Jobs Act, brutti doni natalizi

Una lettura a caldo della bozza di decreto approvata dal governo suggerisce di definire il prodotto di queste norme “contratto a tutele ridotte”. Il reintegro diventa una chimera, nessun disbscamento della giugla delle tipologie. Si dovrà discutere sia della costituzionalità che di un possibile “eccesso di delega”

Babbo Natale ha portato ai lavoratori la sostanziale eliminazione dell’art.18. La bozza di decreto approvata dal governo stabilisce infatti che per tutti i nuovi assunti non ci sarà più la reintegrazione in caso di licenziamento ingiustificato, perché privo di motivo economico o disciplinare. Resta quindi confermato che la formula accattivante del “contratto a tutele crescenti” è del tutto arbitraria, e va derubricata in “contratto a tutele ridotte”. Infatti anche quando risulterà accertata la mancanza di una giustificazione del licenziamento il rapporto di lavoro sarà estinto e il giudice potrà solo stabilire una indennità di risarcimento da un minimo di 4 a un massimo di 24 mensilità in relazione alla anzianità. Si dovrà quindi in ogni caso impugnare il licenziamento. A quel punto tuttavia il datore di lavoro potrà proporre in alternativa e in via conciliativa una indennità, per giunta non tassabile, da un minimo di 2 a un massimo di 12 mensilità.

L’uso disinvolto della leva fiscale ha quindi realizzato una nuova performance: si realizza infatti una sorta di incentivazione fiscale del potere di licenziamento ovvero una de-tassazione del paternalismo. Per ottenere dal giudice la reintegrazione al lavoratore resta una sola chance: dare la prova “diabolica” della discriminazione oppure dimostrare “l’insussistenza del fatto materiale” contestato; il che significa che se si viene licenziati per “grave insubordinazione” e si dimostra che l’insubordinazione è stata invece “lieve” o “lievissima” questo non basterà ad essere reintegrati, perché il fatto materiale comunque sussiste e quindi si potrà ottenere solo il risarcimento.

Si abroga in questo modo anche il “principio di proporzionalità” delle sanzioni disciplinari introdotto, si badi, non dallo Statuto dei lavoratori ma addirittura dal codice civile del 1942. Il tutto viene esteso anche ai licenziamenti collettivi.

Si dovrà discutere della legittimità di tutto questo, sul piano sia dell’”eccesso di delega” sia della costituzionalità di questa clamorosa differenza di trattamento tra “vecchi” e “nuovi” assunti. Nulla si dice invece delle millantate riduzioni dei contratti precari e della proclamata abolizione di cococo, cocopro ecc. Per questo, a quanto pare, si dovrà attendere un prossimo e futuribile decreto. Per l’intanto i licenziati si dovranno accontentare del voucher di “ricollocazione” presso agenzie pubbliche o private, da disciplinare tuttavia con altri successivi decreti e, si suppone, regolamenti attuativi di cui la legislazione italiana continua a ingolfarsi in nome della mitica semplificazione.

Venerdì, 26. Dicembre 2014
 

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