La controffensiva delle energie fossili

Complice la maggiore economicità rispetto alle rinnovabili (ma solo perché non si considerano i costi ambientali) e soprattutto la rivoluzione dello shale gas in Usa e Canada, conoscono un rinnovato sviluppo. La situazione nei principali paesi. In Italia non c’è una direzione precisa, ma nei prossimi anni ci potrebbero essere forti innovazioni tecnologiche

In un mio precedente articolo avevo sottolineato il fatto che l'accentuazione dei ritmi di sviluppo dell'economia verde era tutt'altro che scontata. Sono in corso tendenze di segno opposto che hanno influenzato anche le scelte degli incentivi e che sono i sintomi di una controffensiva, a livello mondiale, delle energie per così dire tradizionali. Alcune carte tenute sinora coperte sono state palesate, con ampio corredo di statistiche. Non si tratta - si badi bene - di dibattiti teorici: ma di fenomeni massicci che stanno modificando gli equilibri energetici mondiali. Sullo sfondo di un quadro statistico che rivela un aumento del 40% delle riserve minerarie fra il 1995 e il 2012, si manifestano tendenze preoccupanti.

    

Incominciamo dal nucleare. Fukushima aveva causato una battuta d'arresto (e l'episodio può ancora riservare sorprese). La Merkel ha favorito la propria vittoria elettorale, provocando il tracollo dei Gruning, con un brusco spostamento antinucleare. Ma i nuclearisti non sono ovunque in ritirata. Nuove centrali sono in costruzione in molti Paesi, dalla Cina all'Iran, alla Russia, all'India, al Pakistan. La Francia rimane tenacemente aggrappata al suo nucleare che assicura ai propri industriali (grazie ai giochi di prestigio che addossano parte dei costi alla Défence e ignorano quelli delle dismissioni) prezzi energetici favorevoli, oltre ai guadagni delle vendite notturne all'Italia. Nel nostro Paese ci auguriamo si intensifichi la ricerca di base sul nucleare sicuro del progetto Rubbia, le cui applicazioni pratiche non sono peraltro prevedibili prima del 2020, mentre la fattibilità e l'economicità rimangono, allo stato dei fatti, in grembo agli dei.

 

In campo petrolifero si sono verificati avvenimenti di grande portata. Dopo anni di lavori e di battaglie commerciali anche aspre è iniziata la produzione del colossale giacimento del Kazakistan, dove l'Eni gioca un ruolo primario. Qualche giornalista malizioso ha insinuato che in questo panorama si inquadri la vicenda della signora Shalabayeva ed anche l'appassionata difesa delle responsabilità del ministro degli Interni da parte del presidente del Consiglio. Sempre dall'Eni sono stati scoperti giacimenti di proporzioni gigantesche al largo delle coste del Mozambico. Nel Mare Cinese meridionale e lungo le coste del Vietnam, 5 o 6 Paesi stanno conducendo una guerriglia politica e diplomatica intorno a giacimenti individuati.

    

La vera e propria rivoluzione, però, è avvenuta in Canada e negli Stati Uniti. Si tratta della produzione di shale-gas e shale-oil, ricavati, come noto, dalla frantumazione di schisti bituminosi con getti di vapore ad altissima temperatura e pressione. Su La Stampa del 3 ottobre si osserva che per la prima volta dopo oltre un secolo gli Stati Uniti sono balzati in testa, superando Russia ed Arabia Saudita. Per contro, si segnala l'aumento delle proteste contro le devastazioni territoriali prodotte dal fracking.

    

Il peso delle energie fossili sembra rafforzarsi anche per qualche ulteriore novità tecnologica, come il cosiddetto carbone pulito, lo sviluppo dei sistemi di filtraggio dei fumi industriali ed i forni di fusione a metano, di cui potrebbe avvalersi anche la nostra filiera siderurgica.

    

L'argomentazione di base sulla quale si fonda la controffensiva delle non-rinnovabili è sempre la stessa: la maggiore economicità, termine riferito esclusivamente al calcolo a prezzi di mercato. Questa tesi ha visto crescere la propria importanza nel cuore della più lunga recessione della storia mondiale e in un quadro di accesa competizione internazionale.

 

La posizione ufficiale dei vari Paesi è oscillante. Quella stessa Francia che non intende rinunciare al suo nucleare dichiara per bocca di Hollande di voler ridurre nel 2050 del 30% il peso delle energie fossili. Della Merkel si è detto. La Gran Bretagna, anche in vista del possibile esaurirsi dei giacimenti nelle acque del Mare del Nord, ha inaugurato a qualche miglio dalla foce del Tamigi il più ampio parco eolico off-shore del mondo, con cento torri alte 120 metri, con pale larghe cento metri. Com'era prevedibile, in un Paese che a livello filosofico rifiuta il sillogismo aristotelico, la Cina presenta le più palesi contraddizioni. Potenzia al massimo, in condizioni di lavoro spesso inumane, le miniere di carbone; mostra i muscoli navali per l'esplorazione dei giacimenti petroliferi nelle isole contese; vara un programma di impianti nucleari di ultima generazione. Contemporaneamente, però, spaventata dall'enorme nube nera che staziona sulla Cina del Nord e in particolare su Pechino (si vede dallo spazio, è lunga poco meno della Grande Muraglia, è larga centinaia di chilometri), ha predisposto un vastissimo piano di energie rinnovabili con tecnologie di avanguardia. Il progetto, le cui prime tappe sono già in corso, per le sue dimensioni finirà per coprire oltre la metà del totale degli impegni mondiali in questo campo.

