeva che il Fondo dovesse essere impiegato per almeno l'80% in titoli del debito pubblico. Questa norma, teoricamente in vigore fino alla riforma del 1982, è risultata in realtà completamente disattesa dalle imprese e questo nel medio termine potrebbe essere un esito dell'attuale provvedimento.

Le affinità con la situazione attuale sono evidenti: nel caso del provvedimento della finanziaria per il 2007 - come già stato messo in evidenza da molti commentatori - si dichiara di voler perseguire troppi obiettivi con un solo strumento: la spinta a un rapido sviluppo dei fondi pensione, la disponibilità di fondi finanziari per le infrastrutture, ossigeno per il rispetto dei parametri in termini di indebitamento netto o, eventualmente in prospettiva, la creazione di un fondo pensione gestito dall'INPS in aggiunta a quelli del settore privato.
 
In effetti questa forma di finanziamento per lo Stato non appare né particolarmente a buon mercato (soprattutto se oltre all'indicizzazione del fondo si includono i costi gestionali) né tantomeno stabile, visto che in ogni momento i lavoratori potrebbero decidere - e questo è in teoria negli obiettivi del legislatore - di dirottare le risorse ai Fondi pensione. Dal lato dei lavoratori appare chiaro che, al momento, non sono tanto gli incentivi finanziari ad esser insufficienti per far partire i Fondi quanto piuttosto il quadro delle garanzie generali e della flessibilità del sistema di cui evidentemente i lavoratori, in gran parte, appaiono poco soddisfatti; se invece la scarsa adesione fin qui registrata fosse stata imputabile solo a un "effetto scoraggiamento" da parte delle imprese, cadendo l'incentivo di queste ultime a scoraggiare i lavoratori, si dovrebbe assistere immediatamente ad una adesione sostanziosa dei lavoratori operanti nelle imprese con oltre 50 addetti, ma in questo caso, come sottolineato da molti, il fondo infrastrutture si estinguerebbe.

Dal lato delle imprese, ad ogni modo, l'accordo può dirsi certamente soddisfacente perché è stato messo chiaramente in evidenza come le cosiddette misure compensative, attive comunque per le imprese con oltre 50 addetti, costituiscono - nel presente quadro macroeconomico di tassi contenuti ed elevata liquidità per le grandi imprese - un guadagno netto, almeno in uno scenario di breve-medio termine.
 
Una simulazione basata su dati microeconomici del modello DIECOFIS (2) (si veda Bardazzi e Pazienza - 2006) ha infatti messo in evidenza che anche adottando le ipotesi più pessimistiche e al momento poco realistiche (completo smobilizzo dell'accantonamento, intera sostituzione con debito che si cumula nel tempo e tassi di interesse bancari crescenti)  gli oneri per le imprese al netto delle misure compensative risultano, dopo 10 anni dallo smobilizzo, comunque inferiori al 2% del monte retributivo, con una incidenza però che appare inversamente correlata alla dimensione di impresa (vedi la figura 1: per tornare al testo clicca "indietro" sul browser). Nei primi anni, invece, le misure compensative determinano un guadagno netto per le imprese, soprattutto se i tassi  rimangono contenuti e non c'è completa sostituzione con debito, e a maggior ragione se le misure compensative vengono riviste verso l'alto rispetto a quanto previsto dalla riforma Maroni (3).
Per quanto concerne il caso delle imprese minori, invece, la situazione non è al momento allarmante ma forse è più complessa di quanto si potrebbe presumere dai dati recentemente riportati da Costagli, Pammolli e Salerno in un articolo su La Voce.info (4). L'esclusione delle imprese con meno di 50 addetti dal trasferimento al Fondo INPS del TFR inoptato, nonostante sia fonte di alcune distorsioni, potrebbe aver risposto a logiche di prudenza, anche se in prospettiva il problema degli effetti dello smobilizzo rimane inalterato.
 
Una corretta analisi dei dati - riportati in Bardazzi e Pazienza (2006) - mette in luce che la questione TFR riguarda solo il 30% delle imprese con un numero di addetti inferiore a 9 unità (circa un milione di imprese) e dunque per queste l'accantonamento medio del 2004 si aggira intorno ai 2700 euro (e non i 600 euro erroneamente riferiti da Costagli e coautori a tutte le imprese della classe), con una incidenza, anche valutabile in termini di stock per dipendente o stock su attivo, che è ovviamente crescente con la dimensione di impresa a causa dei sensibili differenziali retributivi per classi di addetti e del diverso tasso di turn over.
 
Inoltre, se tutte le rilevazioni dirette - Banca d'Italia, Capitalia, Isae-ANBP - ridimensionano lo spettro del razionamento, è pur vero che le microimprese fanno grande utilizzo dell'autofinanziamento (il loro rapporto tra autofinanziamento e fatturato raggiunge il 30%) e dunque la sottrazione improvvisa di una sua componente rilevante può determinare difficoltà per le imprese interessate che dovrebbero comunque fronteggiare tassi bancari sensibilmente più elevati, tanto più in un contesto di limitata operatività del fondo di garanzia per l'agevolazione al credito.
 
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Note
 
(1)  Si tratta del D.L 8 gennaio 1942, n.5 convertito in legge 2 ottobre 1942, n.1251.
(2) Il consorzio DIECOFIS (Development of a system of Indicators on Economic COmpetitiveness and FIScal impact on enterprises performance) è stato finanziato dalla Commissione Europea nell'ambito del V Programma Quadro ed ha visto la realizzazione di un modello di microsimulazione per la valutazione delle politiche fiscali delle imprese a cui partecipano per l'Italia l'Istat l'Università di Firenze e di Tor Vergata.
(3)  Ci si riferisce ad esempio all'esonero dal versamento FGTFR che passerebbe dallo 0,15% attuale allo 0,2%. Ovviamente misure compensative a fronte di un'ipotesi di completo smobilizzo dell'accantonamento delle grandi imprese (verso l'INPS e i fondi pensione) e di un parziale smobilizzo per le imprese minori fanno anche lievitare i costi per il bilancio pubblico. 
(4) Costagli S., Pammolli F., Salerno N. (2006), "Quei due fondi tra il Tfr e la previdenza privata", www.lavoce.info, 30 ottobre 2006.
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Bardazzi R. e M.G. Pazienza (2006), "La riforma del  TFR e il costo per le imprese minori: un'analisi di microsimulazione", in Politica Economica n.1, pp. 5-50 e ristampato in Le misure compensative per le imprese,  Quaderni Mefop, n.12, 2006, pp. 1-69.
Sabato, 18. Novembre 2006
 

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