L’industria italiana non è tutta Ilva

”Su questo caso gli investitori esteri misurano l’affidabilità dell’Italia”, ha detto il ministro Clini. Un’affermazione insensata: dopo 40 anni di leggi sull’ambiente di lavoro tutte le imprese sarebbero in quella situazione? Bisognerebbe piuttosto pubblicizzare e premiare quelle in regola. Ma inspiegabilmente nessuno vuole dire quali siano

"La situazione dell'Ilva riguarda tutto il sistema industriale italiano e l'affidabilità dell'Italia nei confronti degli investimenti esteri, che ci auguriamo e cerchiamo di spingere nel nostro Paese". Lo ha detto il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, ascoltato dalle Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera dei Deputati. Quanto sopra dai giornali. Lo trovo di una inaudita gravità. E meno male che viene detto da un “tecnico”!

Se riguarda tutto il sistema industriale italiano, siamo ben messi! Tutte le aziende: circa 4 milioni da un addetto in su?! Questo è fare demagogia! Cosa hanno da dire le centinaia di aziende estere presenti da decenni sul territorio italiano? Sono tutte nelle stesse condizioni ambientali (nonostante la legge 277/70, il d.lgs. 626/94 e la recente legge 81/2008)? Così come le centinaia e centinaia di aziende italiane risanate, bonificate in tutti questi anni. Perché non una parola viene da queste imprese?

Che lo dica il sottoscritto, ora pensionato ma con un passato da sindacalista Fiom a Torino è tutto dire.

Che vale menare scandalo per l’intervento della magistratura in casi conclamati da tempo come all’Ilva? E certamente va più che compresa l’antinomia lacerante tra la difesa della salute e la difesa del lavoro da parte dei lavoratori. Ma la “politica” e le istituzioni dove erano finora? Forse a contemplare estasiati la diminuzione dei morti per infortuni: non vera perché se si fa un rapporto tra il numero di infortuni e le ore lavorate ne viene che siamo in linea con le serie storiche precedenti. E l’Inail questo lo sa e non lo dice, così come non ci dice che le morti per malattie professionali nel nostro “bel paese” sono 4 volte più dei morti per infortunio, così come non dice che “le stime internazionali sulla percentuale dei tumori da attribuire all’attività lavorativa sono in continuo aumento: circa 10 anni fa la percentuale era stimata intorno al 4% mentre oggi è almeno del 15%: è aumentata di ben 4 volte. L’Inail, invece, riconosce un’ incidenza di tumori come dovuti all’attività lavorativa attorno al 4%. Si tratta di più di 15.000 tumori da lavoro non riconosciuti.

 

Altra cosa gravissima è il fatto che né i medici del lavoro né l’Inail fanno menzione dell’opera di bonifica delle situazioni lavorative che hanno causato il danno” (vedi in allegato lo studio del prof. Ivar Oddone).

 

Nel giro degli ultimi 10 anni ho provato a chiedere a tutti coloro i quali hanno responsabilità e competenze sulla materia della difesa della salute nei luoghi di lavoro se avevano approntato un registro delle aziende risanate e bonificate. Si tratta del ministero della Salute, dell’Ispesl, dell’Inail, della Regione Piemonte, ecc. Macché, tutti mi dicevano che stavano discutendo sulle “buone pratiche”, però vigliacco se mi hanno mai fornito di un nome e un indirizzo di una azienda risanata, bonificata!

 

È mia profonda convinzione che se non si fanno emergere tutte quelle aziende che in questi anni hanno bonificato i loro ambienti di lavoro, facendo altresì informazione-formazione ai lavoratori, nel tempo anche queste si adegueranno alle peggiori. Occorre quindi fare emergere queste realtà mettendole in contraddizione con il rimanente, premiandole (per es. diminuendo drasticamente i premi assicurativi, ecc.), facendo della campagne pubbliche di boicottaggio dei prodotti venduti da aziende non risanante, ecc. Io sono convinto che così facendo si incentiverà l’ingresso nel nostro paese di capitali esteri, in caso contrario…

 

In anni passati mi è capitato di collaborare con una “mutuelle” francese a Port de Boc (vicino a Marsiglia) per l’implementazione di un “Tabellone Comunale di Rischio”, di cui rimando all’allegato di Ivar Oddone. È questa una proposta che mi sento di fare anche per quanto riguarda il nostro paese: potrebbe per es. essere compresa nei Peps (i Profili di Salute a livello territoriale), quanto meno per una prima sperimentazione in alcuni comuni.

 

(Gianni Marchetto è presidente dell’Ass. Esperienza & Mappe Grezze)

Domenica, 2. Settembre 2012
 

SOCIAL

 

CONTATTI