 

La voce del nostro governo è finora flebile. Esiste un Piano Energetico che dà largo spazio alle rinnovabili. Le innovazioni attese, che noi abbiamo tempestivamente segnalato, potrebbero essere sostenute dai finanziamenti per le start-up. Enel e Terna stanno sperimentando soluzioni di grande rilievo per l'accumulo di energia, atte ad accrescere di oltre il 50% l'economicità delle produzioni intermittenti, come il solare. Per contro gli incentivi "diretti" sono stati ridotti o sottoposti a più stringate procedure di controllo, per porre un freno alle ricorrenti truffe della camorra. Ma dove l'intervento governativo sta dispiegando la sua massima efficacia è nello sgravio fiscale del 55% ed oltre per l'edilizia atta a migliorare l'efficienza energetica. Si sta creando un filone anche mediatico di green housing. Qualche vocina, peraltro, ha parlato di politica petrolifera italiana, con particolare attenzione ai giacimenti in Abruzzo, Molise e nell'Adriatico, suscitando l'allarme degli ambientalisti, sia quelli in buona fede che quelli del partito Nimby. Per ora, dunque, la politica energetica italiana potrebbe essere definita con una famosa frase di Mao Tse Tung: "C'è grande confusione sotto il cielo.....".

 

Ritengo che per contestare questa offensiva che ha parecchie frecce al suo arco, il battere e ribattere il chiodo del riscaldamento globale può risultare vano. Non solo per l'affiorare delle tesi dei negazionisti - la terra ha avuto grandi ere di glaciazioni e di climi tropicali - ma più banalmente per l'accentuata miopia delle classi dirigenti mondiali. I tempi dei piani a lungo periodo sono tramontati da un pezzo. Occorrerà, dunque, concentrarsi sugli effetti negativi più immediatamente percepibili, dato che le energie tradizionali quasi sempre generano diseconomie esterne.

    

Si pensi ai costi di localizzazione. Sotto questo profilo la domanda di energia presenta aspetti difformi. Quella per bisogni civili, per un gran numero di servizi, per l'artigianato e per la piccola impresa tende ad essere territorialmente diffusa. Le energie tradizionali presentano un'offerta tipicamente concentrata, spesso - nel nostro Paese - in zone lontane da quelle di utilizzo. Ciò comporta costi di costruzione, manutenzione e controllo di sicurezza delle reti di trasmissione. I rischi di incidenti sono concreti, anche nei processi di trasformazione (degassificatori nei porti di attracco delle navi metanifere). Ciò genera effetti ambientali e sanitari statisticamente verificabili, come abbiamo detto a suo tempo. Altri sono invece più difficili da valutare, come il ciclo dei rifiuti e l'accentuazione del traffico. Queste forme di energia hanno un ulteriore aspetto negativo. Per ridurre  i costi dell'ultimo miglio, tendono a favorire le concentrazioni urbane e industriali, accrescendo tendenze già in atto e generando mostruose megalopoli o conurbazioni ininterrotte, come quella intorno a Milano.

    

Meno facilmente valutabili gli effetti sugli stili di vita. L'informatica favorisce in una certa misura la delocalizzazione, ma le energie tradizionali operano in senso inverso, con effetti sul pendolarismo.

 

Alcuni sostengono che, per motivi tecnici, per molto tempo ancora dovremo ricorrere alle energie non rinnovabili. Il punto debole di questa tesi consiste nel trascurare i rapidi progressi dell'innovazione nell'economia verde. Abbiamo ricordato i grandi campi eolici, il colossale progetto Desertch (fotovoltaico nel Sahara) ed i progressi nelle auto elettriche. Ma è del 9 ottobre la notizia dell'inaugurazione a Vercelli del più grande impianto d'Europa di produzione di biofuel da scarti del raccolto del riso.

    

A lungo andare sarà comunque risolutiva l'abolizione dell'artificiosa separazione fra prezzi di mercato e costi delle diseconomie (tutte) imputabili ai combustibili fossili: costi che in buona parte vengono addebitati alla collettività attraverso i pubblici bilanci. Se essi fossero integralmente attribuiti alle energie "tradizionali", realizzando perfettamente il principio dell'inquinatore/pagatore, gli effetti di sostituzione sarebbero molto più rapidi.

    

Infine, al termine di questa lunga e penosa recessione, le rinnovabili possono giocare la carta decisiva (ampiamente riconosciuta nel Piano tedesco) del loro molto più alto coefficiente occupazionale. Nei prossimi anni, inoltre, è opinione diffusa che stiano maturando sorprese tecnologiche di straordinaria portata anche nei laboratori italiani.

Venerdì, 18. Ottobre 2013
 

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